Le sue parenti più strette, le clematidi, sono fra le più raffinate interpreti dei romantici giardini inglesi. Hanno petali sottili e lisci come seta dai ricercati colori pastello. Avvinghiano con circospezione i loro esili steli su ordinati tutori, allungando garbatamente verso il cielo i loro germogli.
La vitalba, invece, è una ragazzaccia scapestrata, disordinata, impudente, vorace.
Come è risaputo, le brave ragazze vanno in paradiso, ma quelle cattive vanno dappertutto. Ed ecco che la vitalba si diffonde invadente in ogni angolo verde, in ogni giardino, campo o bosco. Si arrampica sugli alberi secolari e li avvinghia, gettando liane possenti fra tronco e tronco.Tesse trame robuste nel folto delle foreste e nelle siepi, e non disdegna affatto le recinzioni e le ringhiere di città.
Come scrive Mirna Medri nella scheda che ha curato per actaplantarum, si adatta alla maggior parte dei suoli, e, seppure ora appaia in regresso a seguito alla scomparsa di siepi e di arbusteti, ha la capacità di ricolonizzarsi repentinamente, sui muri abbandonati, in luoghi selvatici, al margine di fossati e canali.
Più che una protagonista della flora urbana, la vitalba ne è la principessa. Delle sue sorelle clematidi da giardino ha mantenuto gran parte della bellezza. D’estate si copre di profumatissimi fiori bianchi, dai petali, o per meglio dire sepali petaloidi, vellutati, e d’autunno di curiosi frutti piumosi (10 agosto 2008), che formano nuvole impalpabili sugli steli nudi. Si spoglia d’inverno. Ma resistono i suoi lunghissimi fusti bruni, possenti come cavi d’acciaio.
Qui la incontro, fiorita, lungo una crosa di collina, ad allietare un magazzino quasi abbandonato.
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