Fiori e foglie... una pianta al giorno
Amo moltissimo le piante. Soprattutto i grandi alberi, le creature più generose della terra. Ma anche le piccole erbe di prato, persino quelle più impudenti, che si ostinano a resistere ai miei tentativi di estirparle dalle aiuole del giardino. Poca gente osserva le piante, forse le trovano noiose. Pochi sanno riconoscere un leccio, o addirittura distinguere un ippocastano da un tiglio. E' un vero peccato, le piante non sono affatto noiose, e in questo diario botanico io voglio presentare ogni giorno una pianta diversa, del giardino, del campo, del bosco
Naturalmente questo blog non ha pretese scientifiche né manualistiche. E' solo una piccola raccolta di pensieri, mentre osservo le piante, con la speranza di imparare a conoscerle meglio.

Domenica, Maggio 31, 2009
Kiwi
actinidia chinensisIl frutto di questo bella pianta rampicante dalle larghe foglie ovate si è introdotto prepotentemente nelle nostre abitudini, diventando in meno di un decennio comune quasi quanto le mele sui banchi di ortofrutta dei supermercati. Originario della Cina, come ricorda il suo nome scientifico, si è naturalizzato in Nuova Zelanda e da questa sua seconda patria ha preso il nome comune di kiwi, come l'uccello simbolo della Nuova Zelanda appunto. Ha avuto molta fortuna anche qui, agli antipodi della Nuova Zelanda, dove il clima mediterraneo si è rivelato ad esso particolarmente congeniale.
E' una pianta dioica, cioè i fiori maschili e femminili stanno su due piante diverse. Nel mio giardino originariamente crescevano tre piante di kiwi, che durante la nostra prima primavera qui si ricoprirono di bellissimi fiori bianco giallo, molto simili a quelli della foto. Ma ahimè assolutamente nessun frutto, neppure qualche sparuto tentativo. Invece le actinidie del pergolato del nostro vicino ebbero una produzione copiosa. Ne deducemmo che le piante erano tre maschi, inservibili per la fruttificazione e superflui visto che nel circondario già ce n'era uno che faceva ampiamente il suo dovere. Il nostro generoso vicino, che comunque non ci fa mai mancare i kiwi quando sono di stagione, mi ha spiegato che c'è una piccola, ma riconoscibile differenza, fra i fiori dei due sessi. Quelli della fotografie sono fiori femminili, non so distinguerli, ma so che la pianta in questione in autunno ci regalerà un bel po' di frutti.

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Sabato, Maggio 30, 2009
Aloe
aloe variegata
Ho sempre coltivato piante di aloe. Grasse e silenziose, a crescita lenta e misteriosa, sono diverse dalle piante a cui siamo più abituati, Amano il caldo secco e l'umidità gelata le uccide. Ma se sopravvive una sola rosetta, quasi priva di radici, si può rigenerare una grande pianta, lentamente, con perseveranza. La gelatina contenuta nelle foglie avrebbe proprietà quasi taumaturgiche. Io le cresco perchè le trovo a modo loro affascinanti. Originarie dell'Africa centro-meridionale, non credo si trovino molto a loro agio nel nostro clima da entroterra mediterraneo. Tuttavia l'aloe variegata, composta di piccoli cespuglietti di foglie cosparsi di macchie nere, è cresciuta e quest'anno ha prodotta non una, ma quattro delle sue stupefacenti infiorescenze rosate.

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Venerdi, Maggio 29, 2009
Centonchio
anagallis arvensisNei prati, ma anche negli incolti e negli orti, si trovano frotte di minuscoli fiorellini, fuggevoli, ma tenaci, che si assomigliano tutti quanti, ma in realtà sono molto diversi. Ci sono le veroniche, come la v. persica che è ancora fiorita come lo era in febbraio (vedi 28 febbraio 2009). E la stellaria, della famiglia delle cariophyllaceae, che fiorisce tutto l'anno. E poi il centonchio comune, detta anche bellichina, che appartiene alla famiglia delle primulaceae. E' un'erbetta infestante che fiorisce costante dalla primavera fino all'autunno, con microscopiche corolle di un fiammante rosso mattone. Visti da vicino, da molto vicino, i fiori sono appariscenti e figurerebbero senza dubbio fra specie ricercate come ornamento, se non fosse per le ridotte dimensioni (il diametro dei fiori arriva a malapena a un centimetro). Anche la piantina è ridotta, con fusti striscianti e morbidi, che si strappano e sradicano con estrema facilità, ma con altrettanta facilità germogliano di nuovo. Una sua parente, il centonchio azzurro, o bellichina azzurra, anagallis foemina, gode di miglior fama, forse a causa della sua rarità e dell'azzurro turchino delle sue corolle. Invece la bellichina comune, che cresce dappertutto, non merita molta considerazione. Richiede però una certa dose di attenzione perchè si mimetizza con disinvoltura in mezzo alle insalate fra le quali è nata e cresciuta; ma è velenosa e può causare intossicazioni alimentari. Io la trovo spessissimo in mezzo a qualsiasi cosa raccolga nell'orto. Non posso escludere di averla assaggiata per errore; sarà stata la modica quantità, non ricordo di aver avuto disturbi significativi. Sospetto che chi si è intossicato, piuttosto che dimenticarsi di toglierla dall'insalata, l'abbia scambiata per l'insalata.

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Mercoledi, Maggio 27, 2009
Symphoricarpus
symphoricarpus albusHo cercato inutilmente in rete un nome più pronunciabile e domestico per questa bell'arbusto della famiglia delle Caprifoliaceae che cresce lungo il viale di un giardino vicino a casa. Le piante ornamentali spesso non hanno bisogno di un nome volgare, forse non hanno bisogno di essere chiamate, il posto non se lo sono scelto, ma è stato loro assegnato, volenti o nolenti. symphoricarpus albus

Questa deve essere abbastanza 'volente' perchè fiorisce e fruttifica con dolce esuberanza, anche se è così lontana dal suo luogo di origine, forse la Cina, forse l'America. Da pochi giorni hanno fatto la loro comparsa i piccoli e delicati fiori, un po' panciuti, rosa i boccioli, sfumate verso il bianco le corolle. E già la forma suggerisce il seguito, le bacche bianche, gonfie e lucenti che compariranno fra agosto e settembre. Questi curiosi palloncini sono l'ornamento più ricercato del symphoricarpus, forse la ragione del suo successo. Quelle qui a sinistra le ho fotografate a settembre dell'anno scorso, sulla medesima pianta.




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Martedi, Maggio 26, 2009
Brunella
prunella vulgaris
Il nome originale di questa pianta è brunella. L'etimologia è controversa; forse deriva da "braune", che in antico tedesco significherebbe "tonsillite", a causa delle sue virtù lenitive nei confronti delle gole infiammate; forse invece dal colore bruno dei fiori quando appassiscono (però tutti i fiori diventano bruni quando appassiscono...). Non è chiaro neppure perché a un certo punto il suo nome venne cambiato in prunella, e prunella rimase. Fatto sta che tutte le donne che si chiamano Brunella devono sapere che il loro nome non è un diminutivo o vezzeggiativo di Bruna, ma un nome indipendente, il nome di un fiore, come Rosa, o Margherita. O Genziana, o Orchidea. Infatti non ci sarebbe nulla di strano a battezzare una bambina Genziana o Orchidea.
Questa brunella cresceva su un cuscinetto di foglie lucide ed ordinate in mezzo al campo. Ha fatto la stessa fine del lino selvatico di qualche giorno fa (17 maggio 2009). Mi dispiace, la motozappa non perdona. Il contadino non può avere pietà dei fiori di campo.
La brunella è una pianta della famiglia delle labiate, oggi chiamate lamiaceae, come la betonica (stachys officinalis, 4 agosto 2008), la bugola (ajuga reptans, 18 aprile 2009) e tante erbe aromatiche.

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Lunedi, Maggio 25, 2009
Citiso trifloro
cytisus villosus
Rieccomi nella selva delle cosidette 'ginestre', un vero rompicapo. Perché mi ci sono ficcata di nuovo? Naturalmente mi piacciono in modo esagerato, e poi questa primavera inoltrata che vuole a tutti costi fare l'estate, di che può ornarsi, se non di fiori selvatici, vistosi e solari? Chiamiamo volgarmente ginestre tutte quelle piante a portamento arbustivo che a primavera presentano una fioritura esuberante, anche se di breve durata, di fiori papilionacei gialli. Naturalmente è la ginestra maggiore (spartium junceum, 27 maggio 2008) la principale responsabile della grande fama delle ginestre. Tutte le sue parenti 'minori' si confondono in un'aurea un po' nebbiosa e confusa al profano. Ma sempre inequivocabilmente 'gialla'. Il genere cytisus si chiama 'broom' ovvero scopa in inglese. La specie più celebre è il cytisus scoparius, o ginestra dei carbonai, nomi che ovviamente suggeriscono un utilizzo degli steli robusti e flessibili, ornati di piccole foglioline appuntite, per spazzare le canne fumarie dei camini. Anche il citiso trifloro, il cui vero nome è cytisus villosus a causa della peluria argentea che ricopre i rami giovinetti e il retro delle foglie, ha steli elastici e solidi che potrebbero servire da scopa. Anche se per le scope si usa più spesso la saggina (pianta delle graminacee) o l'erica. Alto fino a due metri, questo citiso cresce sui terreni acidi, nelle boscaglie di lecci e sughere, piante acidofile per eccellenza. Ma io l'ho incontrato su un litorale, dove i lecci erano cespugli e di sughere non c'era neppure l'ombra.

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Domenica, Maggio 24, 2009
Caprifoglio delle macchie, fiori
lonicera implexa
Avevo già mostrato questa pianta, frequente nei boschetti vicino al mare, il 18 ottobre 2008; e precisamente le bacche, racchiuse in una coppa di foglie come uova in un nido. Mentre i frutti, aggraziati e singolari, mi avevano incuriosito, la stupenda fioritura mi ha colto di sorpresa. Le infiorescenze sono disposte all'interno delle foglie più alte, che sono fuse alla base. I lunghi fiori si sporgono slanciati su corolle dalla forma di lunghi tubi. Come tutti i caprifogli, sono intensamente profumati. La morbida geometria del fiore e dell'infiorescenza, l'aroma stucchevole, ma discreto, le foglie spesse e lucide, persistenti, sono tutte caratteristiche da pianta della macchia mediterranea, con i suoi inverni miti e piovosi e le sue lunghe estati calde ed aride.
Ed è già cominciata, in anticipo quest'anno, dato che ancora per un mese circa siano ancora ufficialmente in primavera. Si sente nell'odore dell'aria, nel ruggito caldo del giorno e nella tiepida frescura ristoratrice della sera. Siamo stati colti alla sprovvista, è vero, ma dopo un inverno così graffiante e tetro, la salutiamo con gioia, l'estate.

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Sabato, Maggio 23, 2009
Orobanche o succiamele
orobanche hederaeLe orobanche sono piante veramente singolari e vagamente inquietanti. La prima volta che le ho incontrate, o comunque notate, è stato quando ho scattato questa fotografia, nel maggio 2005 a Soglio, in val Fontanabuona, una valle che corre nell'entroterra fra Genova e Chiavari. Sembravano asparagi gonfi e bruni, dallo stelo pallido come pianta cresciuta al buio. Queste arcane creature vegetali non possiedono foglie, né alcuna parte verde. Infatti sono prive di clorofilla e totalmente parassite di altre piante. Ma allora non lo sapevo ancora.
Poi le ho ritrovate nel mio giardino e ho fatto quello che faccio con qualsiasi erba non invitata, le ho strappate. Le orobanche non hanno radici e si staccano dalla terra come ridicoli monconi. Allora c'era nel mio giardino moltissima edera che copriva ogni muro; e proprio dell'edera era parassite le mie orobanche.
Anche l'orobanche di Soglio mi sembra simile a quelle che ho trovato nel mio giardino. Il colore giallo bruno e le corolle curve dei fiori suggerirebbero che anche in quel caso si trattasse della specie o. hederae, la parassita dell'edera. Ma nella fotografia non si vede nulla e gli steli tozzi sembrano spuntare dal terreno, anzi dalla polvere di lavagna che copre il suolo. Forse sotto quelle pietruzze correva qualche radice di edera a cui la succhiatrice si era appesa per vivere.
Esistono molte specie di orobanche, alcune perfino attraenti, con fiori rosati o pallidamente turchini. La specificità spesso deriva dalla pianta che sfruttano e sono particolarmente nefaste quando si attaccano alle colture, come la o. crenata, parassita delle fave e di altre leguminose.

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Venerdi, Maggio 22, 2009
Calendula
calendula officinalis
La calendula è una pianta schietta e generosa, il lampo giallo dorato di ogni giardino. Per tener fede al suo nome, calendula per calenda, primo giorno del mese, deve rinnovare la sua fioritura una volta al mese per tutta la bella stagione, cominciando molto presto, appena arriva la primavera. Le specie più rustiche hanno foglie aromatiche, ma non molto piacevoli al tatto, perchè appicicose, lanuginose e grezze. Il fusto è tozzo e contorto, non adatto a sostenere fiori recisi.calendula officinalis
Tanto meglio. Il gagliardo colore delle corolle rende perdonabile qualsiasi imperfezione.
Così ho provato se mi riusciva di conservarlo. Un tentativo, presuntuoso e un po' maldestro; ma con un po' di attenzione (i petali secchi sono fragilissimi e si staccano con grande facilità), sono riuscita talvolta a ritrovare almeno un pochino dell'intensità e del calore di quel giallo, dopo mesi e anni che la sua linfa si era seccata. Ecco qui a sinistra l'immagine, acquisita con lo scanner, di un fiore pressato, dopo almeno 10 mesi, sbadito, diafano, ma sempre dorato. Davvero la calendula è un fiore generoso.

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Giovedi, Maggio 21, 2009
Trifoglino irsuto
lotus hirsutusQuesta pianta cresce densa e rigogliosa sui dirupi prospicienti il mare, sulle scarpate aride e persino sulla spiaggia. Accanto a cisti, ginestre, e non lontano dai caprifogli (lonicera implexa, per le bacche vedi 18 ottobre 2008). Il suo rustico fascino è nella sfumatura dei fiori, papilionacei, bianco rosati, e nella piccola corona di cinque foglie, coperte di fitta peluria (da cui hirsutum), che circondano e quasi avvolgono l'infiorescenza. La famiglia è ovviamente quella delle fabaceae, grande e nobile. Più grande è la famiglia più facilmente, fra trifogli, citisi e vulnerarie, ci si può confondere. Poco male. La bellezza di un fiore e la sua unicità si apprezza anche se non se ne conosce il nome.

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Mercoledi, Maggio 20, 2009
Prato di maggio

rosa canina

Ho cercato un'immagine da dedicare a una persona che se n'é andata, pochi giorni fa. Lei amava molto i fiori, li osservava, li conosceva, e anche li dipingeva. E per le piante aveva sentimenti intensi, di attrazione e ammirazione, ma talvolta anche di fastidio e antipatia, come è naturale talvolta si provi per le creature che vivono. Da lei avevo imparato a riconoscere erbe, arbusti e alberi, la loro indole, e un po' dei loro segreti. Così ho cercato un'immagine da dedicarle stasera, una rosa, e subito la cercavo fra le immagini di preziosi giardini. Poi mi sono ricordata di quando guardavamo i fiori selvatici, e lei diceva che non c'è nulla di più bello di certi fiori di campo. Così alla fine ho preferito questo prato di maggio, dove le rose selvatiche crescono spontanee in mezzo all'erba, mescolate a tutti i colori e gli umori del prato. Ciao, Marcella.

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Lunedi, Maggio 18, 2009
Gelsomino


Che bello il gelsomino, quello vero. Ha foglie composte di cinque o sette foglioline appuntite, foglie leggere, che quest'inverno il gelo ha consumato. E' rinato, come è naturale, in primavera. Si allunga e avvinghia al sostegno e butta grappoli di fiori sempre un po' più in là, sempre un poco più oltre. I fiori sono rosati quando sono in boccio e candidi quando si aprono. Il profumo è inebriante e svenevole. Oggi si incontrano molti altri gelsomini, veri e falsi, eleganti, lussureggianti, raffinati, colorati, profumatissimi e generosi. Io però ho un debole per quello originale, forse perchè cresceva su una povera ringhiera di ferro lungo un viottolo antico nelle estati della mia infanzia.

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Domenica, Maggio 17, 2009
Lino selvatico
linum bienne
Il lino selvatico è una pianta delicata dai fiori blu pallido e foglie sottili (il suo parente coltivato, linum usatissimum è assai più robusto). Ha cinque petali come il geraneo, cresce nei prati e i suoi fiori sono molto fragili.
Questo fiore era nel mio giardino, sotto un melo in mezzo all'erba molto alta. Snello, nobile, vulnerabile. Per fortuna lo avevo fermato con la macchina fotografica, perché molto presto lo ha reciso il tagliaerba insieme a tutto il resto. E non è più tornato.

Allora mi viene in mente il carme 11 di Catullo:

...nec meum respectet, ut ante, amorem, qui illius culpa cecidit velut prati ultimi flos, praetereunte postquam tactus aratro est.

... e sul mio amore non conti più, perchè per sua colpa fu stroncato, come il fiore alla fine del prato, dopo che è toccato dal passaggio dell'aratro.

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Sabato, Maggio 16, 2009
Un altro geraneo

geranium nodosum

geranium nodosumIl bosco cambia aspetto velocemente in questa stagione. E' tornata la grande ombra dei castagni e sono scomparse le scille (11 marzo e 16 aprile 2009), gli anemoni (26 marzo e 9 aprile 2009) e l'erba trinità (hepatica nobilis, 15 marzo 2009). Nei sentieri erbosi sbocciano le orchidee del genere dactylorhiza (9 giugno 2008), e poi tanti geranei selvatici, minuti, colorati, giulivi.
Ho già detto (geranium robertianum, 30 aprile 2008) che i geranei devono il loro nome alla forma del frutto, che ricorda il lungo becco di una gru. Hanno la stessa forma anche i frutti dei pelargonii, i geranei che ornano davanzali e balconi di quasi tutte le case, in città come in campagna (25 febbraio 2009). I pelargonii hanno fiori composti e variegati, mentre i geranei del genere geranium hanno tutti fiori a cinque petali, più piccoli, ma non meno attraenti. Il geraneo nodoso ha fiori brillanti di un'accesa sfumatura fra il rosa, l'azzurro e il lilla e colora gli angoli meno oscuri del bosco per tutta la primavera e tutta l'estate.
I fiori della foto in alto li ho fotografati proprio oggi nel bosco, come al solito al ciglio della strada. E' vero che abito praticamente in campagna, ma questo ciglio della strada non manca mai di sorprendermi per la proliferazione festosa di fiori diversi e cangianti. Il fiore a destra invece cresceva l'estate scorsa nei boschi della val Trebbia (strada del monte Antola).

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Venerdi, Maggio 15, 2009
Lavanda marittima
lavandula stoechas X viridis

Questo seducente fiore bicolore appartiene a una lavanda ornamentale, che è probabilmente un ibrido di lavanda selvatica o marittima, lavandula stoechas con un'altra specie, lavandula viridis, a fiori bianchi. O comunque un ibrido da giardino, a fioritura precoce come tutte le lavande selvatiche. Non è ancora in fiore invece la lavanda comune o spigo, lavandula angustifolia o lavandula officinalis (vedi anche 21 giugno 2008); anzi ha appena finito di predisporre i piccoli boccioli, scrigni del suo prezioso profumo, perchè la sua fioritura è più tardiva. La lavanda selvatica è una pianta rustica, resistente, tenace. Non ha utilizzi in erboristeria o profumeria, come la lavanda comune. Non ha il suo intenso profumo, nè olio balsamico e aromatico da estrarre dalle sue parti aeree. E' un piccolo arbusto spontaneo nei paesi mediterranei, con spighe di fiori di colore intenso sormontate da un ciuffo di petali lunghi (veramente si tratta di brattee), un pennacchio colorato che serve di richiamo per gli impollinatori. Una pianta che non serve a niente, se non alla pura gioia degli occhi.

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Giovedi, Maggio 14, 2009
Cineraria
senecio cineraria
Attraverso la città tutti i giorni, e la strada è sempre uguale. Anzi, a guardarla bene è sempre diversa, e ancora più diversa in un mese come maggio. Nelle piazzuole spartitraffico (potrei forse chiamarle aiuole?) crescono ogni genere di erbe e fiori, ed ogni volta vorrei poter fermare un momento il flusso incessante sull'asfalto per fermarmi, e guardarli a uno a uno. Graminacee, trifogli, ombrelle e composite. Tutte mischiate le une alle altre, steli sottili e fiori variopinti, come un'unico groviglio.
Ma la cineraria no, la cineraria non si ferma sulle aiuole qualsiasi. Preferisce i litorali, i muri che si affacciano al mare, i sentieri più angusti dentro il porto. Elegante, riccamente ramificata, ricoperta di peluria feltrica dal nobile colore argentato, si orna di capolini giallo arancio, oro scuro al centro del disco e oro chiaro nelle ligule a raggera. Ricercata anche per i giardini, tuttavia non è una pianta altezzosa, pronta anche lei a mescolarsi con qualche casuale e improbabile compagno di strada. Si mischia anche con il rovo (rubus fruticosus, 18 maggio 2008), così come l'avevo trovata su questo muro, non lontano dalla Lanterna.

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Mercoledi, Maggio 13, 2009
Caglio attaccaveste
galium aparine
Si chiama caglio perchè una pianta di questo genere, il galium verum o caglio zolfino, a fiori gialli, viene usato per far cagliare il latte e preparare il formaggio. Il procedimento non lo conosco, ma so che questo tipo di formaggio è molto ricercato dai vegetariani (naturalmente quelli che accettano il formaggio, alimento intrinsecamente animale). La famiglia è quella delle rubiaceae, come la robbia selvatica (rubia peregrina, 2 ottobre 2008), una famiglia che annovera numerose piante tropicali, fra cui la coffea arabica, ovvero la pianta del caffè. Simile alla robbia, questo tipo di caglio è un'erbacea strisciante che si arrampica sull'altra vegatazione e forma densi ammassi, avvinghiandosi a tutto ciò che incontra mediante le minuscole setole uncinate, umide e vischiose, di cui è ricoperta. Basta sfiorarla per capire molto bene come si sia guadagnata il sopranome di attaccaveste. Per il resto è molto simile agli altri cagli, con piccoli fiori a quattro petali e foglie lanceolate disposte in verticilli. Più piccolo e tenero, privo di uncini appiccicosi, è il g. tricornutum o caglio coriandolino, un'erbetta infestante che fra la primavera e l'estate popola i prati di microscopiche stelline bianche e che ho mostrato 'in incognito' nella foto del 1 giugno 2008. Quando ero bambina e davo i soprannomi alle piante che non conoscevo, la chiamavo 'fiore punto in croce'.

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Martedi, Maggio 12, 2009
Fico degli ottentotti
carpobrotus edulis
Questa bella succulenta, cioè pianta grassa, dai fiori stellati, rosa intenso, purpurei o gialli, cresce esuberante su tutta la costa tirrenica, e poi giù nel Sud, fino alla Puglia. Colonizza i pendii prospicenti il mare e tappezza le scarpate, con le sue foglie grassocce e voluminose. Nato in Sud Africa, deve il suo curioso nome comune alla sua origine, perché gli ottentotti era il nomignolo dato dagli olandesi a una popolazione sudafricana vicina ai boscimani. E fichi sono i suoi frutti, commestibili, come dice il suo nome scientifico (che significa proprio frutto commestibile), anche se i fichi passano più inosservati dei larghi fiori variopinti. Quello della foto è quasi un po' sfiorito, era l'unico ancora aperto mentre il giorno volgeva alla sera.

oggi faccio uno strappo alla regola (beh, in questa mia casetta le regole le faccio io e le strappo quando voglio .. ) e invito a visitare questa pagina

...trasformare le spade in aratri...

Campagna di indignazione nazionale per contrastare l'uso di risorse pubbliche per comprare aerei da guerra -- Una firma magari non serve a nulla, ma certo non costa nulla

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Lunedi, Maggio 11, 2009
Ruta
ruta chalepensisLa ruta più famosa, ruta graveolens, ha un nome che lascia pochi dubbi. E' un'erba che puzza. Si porta dietro un odore intenso che ricorda, secondo alcuni, l'orina di gatto. Però, a differenza dell'elleboro (25 gennaio 2009), definito senza mezzi termini 'fetido', la ruta viene invece descritta come 'dotata di forte odore', un odore che è anche magico. Su di lei, nei libri e su internet, se leggono veramente di tutti i colori. Usata per difendersi dagli insetti, anche grazie a una sostanza insetticita che conterrebbe, la sua presenza intorno alla casa era considerata efficace per tenere lontane le vipere, e un mazzo di foglie appeso alla culla per liberare i neonati dai parassiti intestinali. Estrapolando le sue proprietà, divenne una pianta in grado di allontanare la peste, e persino la paura. Inoltre era considerata efficace contro vari mali, dai reumatismi alle punture, alle piaghe, ai malesseri tipicamente femminili, un misto di dolori allo stomaco e spasmi addominali. Detto ciò, non soprende che fosse consigliato alle spose di portare un rametto di ruta sotto l'abito bianco per allontanare il malocchio.
Il suo intenso aroma talvolta si accoppia con certi cibi, ma riesce bene soprattutto per dare un sapore caratteristico ai liquori, tanto che la grappa alla ruta è forse il distillato aromatizzato più famoso d'Italia.
Ma la pianta della fotografia, che cresceva rigogliosa, gialla e olezzante, sulla costa livornese, proprio sul ciglio della strada statale N.1 Aurelia, non è ruta graveolens come avevo inizialmente pensato, bensì ruta chalepensis o ruta di Aleppo, riconoscibile per petali dal margine sfrangiato, o laciniato. Si tratta di una ruta selvatica non meno puzzolente della sua parente più famosa. Secondo il sacro testo di S.Pignatti (Flora d'Italia, già citato in precedenza), il suo odore però si caratterizza per una nota in più di rosmarino. Non so come verrebbe la grappa; per provare tuttavia consiglio un esemplare raccolto in luogo più appartato e riparato dal traffico.

questo post è stato modificato e corretto in data 21 maggio 2009, dopo aver consultato la guida di Enrico Banfi e Francesca Consolino, La Flora Mediterranea, I.G.DeAgostini, 2003


scritto alle 22:58 da CarlaFed ::    COMMENTI


Domenica, Maggio 10, 2009
Elleborina bianca
cephalanthera damasonium
In giardino è nata un'orchidea; proprio in mezzo al prato sotto l'abete, vicino a un ceppo che apparteneva ad un altro abete che è stato abbattuto ed ora è piazzato lì, come sgabello. L'abete (protagonista del post del 6 gennaio 2009 e della grande nevicata di quei giorni) è molto alto, ma i rami più bassi sono stati potati e ai suoi piedi c'è un grazioso praticello. L'anno scorso abbiamo seminato il trifoglio nano, ma è sempre difficile contenere la crescita delle erbe spontanee, così in realtà ci cresce un po' di tutto. Anche un'orchidea, precisamente una cephalanthera della famiglia delle orchidaceae. Incuriosita dalle foglie, sono riuscita a salvarla dal tagliaerba e i fiori sono sbocciati.
La famiglia della orchidaceae è molto numerosa e l'osservazione e il riconoscimento di queste piante è una passione e una specializzazione molto esclusiva*. La 'mia' orchidea è abbastanza comune, anche se qualche appassionato non mancherebbe di avere qualche osservazione tassonomica. E' stretta parente di cephalanthera rubra, volgarmente detta, guarda caso, elleborina rosea (vedi 22 giugno 2008). Così anche senza approfondire a proposito di ipochilo ed epichilo, mi era subito parsa una faccia conosciuta.

* Per approfondire, consiglio di scaricare la piccola guida pubblicata dal Ministero per l'Ambiente "Orchidee in tasca. Piccola guida delle orchidee d'Italia" che è disponibile gratis in rete in questa pagina.


scritto alle 22:49 da CarlaFed ::    COMMENTI


Sabato, Maggio 09, 2009
Acero americano o negundo
acer negundo Quest'acero è l'unico che io conosca che ha foglie composte, con tre o più foglioline irregolarmanete dentellate. E' un acero americano e da noi si trova esclusivamente nei giardini. Come varietà ornamentale, si presenta in diverse forme con foglie variegate e particolarmente appariscenti sono i fiori maschili, in grappoli penduli e nastriformi. La specie è dioica, cioè i fiori maschili e femminili sono su alberi diversi. In questo giardinetto (a Castel Gendolfo, Roma) io ho incontrato tutte femmine, già gravide di frutti. Dell'acero ha tutto il colore forte della chioma e le samare, strette, con ali che formano un angolo acuto fra di loro.

scritto alle 23:40 da CarlaFed ::    COMMENTI


Venerdi, Maggio 08, 2009
Vulneraria barba-di-Giove
anthyllis barba-jovis
anthyllis barba-jovis

E' un cespuglio legnoso, guarnito in primavera di una densa fioritura bianca. Le foglie, imparipennate, sono composte di piccole foglioline ovali e i fiori che hanno la stessa forma di quelli del trifoglio. Cresce sulle rocce litoranee e nei giardini costieri e da lontano è particolarmente appariscente, nodosa eppure slanciata, ricama la costa e le scarpate di verde argenteo e bianco. Ovvero proprio del colore della barba di Giove. Bello sarebbe anche il fiore da vicino, se non fosse per la forma così comune, scontata (ho gia detto della semplicità dei fiori di trifoglio) e della brevità della fioritura, già quasi al termine in queste immagini. Appartiene al genere anthyllis, parola che significa semplicemente fiorellino, un genere ricco di specie erbacee mediterranee, di cui la a. barba-jovis è una delle poche, se non l'unica, a portamento arbustivo. Il nome comune in italiano di queste piante è vulneraria. Infatti non proprio questa pianta, ma altre del suo genere erano tenute in gran considerazione come piante magiche di primavera, efficaci per lenire le ferite.
Fotografata sul litorale di Livorno, con cisti (4 maggio 2009) e salsapariglia (smilax aspera, 1 ottobre 2008)

scritto alle 23:37 da CarlaFed ::    COMMENTI


Giovedi, Maggio 07, 2009
Erba medica arborea

medicago arborea

Le ginestre sono un grosso problema. Sono tante, troppe, e fioriscono tutte insieme. A parte la ginestra maggiore, la ginestra di Giacomo Leopardi, che sparge di giallo le colline (spartium junceum, 27 maggio 2009), ci sono tanti altri gialli in primavera che alla ginestra propriamente detta assomigliano molto. Il giallo dei boschi e delle garighe, il giallo della brughiera e della scarpata, un manto di farfalle gialle che ricopre il mondo.
Se per ginestra si definiscono i generi che appartengono alla tribù delle genisteae, oltre allo spartium, ci sono cytisus e genista (1 gugno 2008), calycotome e lupinus e molti altri ancora.
Ma alla ginestra in realtà fanno pensare tutti i grandi fiori papilionacei giallo oro che ornano i prati di maggio. Come la coronilla (28 marzo 2009) e naturalmente questa medicago, pianta ornamentale e foraggero, sempre facilmente inselvatichita. E' un arbusto flessuoso, con fitte fronde e rami giovani cosparsi di pelosità bianco-serica. La stessa peluria argentea ricopre le pagine inferiori delle foglie. I fiori sono riuniti in grappoli, o meglio in densi racemi. Per non confonderla con le genisteae, occorre notare le microscopiche nervature delle foglie, che raggiungono il margine; oppure aspettare poco più di un mese e osservare i frutti, legumi arrotolati a spirale, con nervi concentrici.

scritto alle 22:27 da CarlaFed ::    COMMENTI


Mercoledi, Maggio 06, 2009
Cisto
cistus monspeliensis
Nell'agosto del 1990 la costa e la macchia nell'immediato entroterra a sud di Livorno furono devastate da un grande incendio. In quei giorni io c'ero, e non credo dimenticherò mai le fiamme sul dorso della collina, quel fiato d'aria, esageratamente calda, gli scheletri di foglie incenerite trasportate dal vento, la densa nube di fumo che offuscava il sole; e il paesaggio costiero nei giorni immediatamente successivi, una distesa di polvere grigia in mezzo alla quale si ergevano monconi di alberi arsi.
Oggi quello stesso tratto di costa è coperto di vegetazione arbustiva, rigogliosa e variegata. I cisti, fiori delicati e misteriosi, ne sono i protagonisti. Forse non è un caso. Il fuoco facilita la riproduzione dei cisti ed essi si moltiplicano con grande esuberanza proprio sui terreni colpiti da incendi. Sono passati vent'anni, ma la macchia non ha ancora del tutto dimenticato il trauma e il brusco cambiamento da esso causato.
Così accanto al cisto rosso (4 maggio 2009), sbocciano i fiori immacolati del cisto di Montpellier, cistus monspeliensis, dalle strette foglie lanceolate, e più grandi e ugualmente bianchi i fiori del cisto femmina, cistus salvifolius, dalle foglie ovali e rugose, che ricordano quelle della salvia (vedi anche 25 ottobre 2008). Mi domando perchè questo cisto, che è senza dubbio il più diffuso e il più noto, sia detto 'femmina'. La ragione più plausibile è, credo, il suo colore immacolato, ovvero meglio potrebbe dirsi 'cisto vergine'.

cistus salvifolius

Queste piante, molto aromatiche, non mi risulta abbiano alcun impiego nè alimentare nè officinale. Un po' me ne rallegro, esistono così, ruvide e selvatiche, con i loro meravigliosi fiori, dispensando semplicemente gioia per gli occhi.

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Martedi, Maggio 05, 2009
Trifoglio bituminoso
psoralea bituminosa


E' una pianta molto comune negli incolti, nei terreni abbandonati e sul ciglio delle strade. Ha la leggiadra snellezza dell'erba medica e l'irruenza del trifoglio. Le infiorescenze, capolini blu o porpora, sono portate da lunghi peduncoli che ramificano all'ascella delle foglie. Ma è una piantaccia. Come suggerisce il suo nome, sia quello comune che quello latino, puzza di catrame. Anche se quando cresce a ridosso del traffico incessante e dei suoi fumi, non è certo il suo l'odore più fastidioso e opprimente. Sembra quasi che se lo sia scelto, per affinità elettiva, di starsene vicino all'asfalto, da dove viene il suo aroma, eretta, con le nitide foglie lanceolate, disposte rigorosamente in gruppi di tre.




scritto alle 23:45 da CarlaFed ::    COMMENTI


Lunedi, Maggio 04, 2009
Cisto rosso

cistus incanus


Grande fioritura di cisti rossi oggi sulla riviera livornese. I cisti sono fiori di rustica bellezza, a volte confusi con le rose di macchia, hanno petali sottili e spiegazzati e durano pochi giorni. Il cisto rosso è uno dei più appariscenti. Ha foglie ovali, ruvide, con breve picciolo, ampi petali papiracei e stami arancioni. Non so perchè si dice incanus, che significherebbe bianco. Il colore è rosa, da pallido ad acceso, come recita il suo nome comune. Il cisto bianco più comune è il cisto femmina o cistus salvifolius, di cui ho mostrato foglie e frutti il 25 ottobre 2008 e magari fra breve presto mostrerò i fiori (rosa e bianco si accompagnavano e alternavano armoniosamente lungo la bellissima scarpata mediterranea, ferita dal nastro d'asfalto che era la nostra strada).

scritto alle 23:51 da CarlaFed ::    COMMENTI


Venerdi, Maggio 01, 2009
Acero di monte
acer pseudo-platanus
Questo albero viene anche chiamato acero-fico o addirittura sicomoro (da non confondere però con il sicomoro propriamente detto ficus sycomorus, della famiglia delle moraceae come il fico e il gelso). E' molto simile all'acero riccio (vedi post del 21 aprile 2009), tant'è vero che il botanico che ha inventato il nome delle due specie non ha trovato nient'altro di interessante che la somiglianza delle loro foglie con quelle del platano, ampie e a cinque lobi. Così ci troviamo due alberi, abbastanza simili, che si chiamano uno acer pseudo-platanus (quello di oggi) e l'altro acer platanoides (quello del 21 aprile). In primavera, fra aprile e maggio, si può cogliere la differenza più significativa, la forma dei fiori. In piccoli corimbi eretti e giallognoli, quelli dell'acero riccio (a.platanoides) compaiono prima delle foglie e con esse coesistono per un poco. I fiori dell'acero di monte, nella foto di oggi, invece, sono verdastri, riuniti in voluminosi grappoli penduli e compaiono insieme alle foglie. Un'altra differenza utile è la presenza di lattice nel picciolo delle foglie dell'acero riccio, mentre il lattice è assente nei piccioli dell'acero di monte.
La fotografia è stata scattata ancora a Carpenissone, il giorno 25 aprile.

per cause di forza maggiore, il blog si femerà per qualche giorno ... a presto

scritto alle 20:00 da CarlaFed ::    COMMENTI


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