Accanto alla bugola di ieri, e i colori e le forme sono simili perchè la famiglia è la stessa (Lamiaceae), ecco l’ellera terrestre, di colore lilla più chiaro, corolle macchiettate e portamento strisciante. Conosciuta anche come Nepeta hederacea, fa parte quindi di quelle nepete che Plinio presentava come antidoto specifico contro le punture di scorpioni (“nepa” in latino). Plinio racconta tante cose interessanti, e anche sensate e credibili; ma talvolta viene il dubbio che potrebbe anche essersele inventatate di sana pianta, per divertirsi a creare leggende. Secondo altre voci, il nome Nepeta deriva dalla città di etrusca di Nepet (l’attuale Nepi) dove cresceva e cresce tuttora in abbondanza la specie principale del gruppo, la Nepeta cataria, o erba gatta.
L’ellera terrestre oggi ha cambiato nome, sempre nepeta rimane come aspetto, ma si chiama Glechoma, che significa menta. Perchè tutte mente e mentucce sono in fondo, nepete, nepetelle, puleggio, queste erbette da radura erbosa, dalle foglie commestibili e salutari. L’ellera, che in molti dialetti liguri si chiama erba della tosse, può essere utilizzata per la cura del catarro, anche se controndicata nella tosse secca. Nel 1500 era considerata un importante rimedio per le malattie mentali e a tale scopo panni imbevuti del suo succo venivano applicati sulla fronte dei pazienti che dovevano contemporaneamente respirare i soffumigi delle foglie. Il rimedio era più efficace se si aggiungevano alle foglie di ellera, quelle del cinquefoglie (visibili nella fotografia proprio alla base dell’ellera, vedi anche 27 marzo 2009), le radici di betonica (4 agosto 2008) e gli steli dell’equiseto (6 settembre 2008), insomma tutta la magia dei campi.
Ecco che cosa dicevo di lei il 15 aprile 2009:
“Viviamo accanto a centinaia di piante di cui ignoriamo l’esistenza e la gloriosa storia. Edera o ellera terrestre che dir si voglia, questa piccola labiata ha preso in prestito il nome di edera per l’invadenza e la tenacia con cui si espande. Infatti come l’edera allunga i suoi fusti sul terreno e fra le rocce ed emette radici ad intervalli. Da quando ci siamo conosciute, ho scoperto che non è poi così difficile incontrarla, ai margini dei prati e negli angoli dei muri. Le foglie sono cuoriformi, o reniformi (insomma, sempre a un organo interno assomigliano), opposte, con lungo picciolo. Se sfregate, lasciano un profumo tenero e discreto. I fiori sono viola chiarissimo, bilabiati, con il labbro inferiore macchiettato. Piccola meravigliosa erbetta strisciante, era pianta officinale assai apprezzata, considerata un rimedio efficace contro quasi tutti i mali, dalla tosse fino alla pazzia. Prima che quasi tutti, me compresa, ci dimenticassimo di lei.”