In attesa delle rovinose piene che sempre contraddistinguono la stagione autunnale e non solo, il greto del Bisagno viene sistematicamente ripulito non solo di carcasse e rifiuti della civiltà, ma anche di ciò che vi cresce, libero e spontaneo, un po’ troppo esuberante. Senza acqua diventa una strada grigia, ma velocemente ripopolata dalle frasche. Con il passare degli anni però, e gli studiosi di erbe pioniere potranno spiegarci perchè, le varietà di piante che crescono e prosperano nella ghiaia appena inumidita sono sempre meno diversificate.
All’inizio dell’autunno, l’inula, Dittrichia viscosa, la fa da padrona e colora di giallo intenso ogni angolo, arrivando anche a oscurare il morbido violetto della Buddleja. Ci sono altri fiori nascosti nel fogliame disordinato, saponaria (vedi 1 agosto 2009) certamente, e qualche malcapitata bella di notte (Mirabilis jalapa, vedi 18 settembre 2009), sfuggita da qualche giardino.
Ha larghe foglie palmate la nappola minore (Xanthium strumarium), cosidetta perchè i suoi frutti spinosi sono di dimensioni più piccole di quelli di Xanthium italicum, nappola italiana. E’ una pianta ruderale, pioniera, di nessuna utilità, nè avvenenza. Solo una bella macchia di verde sul grigiore polveroso del pietrisco. (Ma in Sardegna, nel distretto di Sarrubus, una specie affine, Xanthium spinosum, veniva impiegata dalla medicina tradizionale per curare la diarrea).
Poco più in là è fiorita la persicaria (Persicaria maculosa, vedi 13 agosto 2009), con le sue spighe rosa. Lei infestante irriducibile, abitatrice dei bassifondi, parente povera e sfrontata di specie nobili come la bistorta (Bistorta officinalis) e appetitose come il grano saraceno (Fagopyrum esculentum).