Acanto

acanthus mollis
Ma come è successo che questa nobile pianta, dai fusti robusti e riccamente fioriti, dalle larghe foglie tenaci, così ampie e decorative da aver meritato un posto unico nell’architettura della civiltà occidentale, ornamento caratteristico dei capitelli dei templi greci di stile corinzio, come è successo, dicevo, che l’acanto sia caduto così in basso da rappresentare la verzura più diffusa nelle aiuole incolte e mediamente inquinate delle città?
A luglio inoltrato, la fioritura è terminata e gli steli imponenti reggono i voluminosi involucri dei frutti, capsule rigide ad apertura esplosiva, capaci di catapultare a distanza i neri semi. Questo tipo di inseminazione è particolarmente efficace, e me ne sono accorta in giardino per la moltiplicazione esuberante delle Impatiens (26 agosto 2009) che avevo piantato qualche anno fa, ma anche di erbe infestanti come la Cardamine (4 aprile 2009),  che similmente sono capaci di proiettare i semi a distanza,  se appena le silique vengono sfiorate dalla brezza. Credo proprio che l’acanto, forse un tempo sistemato nelle aiuole per ingentilire il catrame con il suo verde intenso, si sia propagato con vigore, tanto da colonizzare gli spazi verdi incolti di mezza città. Un tempo una pianta mitica, oggi umile erbaccia di strada, anche per i vegetali la gloria non regge all’usura del tempo.

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