Albero dei rosari

Albero dei rosari

Melia azedarach o albero dei rosari a Biribiri

Lo chiamano albero dei rosari, perchè i suoi semi, duri e tondi, con cinque costole in rilievo sul guscio legnoso, venivano utilizzati per fabbricare i rosari. I fiori primaverili sono disposti in infiorescenze a pannocchia e sono bianchi o leggermente violetti, circondati da un tubo staminale che ha il colore del lillà. I frutti sono piccole ciliegie biancastre, che alle nostre latitudini compaiono fra i mesi di maggio e giugno e maturano dopo la caduta delle foglie.  Eccolo, spoglio, ma imponente, nel piccolo centro di Biribiri (già rammentato in un post precedente), a pochi chilometri dalla città di Diamantina (Minas Gerais, Brasile), dove sono stata l’anno scorso e di cui ho già parlato.
Il borgo di Biribiri venne fondato da Don Giovanni Antonio dos Santos nel 1876 per insediarvi un’industria tessile. Nel periodo di maggior attività, la cittadina ospitava seicento dipendenti, un generatore di energia elettrica, magazzini, una scuola, una chiesa, un barbiere, un circolo ricreativo e un ristorante. La fabbrica fu dismessa nel 1972. L’insediamento, con i suoi edifici coloniali ben conservati, è oggi un’attrazione turistica mantenuta da un’associazione e fondazione locale. Secondo le mie amiche brasiliane, tuttavia, nella storia di Biribiri c’è qualche cosa di sospetto, perchè non è interamente comprensibile collocare un’industria tessile in un luogo così remoto, con tutte le spese che ciò comporta. Forse l’industria tessile era una copertura per qualche attività assai più redditizia, come la ricerca dell’oro nei vicini corsi d’acqua? Chissà… La fabbrica tessile di Biribiri varrebbe un’investigazione più approfondita.

Tornando all’albero dei rosari, il suo nome scientifico più antico era Arbor sancta, a testimonianza che si trattava di una pianta sacra. Il binomio Melia azedarach gli fu attribuito da Linneo, da Azedarach, nome originale persiano che significa albero nobile, e Melia, dal nome greco del frassino, perchè ha foglie simili a quelle del frassino, composte imparipennate (vedi qui). Nei suoi luoghi di origine, Asia, e di maggior diffusione, tutte le zone tropicali del globo, ha anche molti altri nomi, a seconda delle varietà, albero delle biglie, lillà della Persia, orgoglio dell’India, bacca cinese, albero ombrello e via dicendo. La corteccia, le foglie, ma soprattutto la polpa dei frutti sono tossiche. Tuttavia, da una pianta della stessa famiglia, genere Azadirachta, anche detta Neem, si estrae l’omonimo olio dalle interessanti proprietà antiparassitarie, ed anche per Melia è stato proposto un possibile simile utilizzo.

In Italia si trova come albero ornamentale negli angoli più impensati della città .