L’acino di montagna è una piccola pianta che forma tappeti dal colore intenso su declivi e radure di mezza montagna, verso i mille metri d’altezza, dove l’ho incontrata io, nel parco dell’Aveto, ai margini della spettacolare faggeta del Monte Penna. Accanto a lui, sotto il sole morbido di fine giugno, il pendio era ricoperto di molti altri semplici e straordinarie fioriture, i morbidi cuscinetti rosa del suo parente timo serpillo (Thymus serpyllum, 28 giugno 2008) e le candide corolle della peverina dei campi (Cerastium glomeratum). E poi il giallo brillante dei loti (Lotus cornicolatus) e delle ginestre (Genista pilosa), e le aggraziate piramidi delle orchidee selvatiche (Dactylorhiza maculata).
Ma qual è il vero nome di questa pianticella?
Essa venne inizialmente battezzata Thymus alpinus L. (basionimo), ma successivamente divenne Acinos alpinus (L.) Moench, nome che si ritrova ancora in molte autorevoli pubblicazioni botaniche. E neppure si sbaglia a chiamarla Calamintha alpina (L.) Lam., o Satureja alpina (L.) Scheele, oppure Clinopodium alpinum (L.) Kuntze. Da dove sia venuto fuori poi l’astruso Ziziphora granatensis (Boiss. & Reut.) Melnikov (dal greco ζιζυφον zízyphon giuggiolo e da φορέω phoréo portare), e che cosa di lei ricordi il giuggiolo (Ziziphus Mill.), mi è difficile capire. L’attributo specifico suggerisce che la specie sia originaria o quantomeno tipica dell’Andalusia, il regno di Granada in Spagna, come una piccola gemma della Sierra Nevada.
Il nome preciso non è così importante e tutti possono riconoscerla, basta ricordandosi che è una Lamiacea e che i miei grandi mentori del testo ‘Fiori di Liguria’(1) la includono nel capitolo sulle Calaminte. Sono queste piante assai comuni, che sfuggono a una classificazione univoca, talvolta aromatiche, talvolta officinali utilizzate in medicina popolare. Questa specie in particolare, l’acino alpino appunto, non fa eccezione e ne è documentato l’utilizzo nella campagna marchigiana e abruzzese come sollievo alla gola infiammata, ma anche come aromatizzante delle carni, per migliorare il sapore di latte e formaggio e profumare le botti colpite da muffa.
(1)Nicolini G. e Moreschi A. Fiori di Liguria – SIAG Genova 1982 – Notare che eccezionalmente, contro le mie abitudini semplificatrici, questa volta ho aggiunto quasi dappertutto le iniziali dell’autore, che non dovrebbero mai mancare nell’attribuzione corretta di ogni specie, riuscendo così ad aumentare il numero delle parole del post, per la soddisfazione di tutte le app che ne controllano la qualità, nonchè dei botanici seri.