Roma, via Cristoforo Colombo 444. La larga aiuola di fronte alla banca è ornata di piante rigogliose, sempreverdi, che anche nell’umido inverno si ostinano a riempire di colore il grigio livido della città. Sul terreno macerano lentamente le larghe foglie dei platani, giganti ostinati e pazienti, ormai spogli e gelati. Ma per terra, fra lantane, piracante, fotinie, nandine, e persino qualche gelsomino, il verde più verde, magico e luminoso, è quello delle ortiche. Randagie e clandestine, vittoriose sulla fradicia pacciamatura che dovrebbe tenere a bada le erbacce, le ortiche sfoggiano le pannocchiette variopinte dei loro fiori, giallo verdi e rossicci.
Tecnicamente l’infiorescenza dell’ortica è un racemo e i fiori maschili e femminili crescono su piante diverse, da cui l’attributo specifico di dioica; si distinguono ad occhio per il portamento, un po’ penzolanti quelli delle piante femminili, generalmente patenti, cioè a squadra con il fusto in quelle maschili, anche se più intima e importante è la differenza anatomica e fisiologica. Slanciati e rigidi, azzardo che questi siano fiori maschili.
Non c’è angolo di strada che non sia invaso dalle ortiche, rinvigorite e ubriache della pioggia abbondante di dicembre. Questa pianta ha abili armi di autodifesa e non tollera di essere colta distrattamente, neppure quando è bagnata, lasciando fastidiosi bruciori sulla pelle di chi si azzarda a farlo. Solo le donne di medicina quando la usano per frizionare muscoli doloranti, hanno salve le mani. In tutti gli altri casi basta sfiorarla per sapere a che deve la sua cattiva fama. Eppure è una pianta alimurgica, officinale, terapeutica e magica e i suoi impieghi alimentari, medici e pratici sono infiniti. Cibo e concime, medicina e insetticida, l’ortica è la pianta degli orti, cresce su suoli arricchiti dal pascolo delle bestie. Preziosa, questa semplice pianta, che cavalca gli inverni. Eppure se la vedi la estirpi, con le mani guantate, strappandola senza pietà dalla terra.
Ma in città cresce incontrastata, vagabonda inutilizzabile, ma meravigliosamente trionfante.
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