(Riprendo un post del vecchio blog 2 gennaio 2009)
Ci sono gli alberi che si spogliano, ornielli, tigli, bagolari, meli e ciliegi sono scheletri nudi contro il cielo. Ci sono gli alberi che conservano le foglie, lecci, olivi, corbezzoli, e sembra che il freddo neppure li sfiori. E poi ci sono le roverelle.
Nella leggenda, un contadino ebbe un giorno necessità di chiedere un favore nientemeno che al diavolo. Si sa che la creatura maligna è molto potente e raramente nega il suo aiuto, perché smisurato è il vantaggio che chiede in cambio. Ma il contadino era scaltro e promise sì di servire il diavolo, ma domandò pazienza. “Certamente, disse, sarò il tuo schiavo quando la roverella perderà tutte le foglie.” Il diavolo gongolava. Le foglie delle querce invecchiano nella brutta stagione e bastava aspettare che il vento si facesse più deciso e tutte sarebbero state portate via. Ma i mesi passavano e la roverella le foglie non le perdeva. Color della terra e avvizzite, le foglie secche rimanevano tenacemente attaccate al ramo e non c’era bufera che riuscisse a strapparle tutte. Cadevano dall’albero soltanto per lasciar posto alle nuove gemme, nuove tenere foglie che inverdivano i rami. Quando si rese conto della beffa, il diavolo andò su tutte le furie e non potendo prendersela con il contadino che lo aveva imbrogliato, si scagliò contro l’albero e affondò i suoi artigli aguzzi sul lembo delle foglie, lacerandole ad una ad una. Perciò le foglie della roverella hanno da sempre i lembi profondamente incisi, come solcati da unghie taglienti.
La roverella (Quercus pubescens, cioè quercia pelosa) è la quercia più comune nei nostri boschi, semplicemente la quercia. Non è così imponente come altri alberi del suo genere, spesso è poco più di un arbusto, anche se può raggiungere i 20 metri di altezza. Ho scattato questa fotografia proprio oggi, sul margine della strada, via alla Chiesa di San Giorgio di Bavari. Le chiome giallo brune delle roverelle splendono al sole e contrastano fortemente con il verde cupo delle chiome dei lecci (10 novembre 2008) e quello lucido dei corbezzoli, ancora carichi di fiori e frutti.
vedi anche “Gli ospiti della roverella“, 16 febbraio 2019.
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