La strada da casa a Genova Prato è una ripida discesa di qualche chilometro su un dislivello di circa 200 metri. Cammino sulla via asfaltata, dedicata a San Colombano, il leggendario vescovo paleocristiano di Bobbio.
Sul ciglio della carreggiata è fiorito un porraccio (Allium ampeloprasum(1)). Le sue ingombranti teste rosate dondolano al vento, mentre cimici nere e gialle lo pascolano instancabili. Il porraccio è pianta commestibile, come tutto il genere Allium, si può raccogliere tutto l’anno, tranne che d’estate e se ne consuma la pianta intera sia cruda in insalata che cotta. Sconsiglio gli esemplari che crescono troppo vicini agli scappamenti delle auto.
Dall’altra parte della strada, nel canneto di Arundo donax, spunta un gelsomino, uno di quelli veri (Jasminum officinalis, 18 maggio 2009). Ormai sono rari, quasi preziosi, soppiantati dal sosia asiatico, Trachelospermum jasminoides, a foglia coriacea sempreverde, con la sua prorompente e inebriante fioritura (vedi 13 giugno 2009). Il gelsomino, quello vero, mi ricorda l’infanzia, quando cresceva rigoglioso lungo una scaletta di campagna, delicato, con una fioritura meno aggressiva e un profumo gentile. Che nostalgia.
Nei pressi della chiesa di San Pietro di Fontanegli, nel giardino dove d’estate si radunano i soci SOMS per raviolate e tombole, scopro un arbusto che non avevo mai notato e mi sorprende per le foglie robuste e lucide, ancora inumidite dal violento acquazzone di questa notte. E’ un viburno (Viburnum odoratissimum), ma ormai è tardi per verificare se il suo attributo specifico sia ben meritato. I fiori, forse odorosissimi, sono ormai sfioriti per lasciar posto a grappoli di bacche, verdi, poi rosse, e infine nere.
Questa volta nella discesa evito la parte più scoscesa della creuza, via alla Chiesa di Fontanegli, che dopo la pioggia è insidiosamente scivolosa. Scelgo la strada lunga, via Giovanni da Verrazzano, esploratore del 15° secolo.
Di fronte alla scuola materna, nei pressi della villa Ferretto, cresce in mezzo alle cancellate arrugunite una pianta spinosissima, coperta di rustici fiori. E’ la calcatreppola stellata, ovvero Centaurea calcitrapa, un fiordaliso molto spinoso, il cui nome significa qualche cosa come ‘trappola per il calcagno’, perchè le lunghe spine del capolino possono ferire le zampe o i piedi di chi la calpesta.
Da queste parti, al confine fra città e campagna, ogni fazzoletto di terra può diventare un orto casalingo. Proprio sull’orlo della strada, fra un nespolo del Giappone e un campetto di ortaggi, un buffo spaventapasseri difende il raccolto; ma forse è stato costruito più per divertire i bambini più che per scacciare gli uccelli.
Lungo la discesa più ripida, che avevo già mostrato in un post di tanti anni fa, accanto a costruzioni anonime, con curati e freddi giardini all’inglese, ecco una casupola con l’aria familiare di cascina, e davanti un rigoglioso campo di patate. Il cane avvisa la padrona che, come al solito, si informa preoccupata di perchè stia fotografando la sua casa.
“Perchè sa, di questi tempi, se ne sentono tante. ..”
No, non so. Ma penso sia tutta colpa della D90, un cellulare avrebbe dato meno nell’occhio.
Ed eccomi a fondo valle, dove scorre il torrente Bisagno, ingrossato dalle piogge, ma sempre molto molto diverso da un vero fiume. Sulle sponde, dragate e pulite alla bell’e meglio, crescono salici e pioppi e fiorisce lo sparzio.
E io sono arrivata in città.
(1)Secondo altri autori, questa specie sarebbe Allium polyanthum, mentre il vero Allium ampeloprasum sarebbe presente in Italia solo in Emilia Romagna e Lombardia come alloctona casuale o naturalizzata. Le due specie sono molto simili e l’attribuzione è controversav. Vedi scheda IPFI di actaplantarum.