La Salvia verbenaca viene chiamata salvia minore perchè è una specie di sorella minore delle grandi salvie, la Salvia officinalis prima di tutto, ma anche le comuni Salvia pratensis e Salvia sclarea. In Italia sono presenti più o meno 25 specie diverse di salvie, delle quasi 1000 descritte sul pianeta. Tutte le salvie, dal latino “salus” o salute, sono piante officinali e commestibili, con aroma più o meno accentuato e gradevole. La salvia comune (S. officinalis), per esempio, è una famosissima erba aromatica, ma l’odore delle sue foglie fresche stropicciate può non piacere, anche se questo ha poco a che fare con il sapore che conferisce agli intingoli e alle minestre. Tutte le salvie inoltre contengono modeste tracce di una sostanza, un chetone detto tujone, che è presente anche nelle artemisie e in particolare nell’assenzio (27 luglio 2008), e oltre ad avere proprietà digestive e antimicrobiche, è un modesto stimolante. Per questo la salvia è tradizionale ingrediente degli elisir di lunga vita per tenere attive le funzioni della memoria, ma anche potenziale veleno neurotossico se ingerita in quantità eccessive.
La salvia minore è una delle specie più comuni, presente in collina, in campagna, ma talvolta persino nei parchi e gli incolti di città. E’ uno di quelle piante cocciute, che non smettono mai di fiorire durante tutti e quanti i mesi dell’anno. Nonostante qualche inevitabile differenza nell’aspetto, le sue foglie ruvide fortemente incise sono facilmente riconoscibili.
Così l’ho incontrata alla fine di aprile sulla costa battuta dal vento delle colline alle spalle di Genova (forte dei Ratti), e adesso, a fine ottobre, in mezzo all’erba selvatica del cortile di una scuola nella periferia romana del Tufello. In questo cortile scopro fiori autunnali ancora freschi e floridi e erba rinverdita dalla recente pioggia. Specie comuni, modeste, ma a modo loro ricercate. Qui le foglie della salvia hanno l’aspetto più verdeggiante e tenero di quelle della sua gemella della costa, gli steli sono più slanciati, quasi a volersi staccare dalla sporcizia del suolo, il cespo più rado e le inconfondibili rosette basali invisibili in mezzo al folto dell’erba. I fiori sono ancora in boccio sulle spighette, ed io esito nell’attribuzione, ma non trovo una soluzione diversa che salvia minore. Mi conforta un sito, dedicato alla flora del parco di villa Torlonia che dichiara che questa pianta a Roma “è praticamente ubiquitaria, dal centro all’estrema periferia”.