E’ fiorita di nuovo l’alstroemeria arancione, piccola meraviglia dalle montagne del Sudamerica. L’avevo già incontrata e mostrata qualche anno fa nella sua versione rosa, quando ancora era poco conosciuta e potevo permettermi di sbagliare il nome. Oggi non più, quando già da alcuni anni sopravvive in giardino e prospera vicino all’alchemilla, e anche se fiorisce molto più tardi di quelle in commercio nei vivai, mi dà sempre grandi soddisfazioni.
Il nome dato da Linneo a questa pianta è in onore del suo discepolo, il barone svedese Clas Alströmer, che secondo alcune fonti ne portò i semi in Europa. Secondo una storia più dettagliata, pare invece che il barone l’abbia semplicemente portarla da Cadice, in Spagna, a Uppsala, quartier generale di Linneo, guadagnandosi così la dedica immortale. Più che dal Perù, come il nome volgare suggerisce, questo genere proviene dal Cile e per alcune specie dal Brasile. I suo intensi fiori sono molto particolari. Più piccoli dei gigli propriamente detti, hanno tre petali, o meglio tepali, del colore dominante e tre tepali interni di un colore simile, ma puntinati. Perenne e robusta, ne esistono numerosi ibridi anche da aiuola che hanno conquistato il mercato. La varietà arancione è probabilmente un ibrido di Alstroemeria aurea, che cresce nei prati andini di Cile e Argentina. In quelle regioni, Alstroemeria è un genere di notevole ricchezza e complessità, con specie spontanee di rara bellezza, come l’incantevole Alstroemeria magnifica.
Una varietà rosata cresce alta e flessuosa sulle scalette della casa sopra la mia, che è stata abitata da una famiglia di instancabili collezionisti di piante, e non solo. La tengo d’occhio, alcune fonti sostengono che non sopravviverebbe più di tre anni e non voglio perderla.