Sono fioriti, abbondanti e variopinti, gli oleandri di via Bruno Buozzi, una strada raggiante e polverosa che corre lungo il mare del porto, dalla stazione marittima alla Lanterna. E’ una strada ampia perchè limitata da palazzi solo da un lato, e sono case antiche, popolari e ordinate. Dall’altra parte il mare si perde, oltre i piloni della strada sopraelevata, cantieri mai dismessi e larghe banchine. La strada è congestionata dal traffico, ma, in questa stagione, gli oleandri fioriti la adornano come fosse un viale elegante.
L’oleandro è alberello bistrattato e incompreso. Serena Dandini nel suo celebratissimo ‘Dai diamanti non nasce niente’ (Rizzoli, 2011) lo definisce pianta banale, quasi scema. Mi chiedo se abbia mai guardato un oleandro da vicino. Isabella Casali di Monticelli nel suo raffinato ‘Nel giardino si incontrano gli dei’ (Sperling&Kupfer, 2004) confessa di averlo sempre considerato una pianta da autostrada o da parco cittadino trascurato; finchè lo ha incontrato in Marocco ed ha cominciato a capirlo.
L’oleandro cresce incurante di miasmi e fumi, di offese e disprezzo, nel clima caldo e asciutto del mediterraneo. La sua fioritura così ricca e appariscente è quasi scontata, così ovvia da correre quasi inosservata. Oppure è guardata con sospetto per la sua fama sinistra di avvelenatrice. E velenosa è sicuramente tutta la pianta, perchè contiene tra l’altro l’oleandrina, un glicoside cardiotonico che provoca nausea e grave aritmia cardiaca. Chissà se sono proprio vere le storie di bambini fatalmente avvelenati perchè avevano masticato le foglie dell’oleandro, di campeggiatori uccisi per aver consumato spiedini di carne alla griglia infilzati in bastoni di oleandro, fino all’immancabile moglie che tenta di liberarsi dell’odiato marito preparandogli un manicaretto con un trito di foglie di oleandro (tutte storie deliziosamente narrate da Amy Stewart nel suo ‘Wicked plants’, Algonqin Books of Chapel Hill, New York, 2009).
Molte persone sfuggono l’oleandro come una maledizione. Un amico barista è stato apostrofato duramente da una signora con l’accusa di avvelenare i bambini, per aver posizionato due meravigliosi vasi con oleandri fioriti ai lati della porta del bar, frequentato da ragazzi di una vicina scuola. Un benzinaio mi ha raccontato di clienti che si erano lamentati di un fastidio alla testa causato dal profumo della siepe fiorita di oleandro. E’ vero, l’oleandro è una pianta velenosa. Ma all’ingresso di un bar dovremmo preferirgli i distributori di sigarette e il suo profumo è davvero più fastidioso di quello della benzina?
Meraviglioso oleandro, con quella fioritura aggressiva e robusta, che non ha paura di nulla. Tollera i nostri veleni, anzi li ignora. Molto più potente ed antico è il suo personale. I suoi colori sono voluttuosi, sfacciati, il bianco luminoso, il rosa acceso, il rosso più schietto. Le sue foglie sono spesse, coriacee, i suoi frutti solidi, ingombranti. E la sua fioritura, lunga e lussureggiante, è qualcosa di cui davvero le nostre città non possono fare a meno. Come mi diceva un’amica belga, lei che veniva dal Nord “Mi sentivo scoraggiata, ma poi attraversavo il giardino, gli oleandri fioriti mi davano coraggio, sono così belli gli oleandri, da noi non ci sono.”
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