Che cosa cresce, si arrampica e fiorisce sui muri di città in primavera? Un po’ di tutto, per caso o per scelta, come su questo muro proprio sul ciglio di una trafficata strada cittadina. Fra le larghe foglie di malva e l’insopportabile parietaria, accanto a un ciuffo di ortica e a qualche magro grespino fiorito, scivola un Parthenocissus (vite americana), forse ricadente da qualche giardino.
I moderni progettisti di giardini verticali, costruiti mediante ingegnose impalcature e complicati congegni irriganti, si sono certamente ispirati alla stupefacente capacità di tutte le piante di ancorarsi e crescere con agilità sulle pareti.
Ci sono piante che vivono solo sui muri, come questa piccola felce della famiglia della Aspleniaceae, la cedracca (Ceterach officinarum, sinonimo di Asplenium ceterach), che sporifica durante tutti i dodici mesi dell’anno e si incontra ovunque, sui muretti a secco che delimitano le ormai celebri “creuze”. E’ chiamata anche felce della ruggine (rustyback in inglese) o spaccapietre; ma questo nomignolo non si riferisce tanto alla sua predilizione per connessioni e fessure dei sassi calcarei, dove il suo corto rizoma facilmente si accomoda, ma piuttosto alla sua efficacia come rimedio contro i calcoli renali e per contrastare l’eccesso di ossalato che li provoca. Modesta pianticella dalle molte virtù, le sue parti aeree vengono usate anche per preparare tisane per curare l’pertensione e le infiammazioni del fegato.
Un’altra instancabile scalatrice, che ben si adatta anche sul cemento moderno, è una piccola crassulacea nota come ombelico di Venere (Umbilicus rupestris), nome che deriva certo dalla fossetta centrale che presentano le sue foglie proprio sopra l’attaccatura del picciolo. Però in dialetto savonese questa pianta si chiama ‘gobetto’, come dire che le forme della natura possono suggerire immagini contrastanti. All’inizio della primavera, l’ombelico mette in scena i suoi fiori, disposti a fitto grappolo lungo lo stelo. E’ curioso, sugli stessi muri, se più umidi, cresce anche il capelvenere (Adiantum capillus-veneris), un’altro attributo della divina bellezza.
Fra pietra e pietra si incontrano anche piante inaspettate, erbe da prato, per intenderci. Come questo radicchio (Hyoseris radiata), ottimo nelle insalate e nelle zuppe, che in Toscana si chiama trinette, e non occorre spiegare perchè. Le foglie sono inconfondibili, stracciate in segmenti a dente, che tendono a sovrapporsi. Radicchio, ma non cicoria (Cichoria intybus), che il fiore ce l’ha azzurro, o molto raramente rosa. Anche se i fiori non contano perché quando la pianta è fiorita, le foglie non sono più buone a nulla. Questo radicchio ha un fiore giallo, singolo sullo stelo come il tarassaco, ma più esile di quello.
Ecco la fumaria bianca (Fumaria capreolata), insolita papaveracea dai fiori delicati e dalle foglie grigiaste (da cui il nome). I fiori, solo apparentemente fragili e impalpabili, in alcuni dialetti sono chiamati ‘chicchi di riso’ o addirittura ‘panetti’. Come sua sorella, Fumaria officinalis, che ha fiori più scuri di una bel rosa carico, era una pianta molto ricercata per le sue virtù curative (da usare tuttavia con prudenza perchè entrambe contengono un velenoso alcaloide, la fumarina). Insieme a tante altre piante ‘magiche’, è ormai finita fra le erbe spazzatura.
Ci sono fiori vistosi che i muri li scelgono per vocazione, prima fra tutte la generosa bocca di leone, che è difficile convincere a crescere in campo aperto. Così per estro o per necessità, si compongono composizioni floreali degne dei giardinieri più attenti.
Nobile ed eretta la florida bocca di leone ha conquistato anche qui il suo pugno di terriccio per vivere, contornandosi di borracine coltivate e spontanee. Esuberante nel giallo, la classica borraccina di Palmer (Sedum palmeri) è una pianta che non manca mai su balconi e terrazzini, capitata certo per caso anche su queste pietre incostudite. Quasi invisibile perchè non è ancora fiorita, la timida borracina cinerea (Sedum dasyphyllum); ancora un poco e mostrerà i suoi deliziosi fiorellini bianchi a forma di stella con graziose antere che sporgono sulla sommità degli stami come perle rossicce. Questa borracina ha davvero abitudini assai frugali e vegeta tranquilla e tappezzante anche sui muri aridi, nelle fessure delle rocce, nutrendosi di qualche granello di terra e conservando gelosa tutta l’acqua che le serve nelle grigie foglie carnosette.
Tante e varie sono le piante che crescono sui muri, giardini verticali naturali. Ma nella mia città ce n’è una che domina tutto e colonizza ogni sasso e ogni parete e niente può fermare la sua esuberanza.
Fiorita da aprile a ottobre, la valeriana rossa. ha fiorellini piccoli, ma numerosi e raggruppati in densi corimbi, rosa acceso o rosso porpora, raramente anche bianchi. Le sue foglie, verde carico, lucide, sembrano sempre giovani e fresche, anche in mezzo ai detriti. Mi ricorda quelle fanciulle delle favole, come Cenerentola, belle e pure e gioiose, nonostante le angherie e gli stenti a cui erano sottoposte. Bella nel fango e sempre nobile e liscia.
E’ una specie di ‘parente povera’ della più celebre valeriana officinale, di cui possiede tutte le proprietà. Più inselvatichita che spontanea, questa pianta viene utilizzata come ornamentale e ciò ne ha certamente aumentato la diffusione, grazie a una straordinaria resistenza e adattabilità. Cresce sui muri nuovi come sui ruderi, spunta sull’alto dei contrafforti di una strada scoscesa e incornicia il portone di un palazzo elegante, la nostra strada sarebbe assai meno colorata senza di lei. Anche se ne ho già parlato altrove, non potevo certo dimenticarla.