La stazione ferroviaria di via di Francia è una stazione a metà. Esiste solo per i treni diretti a levante, mentre quelli che vanno verso ponente transitano senza fermarsi. E’ una stazione metropolitana, utilizzata soprattutto per il trasporto locale e abbastanza frequentata. Naturalmente solamente su uno dei due binari. L’altro esiste, ma non serve a nulla perchè i treni in transito passano altrove, su diverse rotaie che si trovano in posizione rialzata rispetto alla stazione.
La stazione di via di Francia sta da anni nel bel mezzo di un grande cantiere, che avanza come i ghiacciai, un passo avanti e due indietro. Dietro la stazione, dietro il cantiere, ci sono edifici abbandonati e irraggiungibili che raccontano storie sconosciute. Imponenti nel loro disfacimento, certe costruzioni conservano intatta l’impronta della loro originaria, rispettabile e quasi gloriosa, destinazione d’uso. Così anche se rovine propriamente non sono, mi affascinano non tanto per il loro abbandono, quanto perchè resti di una vita precedente. Di indistruttibili ruderi, protagonisti loro malgrado di importanti angoli della città, avevo già scritto.
Stupefacenti, è ovvio, le piante che li popolano, li hanno colonizzati e non li abbandonano. Come questa bignonia, Campsis radicans (vedi anche 14 luglio 2008), incontenibile arrampicatrice, con le sue fronde sgargianti e con le inconfondibili trombe rosso arancio. Mi avventuro nei pressi del cantiere per fotografarla, nella canicola del torrido pomeriggio. La costruzione gialla scrostrata su cui si abbarbica sembra davvero un’antica stazione, ma purtroppo io non ne so nulla. Forse occorrerebbe intervistare qualche vecchio sampierdarenese attento alle modificazioni urbanistiche e architettoniche del suo quartiere. Esisteva anche in passato una stazione da queste parti? Non siamo lontani dalla villa Grimaldi, La Fortezza, e neppure dalla cinquecentesca villa Scassi. Le rovine a metà si mescolano con nuovi colossi, già a loro modo fatiscenti, come il grattacielo di 24 piani denominato Torre Cantore, di un improbabile cemento rosa, costruito nel 1968.
La bignonia è una pianta americana che d’inverno perde le foglie e quasi scompare, sorprendendoci con il suo ritorno, anche molto lontano da dove l’avevamo lasciata all’inizio dell’inverno, sempre più esuberante, sempre più temeraria.