E’ cresciuto un asparago sotto l’olivo, una pianticella già alta accanto a un allampanato turione.
Ce ne vorrebbe un cespo per cucinare un’appetitosa frittatina e ormai la stagione è già troppo avanzata. Mi vengono in mente certe scorribande sui pendii della riviera alla ricerca dei preziosi germogli, sempre molto più saporiti dei loro cugini da fruttivendolo. Quando si vedono i mazzi di asparagi sui banchi del mercato, verde scuro quelli più sottili, o rosso nerastri i più tozzi, legati stretti come fascine, è difficile pensare all’esile pianta dalle minuscole foglie appuntite che cresce nel sottobosco mediterraneo. Eppure Asparagus acutifolius e il coltivato Asparagus officinalis sono davvero molto somiglianti. Ancora più curiosa è la sua parentela con piante apparentemente molto diverse come agli e gigli, che per molto tempo hanno convissuto nella stessa famiglia delle Liliaceae. La classificazione di queste monocotiledoni pare abbia messo a dura prova i tassonomisti che le hanno fatto transitare negli ultimi decenni da una famiglia all’altra, creandone e disfacendone alcune. Ma in anni più recenti, la classificazone si avvale degli studi sul DNA e molte incertezze sembrano definitivamente chiarite. Gli asparagi risultano imparentati più direttamente con agavi e yucche, e ancora di più con Ruscus, il pungitopo, che come gli asparagi presenta giovani germogli squamosi, detti appunto turioni.
Le minuscoli foglie, pungenti e impalpabili, sono in realtà rametti trasformati (cladodi) che svolgono tutta la funzione fotosintetica. Il loro aspetto conferisce alla pianta adulta l’apparenza di nuvola verdeggiante e per questo viene impiegata dai fiorai come ornamento verde nelle composizioni floreali. L’effetto decorativo è maggiore nelle specie a bacche rosse, come Asparagus densiflorus, mentre l’asparago selvatico ha bacche verdi e poi nere. Gli asparagi hanno proprietà diuretiche e depurative, vengono usati anche come protettivi del fegato e nella cura dell’obesità e il loro brodo di cottura è considerato antidiabetico. Tuttavia sono controindicati nel caso di affezioni renali. Nelle antiche abitudini contadine, le fogliette acuminate dell’asparago venivano utilizzate in vari modi, per esempio per lavare le botti per il vino o per allontanare le mosche.