Questo post è una rielaborazione di quello originariamente pubblicato sul mio vecchio blog il giorno 16 ottobre 2008, con il titolo Sorbo selvatico. Continuo a riprendere i post più anziani, un po’ per rinfrescarmi le idee, magari talvolta correggendo qualche inesattezza (ma gli errori gravi rimarranno tutti) e un po’ per averli più accessibili, su pagine giornaliere invece che mensili. Le foto originali sono più piccole, e anche aprendole non si ingrandiscono granchè; quella più recente si apre 800×600-
L’autunno ci sovrasta, anche se la temperatura è ancora più che gradevole e la pioggia si fa ancora desiderare. Ma le foglie, già affaticate dall’arsura di questa estate, sono ormai sfrangiate e disperse. Ancora di più ai bordi delle strade, là dove le piante lottano ogni giorno per conquistarsi spazio e aria e fluidi vitali. Stropicciate e scolorite sono le foglie nella foto a sinistra, tanto che a stento le riconosco. Ma alla fine sì, è proprio lui, non un acero, ma una rosacea, del genere Sorbus, il sorbo torminale o sorbo selvatico, in contrapposizione al sorbo domestico.
Chiamato anche sorbo montano, o ciavardello, talvolta addirittura corbezzolo (anche se certo non in Liguria dove il corbezzoolo è il ben più celebre Arbutus unedo), quest’albero dal nome curioso si incontra nei boschetti di mezza montagna.
L’esemplare della foto qui a destra cresceva (ottobre 2002) proprio sulla sommità della Rocca dell’Adelasia, nell’entrotera di Savona, un bel punto panoramico da cui si contempla l’imponente e placida cerchia delle Alpi dominata dal Monviso. Tutt’intorno circondano la rocca splendidi boschi di castagni e faggi. Più fortunato del fratello cittadino, era carico dei piccoli frutti, oggi ignirati e negletti, ma in passato graditi e consumati per alimento e medicina, perchè ricchi di vitamine.
Sorbus torminalis è uno dei primi alberi che tinge il bosco di rosso. Appartiene al genere Sorbus, come il sorbo domestico (Sorbus domestica), il sorbo montano (Sorbus aria e 8 settembre 2008), il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia, 2 agosto 2008) o l’esotico sorbo del Cashmire. Tutti questi alberi, assai comuni nei nostri boschi, si assomigliano non tanto per la forma delle foglie, che sono al contrario di fogge assai diverse, composte e sottili, lisce o dentellate, oppure ovali ed ampie, o profondamente lobate, come quelle del ciavardello; piuttosto sono simili nella caratteristica dei frutti, bacche che crescono a grappoli, commestibili, ma solo a maturazione avanzata, anche se certo non prelibate. Cibo per poveri e uccelli. Bacche medicinali. Le sorbe del ciavardello venivano impiegate per curare le coliche e la dissenteria, e dal latino tormìna, che significa colica, deriverebbe il nome scientifico della pianta.