Quando fiorisce la mimosa

 

Mimosa in val Bisagno

Acacia dealbata
val Bisagno

Non è certo una pianta originale, ma passa inosservata per la maggior parte dell’anno, finchè, fra gennaio e marzo, le sue nuvole gialle esplodono ad ogni angolo di strada. Febbraio è sempre stata la sua stagione. Qui sul bordo del Mediterraneo, molto prima di primavera, appar dovunque la mimosa effimera(1).

Ci sorprende quanto ne abbiamo bisogno, proprio adesso, di questo colore caldo, spesso, dolciastro. In quest’inverno fradicio e nebbioso, sono sempre i fiori a salvarci.

Mimosa in via San Vincenzo

Acacia dealbata
via San Vincenzo

Si incontra dappertutto, nella crosa che corre alta sulla val Bisagno, sopra il cimitero di Staglieno, come nel campo Rom della val Polcevera, e poi di fronte all’arco di ingresso di una corte nella centrale via San Vincenzo. Pronto a sbocciare perfino un gracile alberello,  alloggiato in una giara di coccio, sul retro di un palazzo di edilizia popolare. Effimera, ma resiliente, già poco dopo Natale, i rami verdolini cominciavano ad impallidire verso il paglierino. Sopporta grandine e vento, talvolta anche la neve, e il suo colore brilla.

Mimosa

Acacia dealbata

Spesso viene accusata di essere arrivata troppo presto, di essere, con la sua fioritura anticipata, uno scherzo del clima impazzito. Ma a torto, perchè non è vero. Da gennaio fiorirà fino a marzo per poi andarsene, in sordina, tornarsene in un anonimo letargo per dieci lunghi mesi. Oggi è il suo tempo e il suo colore è oro.

(1)Vincenzo Cardarelli ‘Liguria

Via delle Ginestre e il trenino di Casella

via delle Ginestre

Ginestra
(Spartium junceum)
presso la chiesa del SS. Sacramento, via delle Ginestre

Via delle Ginestre non si chiama così per caso. Come scrivevo qualche giorno fa, le ginestre quassù ci sono davvero.

La strada si inerpica dalla valletta di Staglieno verso la collina di piazza Manin. Superata salita della Crosetta, siamo già lungo il percorso del coraggioso autobus n.49 quando si raggiunge la chiesa nuova, dedicata al SS. Sacramento e edificata nel 1913, più o meno nello stesso periodo della casa della società Economica. Proprio a ridosso della chiesa cresce uno dei più bei cespugli di sparzio di tutto il percorso, oggi quasi in piena fioritura.

Lo sparzio, già, altro nome della ginestra maggiore, traduzione del suo nome scientifico, Spartium junceum, che significa qualche cosa come cordicella giunchiforme e suggerisce l’utilizzo dei sinuosi fusti come legacci (vedi anche 27 maggio 2008). Più conosciuto ormai come il giallo della primavera, perchè in questa stagione, nelle nostre terre, basta alzare gli occhi verso le colline e lo vedi brillare, luminoso come il sole.

Ginestre e valeriana

Spartium junceum
Centranthus ruber

La strada sale ancora e confluisce nella via Burlando, storica strada popolare che corre alta lungo la collina, aperta al vento e al mare. Poco prima di piazza Manin, a destra della carreggiata su un ripido incolto,  le ginestre ancora si sporgono, piegandosi verso l’asfalto. I fusti e i fiori sfiorano le macchine in sosta, con il giallo che si mescola al rosa carico della valeriana rossa (Centranthus ruber), che è protagonista assoluta di ogni angolo della città per tutta la bella stagione.

Più in alto, oltre il breve pendio, comincia il tracciato del trenino di Casella, storica  ferrovia a scartamento ridotto che dal 1929 collega Genova con la valle Scrivia. La stazione di partenza si trova proprio alle spalle di piazza Manin, già un po’ in quota rispetto al mare, inizio di un percorso tortuoso, con pendenze e crinali degni di una ferrovia di montagna. Ma, per chi lo sa apprezzare, il panorama è emozionante. Un po’ vecchiotto ormai per adempiere appieno alla sua originaria funzione di mezzo di collegamento fra città e entroterra, il trenino rappresenta oggi soprattutto un percorso turistico e ricreativo, con alterne  fortune e discordi apprezzamenti. Nel 2014, quando è stata scattata la foto qui sotto, la ferrovia viveva una delle sue lunghe chiusure per restauri e il piccolo vagone storico, coperto di disegni e grafiti più o meno gradevoli, sostava inattivo sugli angusti binari. Ancora più su, sopra la stazione, si staglia un piccolo capolavoro dell’architettura di fine ottocento, il castello Mackenzie, opera prima del giovane architetto Gino Coppedè.

Ginestre - Trenino di Casella

Ferrovia Genova-Casella e castello Mackenzie (maggio 2014)

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L’olmo e il verde della città

Olmo Ulmus glabra

Ulmus glabra
Olmo montano

La primavera è calda e assolata, oppure fredda e ventosa, luminosa ed esuberante, ma anche umida e dispettosa. La primavera è tutto e il contrario di tutto, ma non nega mai i suoi colori. Colori generosi e brillanti quelli dei fiori di campo, distese di giallo e di bianco che splendono anche nella nebbia. Colori originali e ricchi quelli delle fioriture eleganti dei giardini. Colori di ogni tipo, dai più tranquilli e timidi, a quelli più improbabili e inattesi. Tutti i colori, anche in città. Ma soprattutto il verde, un’universo di verde. Ogni anno l’inverno cancella il verde dalla nostra vista; sono il rosso, il giallo, il bruno che dominano le stagioni silenziose. Poi, anche sotto uragani e inondazioni, la primavera ci reinsegna il verde.

Siamo sulle pendici della collina che sovrasta il greto del Bisagno, il cimitero di Staglieno e lo stadio di Marassi. La strada si chiama via delle Ginestre, e grandi ginestre (Spartium junceum), quelle gialle e cariche,  ce ne sono davvero. Qui la città si arrampica su per una costa scoscesa e tutte le costruzioni hanno dovuto adattarsi alla pendenza. Come un singolare edificio in salita della Crosetta, costruito nei primi decenni del Novecento dalla Società Economica, imitando le case popolari di pianura, detta ‘a ringhiera’, con lunghi balconi di ingresso e una vasta corte interna. Ma per seguire il ripido andamento della valle, questo palazzo si allunga come una scala, con una successione di tetti spioventi a gradini che lo fanno assomigliare a una costruzione fantastica.

Olmo - Ulmus glabra

Ulmus glabra

Arrampicandomi su per queste strade, strette e ripide per le automobili, ma ancora più impervie per il malcapitato pedone, sulle terrazze cementate fra gli alti condomini, crescono piante incredibili, e coraggiose. L’indomita robinia, il fico, ma anche il caprifoglio arrampicatore. L’olmo montano, Ulmus glabra, si riconosce per le foglie grandi e appuntite, i piccioli corti, nascosti dai lobi delle foglie. Qui si contende lo spazio con i tubi del telefono e certamente riceve molte visite.

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Erba viperina

Echium plantagineum

Echium plantagineum

La primavera si sbizzarrisce nelle aiuole cittadine, in questi fazzoletti di terra ai piedi dei lecci di fronte al cimitero di Staglieno. L’erba viperina è una piantaccia da strada, ma ha dei fiori graziosi e intensi nei loro colori lilla, violetto, azzurro, che si mescolano. Perchè si chiami ‘viperina’ è uno dei soliti misteri della storia popolare. Il nome scientifico, Echium, è sinonimo, dal greco εχισ che significa vipera. C’è chi dice che sia perchè il suo fiorellino (guardatelo più grande qui) assomiglia alla testa triangolare della vipera; ma storicamente il nome deriva dalla leggenda, raccontata anche dal botanico Rembert Dodoens, degli eroi mitologici Nicandro e Alcibiade che, morsi da una vipera e conoscendo la pianta, la masticarono, inghiottendone i succhi, trattarono il morso con il resto della poltiglia e in tal modo guarirono. Le due interpretazioni si incontrano estrapolando un po’ la ‘dottrina della segnatura’, l’antichissima teoria che attribuisce poteri medicamentosi alle piante in base alla loro forma.
Più che il nome qui mi interessa come l’erba viperina colonizza le città, crescendo svettante e rigogliosa all’ombra dei pneumatici dei bus e nell’aura infame dei tubi di scappamento. Personaggio interessante perchè stretta parente di varietà da giardino, come Echium candidans, Orgoglio di Madeira. Con un pizzico di cura e minimo sforzo potrebbe accompagnare gli dei anche in queste aiuolette polverose di un viale di città.