Brugmansia

Brugmansia

Brugmansia suaveolens

Parchi di Nervi (Genova), nei pressi del roseto. Un placido cespuglio dall’aria esotica nascosto dietro un padiglione semi abbandonato, allunga i rami verde giallo contro i vetri di una vecchia finestra. Conosco i fiori di questa pianta, lunghe campane dai colori sgargianti e delicati che pendono come gioielli e hanno meritato il soprannome di trombe degli angeli (vedi anche 20 luglio 2008). Oggi i fiori sono appassiti da tempo, ma nel tepore della costa ligure, l’arbusto non ha perso le foglie, che conservano il loro verde delicato, e, fra le foglie,  rimangono  i calici vuoti, e i frutti, lunghe bacche verdastre.
Queste principesche solanaceee si chiamavano un tempo tutte Datura, sia le specie arboree che quelle erbacee, o meglio così le aveva chiamate Linneo. Ma in seguito le varietà arboree sono state attribuite al genere Brugmansia, in onore ovviamente di un botanico, l’olandese Sebald Justinus Brugmans.

Brugmansia

Brugmansia suaveolens

Insieme alla cugina Datura, ma anche ad altre solanaceae come Hyoscyamus, Brugmansia è una pianta molto velenosa e l’arcano potere dei loro succhi è qualcosa di leggendario. Si racconta, tanto tempo fa come ai giorni nostri, che soltanto respirarne il profumo soave possa essere molto pericoloso e comunque provocare notevole malessere.  Contiene un alcaloide la scopolamina, chiamato anche burundaga, che è potentemente neurotossico e allucinogeno anche se per lo più è conosciuto come antidoto al mal d’auto e mal di mare, naturalmente in dosi ridottissime.  E sempre a dosi ridottissime viene utilizzato per provocare la dilatazione delle pupilla per esami oculari.

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