L’inverno si sta avvicinando. Arriva inaspettato, dopo un’estate infinita, che ci ha deliziato e torturato da maggio a ottobre, calda come una promessa, inesorabile come una profezia. Eppure l’inverno sta arrivando, con il suo grigiore gelato, e anche gli alberi ormai si rassegnano a cambiare colore.
Ma non proprio, non ancora.
Questa piccola strada che sale dal ponte monumentale verso la piazza Corvetto, via Ugo Foscolo, è ripida e poco trafficata, ma affollata di giovani studenti universitari che frequentano il Dipartimento di Scienze della Formazione.
Lungo il muro si arrampica una Bougainvillea rosso fuoco, si allunga, incornicia e supera il cancelletto di ingresso di un palazzo, accompagnata con discrezione da un roseto ancora fiorito. Esplosione di colori invincibili e vagamente inebrianti.
Cammino con gli occhi bassi scrutando fra le pietre del selciato. Gli erodi, o becco di gru, sono fra i protagonisti della flora da marciapiede in questa città, parenti poveri dei gerani e dei pelargoni, come loro dotati di frutti lunghi e affusolati come il becco di un trampoliere. Non è più stagione di frutti, né di abbondanti fiorellini, e le piante si sfogano con ciuffi di nuove foglie, rinvigorite dalle recenti piogge finalmente abbondanti, e contendono il posto e la scena all’immancabile parietaria. Erodium malacoides, becco di gru malvaceo, ha foglie leggermente lobate, mentre Erodium moschatum, becco di grù aromatico, ha foglie pennate e finemente frastagliate. Ma tutte verdi, molto verdi e felici di verdeggiare anche fra i massi e l’asfalto.