Mandarino cinese

Kumquat Mandarino cinese

Citrus japonica

Mi trovo per caso nel quartiere di Marassi, un affastellato di ripidi condomini che si inerpica sulla collina, e in un cortile di via Raffaele Ricca (ma chissà chi era costui), scopro un grande albero coperto di frutti molto colorati. E’ un kumquat di taglia decisamente grande e accanto a lui cresce l’immancabile ligustro (Ligustrum lucidum), leggermente oppressivo, e un timido sambuco nero (Sambucus nigra), almeno quest’ultimo specie selvatica e indigena delle nostre terre.

Kumquat, ligustro e sambuco

Citrus japonica
con Ligustrum lucidum e Sambucus nigra

Tre alberi in un piccolo giardino sul bordo di una piccola strada fra cemento e inferriate. Il kumquat viene chiamato mandarino cinese, nome curioso e necessariamente generico, dato che praticamente tutti gli agrumi, e il mandarino in particolare, vengono dalla Cina (1).  Una volta pensavo che il suo nome corretto fosse Fortunella japonica, nome curioso e divertente, ma oggi lo trovo sempre chiamato Citrus japonica, che vorrebbe dire agrume giapponese. Il sapore, è noto, non assomiglia al mandarino, ma è decisamente più acidulo e la polpa è gustosa, ma più dura. Forse i frutti di questo esemplare non saranno particolarmente appetibili e forse non era intenzione di chi l’ha collocato qui di utilizzarlo per dessert. Quest’albero mi ha stupito perché è molto grande e molto carico, assai di più di quelli che avevo visto anni fa in riviera, ma mi rallegra che sia così felice in un luogo in cui gli alberi certamente danno assai di più di quello che ricevono.

 

(1) Oggi ho soddisfatto una piccola curiosità chiarendo una volta per tutte che cosa abbiano in comune il gustoso frutto invernale, i funzionari e la loro lingua. La parola mandarino venne usata dai portoghesi per designare i funzionari dell’impero cinese che vestivano di arancione e usavano la lingua dotta ancora oggi nota come ‘cinese mandarino’. Quindi prima ancora dei kumquat e dei mandarini propriamente detti, i mandarini erano delle persone.

Giardino per gli acquisti

Mercato Corso SardegnaC’era una volta il mercato generale dove tutti i fruttivendoli, o meglio i besagnini, di Genova si rifornivano ogni giorno, il mercato di corso Sardegna, dal 1926 presenza storica e ingombrante in quartiere affollato e  congestionato. Così nel 2009 fra esitazioni e polemiche, incertezze e necessità, il mercato all’ingrosso si è trasferito altrove, in una sede più ampia e decentrata, lasciandosi dietro uno spazio ampio, nel cuore più attivo della città, vuoto e buio per quasi dieci anni. Finché è stato ristrutturato completamente e riaperto al pubblico come giardino, ovviamente un giardino per gli acquisti.

Mercato Corso Sardegna

Prunus serrulata

Il vecchio cancello in ferro battuto, proprio quello originale, conduce adesso in una vasta piazza assolata, con aiuole e panchine, un campo da gioco, un parchetto per bimbi e spazio per passeggiare. Protagonisti i potenti operatori del consumismo, non botteghe, ma atelier di commercio, ristorazione soprattutto, e grande distribuzione. Tutt’intorno aiuole e alberelli che compongono un giardino piuttosto freddo, quasi finto, sorta di installazioni botaniche, accurate e pulite, potate e irrigate, di indefinibili colori che variano dal verde al rosa al marroncino.
Queste essenze ricercate e straniere sono creature capitate per caso in un luogo non scelto, e fra i visitatori nessuno ci fa caso. Sono una presenza necessaria, ma senza importanza, che andranno e verranno come le pozzanghere e le nuvole.

Giardino marassi

Westringia fruticosa

Cornus sericea

Cornus sericea

Già avevo fatto conoscenza con il falso rosmarino Westringia fructicosa, pianta australiana della famiglia della Lamiaceae, adatta a climi miti e salmastri, che ricopre generosamente la prima aiuola che si incontra con i suoi luminosi fiorellini bianchi.
Bianchi sfavillanti sono anche i fiori dell’arbusto nell’aiuola accanto, Cornus sericea, corniolo serico, che viene dall’America del Nord. I cornioli sono piante sempre molto attraenti e gioiosamente robuste, una garanzia per i progettisti di giardini per gli acquisti.
Veri e propri alberi non ce ne sono, ma forse val bene attendere. Come per la Koelreuteria paniculata, il coraggioso alberello delle lanterne cinesi, che già ho visto crescere in un viale di città. Similmente diritti e costretti nella forma scelta dall’architetto, i ciliegi ornamentali (Prunus serrulata) forse fioriranno a primavera con tutta la grazie straordinario della loro volontà. Mi piace sperarlo, fosse soltanto perché in quell’occasione più di uno sguardo si alzerà finalmente ad osservarli.

Koelreuteria paniculata

Koelreuteria paniculata

 

La vita del piccolo centro commerciale scorre ai piedi dei sottili aceri variopinti di qualche varietà che ha avuto in sorte foglie più rossicce che verdi, con le antocianine quasi sempre vincenti sulla clorofilla, almeno quando la luce è abbondante. D’autunno si colorano di elegante rossiccio anche le foglie del nobile Liquidambar styraciflua e il colore si accende anche nelle bacche rossicce di qualche ibrido del biancospino.

Sorbo

 Crataegus crus-galli  (ibrido)

Le piante rimangono oggetti incompresi in un ambiente come questo, come testimonia la scelta di un ristoratore (no, non ho guardato neppure che locale fosse, e in ogni caso non lo direi), che ha scelto di guarnire le fioriere di orride piante finte per non rischiare di dover perder tempo e denaro ad accudire degli esseri viventi. Sotto i contenitori di plastica, sul tappeto dell’aiuola, cercano la loro strada serpentelli verdi che assomigliano  a qualche cotoneaster. Loro hanno conquistato quel posto dopo aver fornito innumerevoli referenze di resistenza a ogni sorta di avversità, prima fra tutte l’incuria e l’indifferenza.

Giardino Marassi

Liquidambar styraciflua

Piante finte e piante vere