Sul margine delle creuze vicino a casa, fra campagna e città, sbocciano caparbi fiorellini tardivi, o forse solo in ritardo. Creuze molto asfaltate, ma pur sempre creuze, costellate di cancelli chiusi e presidiate da cani molto solerti. Il cane non sa tacere e denuncia la mia presenza sempre. Faccio finta di niente, accelero il passo.
Ma poi invariabilmente c’è un fiore che attira la mia attenzione. In fondo sono qui per questo, per osservare e immortalare i fiori, anche e soprattutto quelli semplici e randagi. La macchina fotografica è ancora nello zaino, forse l’ho appena riposta, ma eccola di nuovo pronta all’inquadratura migliore, o almeno la meno peggio.
L’epilobio irsuto è una pianticella slanciata e modesta, presente dappertutto in Italia, vicino ai fossati e ai ruscelli, ovunque dove scorre una vena d’acqua. Non ha nulla della sfacciata eleganza di altri epilobi, l’epilobio a foglie sottili, l’epilobio di Dodonaeus o a foglie di rosmarino e l’alpino epilobio di Fleischer, specie protetta. Tutti e tre questi nobili parenti sono stati trasferiti nel genere Chamaenerion, diventando rispettivamente Chamaenerion angustifolium, C.dodonaei e C. fleischeri. L’irsuto no, è rimasto Epilobium, nome che deriva dalla fusione di tre radici greche e significa che il fiore (violetta) sta sopra al frutto e credo derivi dal fatto che questo fiore, come tutte le onogranaceae, ha ovario infero.
Il cane continua ad abbaiare, anzi ora sono due, si rincorrono oltre la cancellata, saltano e mi puntano con aggressività. Anche loro sono qui per questo. Al terzo scatto, la cagnara allerta la padrona che si affaccia guardinga dalla porta di casa e poi esce decisa verso il cancello. Dapprima sembra scusarsi, si sorprende che io stia fotografando i fiori, neppure i fiori di casa sua, dei volgarissimi fiori di strada. Cerco di essere cordiale, di renderla partecipe dei miei interessi. Ma niente da fare. Mi liquida con un “Beh sa, quando si vede una macchina fotografica, uno si allarma un po’ “. Allora sbotto “E’ una macchina fotografica, mica una mitragliatrice.” Che di questi tempi non sarebbe neppure tanto esotica.
E mi allontano, non senza bofonchiare qualche inutile rimostranza sul fatto che quando uso con il cellulare nessuno si scompone o preoccupa. Per fortuna la Reichardia, esuberante colonizzatrice di sterrati e orli di muretti, l’avevo già fotografata.