Sui rami spogli della roverella (Quercus pubescens) si stagliano, quasi fiori d’inverno, le galle, escrescenze vegetali dovute a insetti, detti galligeni o cinipedi. Si tratta di imenotteri, piccole vespe, dalla complessa vita riproduttiva. Le galle sono specie di foruncoli o verruche vegetali, ovvero tumori come sono talvolta, forse più correttamente, definiti. La pianta li produce come reazione a sostanze emesse dalle larve durante sviluppo, una reazione quasi esagerata, gigantesca, in proporzione alle piccole dimensioni degli ospiti. Per questo gli imenotteri responsabili si sono guadagnati un nome che ha direttamente a che fare con l’albero che forma le galle, e con la forma di quest’ultime. Se l’escrescenza è sferica, con processi anulari in rilievo, a guisa di corona, il cinipede è Andricus quercus-tozae, che potremmo tradurre ‘cinipede della quercia’. Invece quando la galla ha la curiosa forma di testa scarmigliata, un ammasso di sottili e lunghi filamenti, il cinipede è Andricus caput medusae perchè l’escrescenza ricorda la testa della mitica medusa, i cui capelli erano trasformati in serpenti.
Ho incontrato questa accogliente roverella sul margine del bosco, in una splendida radura assolata nei pressi di un ovile di collina. I suoi rami sono ingioiellati di galle di entrambe i tipi, ma non sono del tutto spogli. Come vuole la leggenda (vedi 2 gennaio 2009), la quercia, e soprattutto la roverella, non perde mai tutte tutte le foglie prima di mettere quelle nuove. Siccome abbiamo avuto molti giorni di vento teso, quest’anno questa pianta ha fatto fatica a tenersene strette una manciata. Invece le galle l’invadono, tenaci, resistenti anche alle tempeste.