Su uno sbancamento della collina dove è in costruzione una nuova casetta, la primavera non si è fermata. Fa quel che può e forse non resisterà a lungo, ma in fondo alle piante non interessa se la ruspa ha aperto varchi a pochi centimetri dalle loro radici, magari travolgendo altre piante. Alle piante non interessano le recinzioni e neppure le reti arancioni che delimitano il cantiere. Non importa nulla di nulla, fintanto che conservano lo spazio vitale per crescere un poco, dissetarsi ogni tanto e aprirsi sempre alla luce. Sono piante umili, il trifoglio bituminoso odora così profondamente di catrame che sulla strada sembra proprio dover essere a suo agio, con la tempra robusta dei suoi fusti e il verdo carico delle sottili foglioline. Cresce dappertutto, nelle cunette, al bordo del selciato e sugli sterrati, e il fiore è quello dei trifogli e dell’erba medica.
Anche la borragine è una pianta di poche pretese. Da giovane ha foglie verdissime, morbide e saporite. Poi quando le foglie cominciano a guastarsi, molto spesso si macchiano di bianco a causa di un fungo, esplodono i fiorellini azzurro viola, come caramelle stellate. Eccola qui, intrappolata sul bordo del baratro. La fotografia, scattata attraverso la rete arancione che delimita il cantiere, non rende l’idea della posizione scomoda in cui si era trovata perchè la distanza era troppa e io uso quasi niente i teleobbiettivi. Copiosamente fiorita si alzava, con piglio deciso, proprio sul ciglio dello scavo appena aperto, dentro una terra gialla che forse già stasera non ci sarà più.