“Je suis de la mauvaise herbe, braves gens, braves gens
C’est pas moi qu’on rumine et c’est pas moi qu’on met en gerbe
La mort faucha les autres, braves gens, braves gens
Et me fit grâce à moi, c’est immoral et c’est c’est comme ça“(1)
Le piante che prosperano nelle città sono sorprendentemente numerose, se è vero che nella città di Genova, e nell’ambiente propriamente urbano, siano state censite quasi 500 specie diverse di piante, corrispondenti a un sedicesimo di tutte le specie presenti in Italia(2) . Certamente le piante si sono adattate agli ambienti urbani anche più velocemente degli animali, che, randagi e semiselvatici, da qualche decennio compaiono sempre più frequentemente nelle strade cittadine. Nonostante la varietà, e pur riconoscendo la ricchezza della flora urbana, alcune specie sono nettamente preponderanti e si incontrano con frequenza quasi inquietante.
Sono le malerbe, erbacce che imbrattano i marciapiedi, erbe cattive che con il loro carattere sfacciato e malsano si sono guadagnate una brutta fama, tanto da diventare sinonimo di comportamento nocivo. Ma sono loro le erbe vincenti, quelle che sopravvivono nonostante tutto e non temono le minacce di estinzione.
Il mese di agosto 2019, seppure non torrido, è stato orribile sotto molti punti di vista, con l’orto e il giardino letteralmente devastato dalle cimici e parassiti di ogni genere. Con l’aria fresca dell’autunno, molte piante sono risorte, ma non tutte le ferite sono rimarginate. La biodiversità mi pare sempre più in pericolo e con essa la fertilità del suolo, che anche in città è una garanzia per la salute e la sopravvivenza stessa. Sempre più spesso mi pare di imbattermi in quelle stesse erbe, le irriducibili, lerce di catrame ed immondizia, e ancora incredibilmente vitali.
L’amaranto verde (30 agosto 2009) o rosso , le varie specie di saeppola (17 agosto 2009), la morella (15 ottobre 2008), l’invincibile parietaria, ma anche le artemisie e i chenopodi (24 settembre 2009), l’ailanto che germoglia in ogni crepa, beffandosi della lotta viscerale che contro di lui hanno intentato gli agronomi urbani, stracci più o meno verdi limitano ogni strada, salita, crosa, scala.
Superato un certo malessere che la loro rampante sfacciataggine necessariamente suscita, subentra una sorta di ammirazione. Il vanto delle erbacce è esserci sempre, non farsi fermare da nulla e da nessuno. Bisognerebbe imparare qualcosa dalla loro caparbietà, incoscienza, voracità. Lasciarsi andare, talvolta, anche alla solidarietà per queste coraggiosissime ultime. Perchè, io credo, anche loro soffrono, quando, unte e bisunte e divorate dai pidocchi, aprono fiori insignificanti, ma efficaci, disperdono pollini e semi impalpabili, ma vittoriosi, e scoprono dentro le ferite dei muri di cemento un improbabile nutrimento per le loro radici.
(1) George Brassens
(2) Riporto un dato presentato dal botanico Mario Calbi, durante la conferenza ‘Piante di strada a Genova’, 10 ottobre 2019 presoo Museo di Storia Naturale Giacomo Doria. Si tratta di un lavoro dei primi anni 1990 della prof. Simonetta Peccenini con una collaboratrice dell’Università di Genova, che purtroppo non è mai stato pubblicato e che meriterebbe di essere aggiornato e diffuso.
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