Salvie

salvia miniataHo visitato diversi giardini botanici recentemente e sempre incontravo un numero esagerato di specie diverse di salvia, genere che comprende molte e svariate piante aromatiche e ornamentali. Anche a  Murabilia, mostra mercato sulle mura di Lucca, c’erano in mostra decine di salvie tutte diverse, a perdita d’occhio.

La più celebre è la Salvia officinalis, odorosa e ridondante nel mio giardino. Ovunque la metto, cresce a dismisura; e forse perchè è così comune, ovvia, banale, non l’ho neppure mai menzionata su questo blog. Colmerò presto la lacuna, ma quando mi sorpenderà con le sue scoppiettanti fioriture. Ci sono poi le specie selvatiche, e le più diffuse da noi sono Salvia pratensis, dalla fioritura primaverile viola intenso, e Salvia glutinosa (28 luglio 2009), ancora in fiore in questo periodo. Ha grandi fiori gialli, finemente disegnati e quasi maestosi; ma meglio guardare e non toccare, perchè appicica da morire.
Fra le varietà da giardino un po’ più ricercate, ho tentato di coltivare Salvia elegans (31 agosto 2008), superba con i suoi fiori rossi, chiamata volgarmente salvia ananas per l’aroma esotico che sprigionano le foglie, indicato per insaporire una macedonia. Ma l’ultimo inverno le è stato fatale e non è più rinata.
salvia guaranitica

Ho visitato molti giardini, dicevo, in Polonia e in Italia, con la mia amica Irena, venuta a ricambiare la mia visita del luglio scorso. Irena vorrebbe far collezione di salvie e ne cercava avidamente i semi (che tuttavia sempre ci sfuggivano, troppo presto o troppo tardi per la raccolta), e mi ha comunicato un po’ della sua passione per queste piante così semplici e raffinate, uniche e tanto diverse. Ecco la purpurea Salvia miniata, qui fotografata nei giardini di villa Hanbury a fine agosto; ma che ho ritrovato nel orto botanico di Genova, visitato qualche giorno fa, insieme a questa strordinaria Salvia guaranitica, dai fiori tubulari blu viola profondo. Viene dal Sud America e gli inglesi la chiamano ‘salvia al profumo di anice’, ‘salvia zaffiro’ o ‘salvia dei colibrì.

Lavanda dentata

lavandandula dentata
Questa pianta cresceva a cespuglio per i viottoli di Linguaglietta, piccolo, incantato borgo della colllina fra Imperia e Sanremo. Il profumo è intenso, netto, quasi violento. Si tratta di una specie particolare che cresce spontanea soltanto in Spagna e nelle Baleari, ma essendo intensamente coltivata, qualche volta è sfuggita alla coltivazione. Non in questo caso, dove è certo stata prescelta come pianta ornamentale per quel giardino assolato che sono i borghi antichi della Liguria di Ponente. La lavanda è essenza mediterranea per eccellenza, profumo e colore della Provenza, ma anche della Liguria. Lavandula angustifolia (variamente detta L.officinalis, L.vera, l.spica, o volgarmente spigo, vedi 21 giugno 2008) è pianta resistente alle avversità e generosissima per la vista e l’odorato, e anche l’udito direi, quando si cosparge di creature di varia natura, stridenti, ronzanti, insistenti. Così sui miei tre cespugli di lavanda si rincorrono i bomboloni, le api, le vespette, le farfalle. Un poco meno robusta mi è parsa, ma forse è solo per l’esperienza personale con un probabile ibrido da giardino,Lavandula stoechus (vedi 15 maggio 2009), più rustica in origine, ma meno profumata, con fiori di forma bizzarra, ma più precoci e meno persistenti. Assai poco conosco di questa sorellina iberica, che mi ha subito sedotto con la sua impeccabile presenza, immersa quell’aria ventosa, calda e leggera, che propaga i profumi e li miscela.

Origano e maggiorana

origanum majorana
origanum vulgare

Aromi fondamentai della cucina mediterranea, queste piante del genere Origanum, famiglia lamiaceae, l’origano e la maggiorana si assomigliano molto nell’aspetto, peraltro assai variabile, ma si differenziano per l’aroma, seppure sulle stesse note di gusto. Spezia del sud l’origano, dà il meglio di sè anche seccato, purchè a seccarlo sia un sole piuttosto robusto. Secca la maggiorana perde parte del suo fascino, mentre le foglie fresche hanno un gusto delicato e penetrante, discreto e rustico, che è il gusto della cucina ligure. Più robusto l’origano, almeno nel clima di casa mia; molto suscettibile agli sbalzi di temperatura la maggiorana, le sue preziose foglioline si macchiano e seccano con grande facilità. Ancora pochi fiorellini bianco rosati sull’origano che cresce sotto l’olivo. Sfiorita, ma ancora spavalda la maggiorana che cresce nell’aiuola di fronte.

Melissa

melissa officinalis melissa officinalis

Il nome melissa vuol dire semplicemente che è tanto gradita alle api da poter essere considerata pianta da miele per eccellenza. Curiosamente però non ho mai assaggiato, nè ricordo in commercio il miele di melissa. O sono molto ignorante, o altrettanto distratta, o forse la melissa non è altro che una importante componente di quel millefiori, miele generico e generoso, fatto dalle api più sbarazzine e volubili. Altro nome della melissa è limonina o limoncella perchè le sue foglie hanno un buon odore di limone. Non è rara nella famiglia della lamiaceae trovare piante con foglie aromatiche; anzi la maggior parte della piante aromatiche appartiene a questa famiglia.
Pianta di aspetto dimesso, ma ricca di proprietà offcinali, è coltivata e spontaneizzata un po’ dappertutto. Si è stabilita nel mio giardino (foto a sinistra), ospite inattesa, ma gradita. Ormai la fioritura è terminata, i tubetti candidi dei fiorellini sono tutti caduti e le foglie tendono al rossiccio. Verde smaglainte erano invece le foglie della melissa che ho trovato in Polonia, nel giardino della mia amica Irena, vicino a Stettino, nello scorso mese di luglio (foto a destra).

Camedrio comune

Camedrio comune

Camedrio comune
Teucrium camaedrys

Il nome camedrio deriva dal nome latino di una quercia, in quanto le foglie di questa pianta assomiglierebbero a quelle della quercia, tanto che il nome volgare è anche querciola.  L’erbetta in questione, piuttosto diffusa, cresce sulle scarpate soleggiate presso i boschi di quercia e ha una millenaria tradizione di pianta officinale. Veniva usata ovunque moltissimo come antinfiammatorio, anti-ipertensivo e analgesico e come rimedio per gli acciacchi. più svariati. Veniva persino impiegata dall’industria liquoristica come aromatizzante. Ma bisogna usare il passato, perchè questa pianta, che appartiene alla famiglia della lamiaceae come tante e rispettabili erbe aromatiche, oggi è considerata molto pericolosa. Esiste un preciso decreto del Ministero della Salute del 30 maggio 2003 che vieta l’impiego del camedrio nel settore farmaceutico ed erboristico a causa della presenza di componenti fortemente epatotossici. La storia di questa pianticella dai freschi fiorellini rosa è diventata così un esempio quasi emblematico di come l’antica erboristeria possa essere in aperto contrasto con la conoscenza medica moderna. Mentre si leggono dei numerosi e svariati utilizzi che se ne faceva nella medicina antica, ovunque si trova conferma di come la scienza moderna ne abbia accertato e provato la tossicità.
Le piante contengono tanti principi attivi che è difficile riconoscerli tutti. Nella miscela di tutti questi principi attivi si possono trovare combinazioni importanti, che addirittura potenzino l’effetto benefico o mitighino effetti collaterali indesiderati e pericolosi. Ma è altrettanto possibile che fra sostanze moderatamente benefiche si nascondano componenti nocivi o velenosi. Così la fitoterapia ha i suoi fautori e i suoi detrattori, a seconda se prevale la considerazione dei vantaggi delle associazioni farmacologiche, o dei rischi della presenza di componenti tossici.
Ecco, questa piccola pianticella, che non conoscevo affatto, né come fiore né come medicina, ha una bella responsabilità; mi ha fatto pensare ai pro e contro dell’erboristeria farmaceutica, senza faziosità, perchè l’importante è che la conoscenza vada avanti.
(comunque attenzione al camedrio, non è una pianta officinale!)
Fotografata non lontano dal paesino di Cisiano (comune di Bargagli, Genova),  giugno 2009.

Salvia di prato

Salvia pratensis

Salvia pratensis con visitatore

Cresce in mezzo ai prati e dei prati si porta l’intricata compagnia. Non senza fatica il suo profilo, così forte e volitivo, riesce ad emergere dal verde, nonostante il colore contrastante, lucido e spavaldo. Pianta pelosa e lievemente aromatica, alta fino a più di un metro, è parente della Salvia officinalis che coltiviamo (e scarsamente si ritrova allo stato selvatico). Ho imparato a riconoscerla da un’amica polacca, una biologa con discrete conoscenze di botanica. Anche se conosceva poco l’italiano, il linguaggio della botanica è un linguaggio universale, e per gli italiani è ancora più facile, perchè la lingua è il latino. In Polona come in Cina, il nome scientifico delle piante ci suona familiare, spalanca porte sconosciute per la comunicazione con persone diverse e lontane. Così la mia amica Irena subito l’aveva riconosciuta come ‘salvia’, chissà come si dirà volgarmente in polacco, non credo che sarei neppure in grado di pronunciare la parola.

E’ la prima pianta delle lamiaceae che pubblico nel nuovo blog. La famiglia veniva in precedenza chiamata labiate, perchè i fiori assomigliano a labbra che invitano la visita degli insetti impollinatori. La nomenclatura moderna preferisce denominare le famiglie con il nome di uno dei rappresentanti più significativi, in questo caso Lamium, o falsa ortica (14 marzo 2009). Le lamiaceae sono una famiglia molto numerosa nei nostri campi e prati e vi appartengono la maggior parte delle erbe aromatiche che si usano in cucina, dalla salvia, appunto, al timo (timo serpillo, 28 agosto 2008), maggiorana, origano, santoreggia (3 maggio 2008 e 22 ottobre 2008), passando per il basilico (15 agosto 2009), fino alla menta (9 agosto 2009).