Stazione di Genova Quarto dei Mille, sull’ultimo binario, quello più a monte, dove transitano i treni diretti a levante, crescono, tutti arruffati fra erbacce e spazzatura, numerose piante di pomodoro. Proprio Solanum lycopersicum, quello che si usa per condire gli spaghetti. Non mi sorprende, il pomodoro cresce dappertutto ed è l’infestante più diffusa nei terreni concimati con il compost domestico. Quando semino i fagioli, impiego le prime settimane a ripulirli dalle piante di pomodoro. Qualche pianta alla fine la lascio sempre, abbandonandola a crescere a cespuglio incolto sul bordo dell’orto, strisciante e selvatica. Qualche frutto finisce per marcire nel fango, ma per lo più maturano, tranquilli e saporiti, come quelli curati e riveriti, sulle piante diligentemente legate alle canne.
Anche alla stazione di Genova Quarto i frutti sono maturati, ma le loro foglie sono mescolate e quasi soffocate da un parente povero, autoctono e volgare, Solanum nigrum o morella (vedi post del 15 ottobre 2008), un’erbaccia della peggior specie. Crescono entrambe in buona compagnia di intrusi di vario genere, fra cui anche qualche piccola conifera, non meglio identificata. In realtà i pomodori veri e propri sono quasi irraggiungibili, oltre l’ultimo binario, e si vedono bene soprattutto dal treno. Poco male, non credo che avrei poi così voglia di coglierli e assaggiarli. Anche se la fame, si sa, potrebbe suggerirne a qualcuno la raccolta.
Nell’orto ferroviario non poteva mancare la carota, pianta per altro comunissima sia in campagna che in città, ma che con la croccante e saporita radice arancione ha in comune soltanto il nome. Come tutte le piante di cui si mangia la radice, la raccolta avviene di norma ben prima della fioritura, quando la radice è ancora ricca di sostanze nutritive che non si sono ancora trasferite al fiore e al frutto. Daucus carota è pianta biennale e quando la estraiamo dalla terra per mangiarla, le strappiamo la vita nel primo anno, mentre soltanto le poche fortunate che eventualmrnte destiniamo a semenza completeranno il loro ciclo vegetativo. Quindi non è sorprendente che non conosciamo i fiori delle carote dell’orto; ma se mai li incontrassimo, non sarebbero diversi dalle bianche ombrelle, spesso con il puntino nero al centro, di questa carota selvatica che cresce, elegante ed impudente, in mezzo ai binari. La carota commestibile discende da una selezione fatta diversi secoli fa. La radice della carota selvatica, cresca essa sulla massicciata o in un campo, è pallida e legnosa, ricca di principi officinali, ma poco appetibile.
Ancora sulla carota selvatica 12 luglio 2008