E’ stato grazie al romanzo di George Orwell “Keep the Aspidistra Flying” (tradotto in italiano come ‘Fiorirà l’aspidistra’) che un bel giorno mi sono cominciata a guardare intorno e mi sono accorta che davvero queste piante sono un po’ dappertutto, in città e negli androni dei palazzi, nei parchi, ma anche negli appartamenti. Una pianta modesta e terribilmente resistente, da meritarsi in inglese il nome di “Iron plant”, pianta di ferro, che in italiano è diventato ghisa o piombo e, oltre alla proverbiale resistenza, ci fa pensare al colore delle larghe foglie, quel verde così scuro e brillante che pare lucidato. Proprio per la loro eccezionale resistenza a condizioni inclementi, la bassa temperatura (resistono egregiamente fino a -15° C), la scarsa illuminazione e l’aria malsana di piccoli ambienti riscaldati con stufe a carbone, le aspidistre erano e sono assai comuni nelle gelide, buie e fumose dimore della piccola borghesia inglese, dove, come descrive Orwell, trascorrono un’esistenza languente e malaticcia dentro piccoli vasi verniciati di verde vetroso.
Ma certamente l’Aspidistra merita molta più considerazione. Il genere, della famiglia delle Asparagaceae, è assai complesso dal punto di vista morfologico, con una ricchezza di forme e di specie molto interessante per i collezionisti.
La specie più comune, quella per cui è così famosa, è Aspidistra eliator, una pianta rizomatosa con grandi foglie radicali persistenti che nascono su lunghi piccioli direttamente dal terreno e che si può facilmente moltiplicare per divisione dei cespi in primavera. Originaria delle foreste sud est asiatico, in alcune regioni italiane è addirittura naturalizzata come alloctona casuale. La sua diffusione nelle case borghesi un po’ all’antica le ha meritato la fama di pianta noiosa e fuori moda. Ma ciò che la rende splendida è il fatto che sopravvive nelle più ingrate condizioni, proprio in quegli ambienti dove non potrebbe crescere nient’altro. Sempre conserva il suo aspetto presentabile e rispettabile, e talvolta, seppur raramente, alla base sbocciano piccoli fiori rosa e crema, quasi nascosti dall’ampio fogliame.
Ho incontrato la pianta della fotografia in alto presso l’ingresso del Museo dei Cappuccini (via IV Novembre,5) in pieno centro di Genova, placida e rigogliosa nel suo vaso abbandonato in mezzo al selciato. Più sorprendente il viale di Aspidistre che mi ha accolto in un vialetto laterale del magnifico orto botanico di Padova, spesse e ondeggianti come il flusso oscuro di un torrente che scorre sui bordi del cammino.