Ho appena terminato di leggere un libro molto divertente, Diario di Oaxaca, di Oliver Sacks. Questo eclettico neurologo era anche appassionato di chimica (Zio Tungsteno) e di botanica. In questo libro, racconta un breve viaggio nella regione di Oaxaca, in Messico meridionale, al seguito di un gruppo di singolari amatori delle felci, soci dell’American Fern Society. Questo territorio è uno dei più ricchi al mondo per la varietà di felci, ma nasconde molte altre curiosità e tesori che naturalmente l’insaziabile Oliver non si lascia sfuggire. Per esempio, nei pressi della città di Oaxaca, la capitale, sorge uno degli alberi più maestosi del mondo, l’albero di Tule, cipresso di Montezuma (Taxodium mucrunatum), secondo alcuni (ma non è confermato) l’albero più antico del mondo.
Ma tornando alle felci, piante solo apparentemente dimesse, esse sono in realtà esseri affascinanti. Sono fra le creature viventi più antiche sulla terra emersa e possiedono un sistema riproduttivo complesso e misterioso che non cessa mai di sorprendermi. Una volta si chiamavano crittogame, a significare ‘piante ad accoppiamento nascosto’, in contrasto con le piante cosidette ‘superiori’ (ma superiori a chi? queste scale di valori sono ridicole) che si chiamavano fanerogame, ad accoppiamento palese. Le felci mascondono i propri organi riproduttivi, quasi con pudore, addirittura si camuffano in altre spoglie per riprodursi. Che contrasto stringente con le piante più moderne, che viceversa ostentano, con spocchia quasi pacchiana, i loro organi riproduttivi nelle forme spesso sgargianti e fantasmagoriche dei fiori!
E’ la loro timidezza che Sacks e i suoi amici amano soprattutto delle felci, piante lievi e sommesse, che brillano di verde lucido anche in autunno.Così oggi ho deciso di riprendere due post del mio vecchio blog, rispettivamente del 9 e 12 novembre 2008. Ecco il primo, dedicato al Polipodio, o felce dolce.
“Da qualche giorno sto a curiosare su rocce e muri umidi (nel frattempo continua a piovere). E naturalmente ho rincontrato lui, una vecchia conoscenza. Quanti ricordi. Da bambini lo chiamavamo reganisso, credo una deformazione dialettale della parola liquirizia. Quando si riconoscevano le foglie sui muri umidi come questo, si tirava fuori la bianca radice, che è poi un rizoma, cioè un fusto sotterraneo, da cui si dipartono sottili radici marroncine. Il rizoma del polipodio è fibroso e dolce. Ripulito alla bell’e meglio della terra e della pellicola esterna, si succhia avidamente.
E’ un po’ amaro, ma sa irrimediabilmente di liquirizia. La liquirizia, quella vera, si ottiene dalla radice di una pianta delle leguminose che si chiama Glycyrrhiza glabra ed diffusa nel Mediterraneo orientale ed anche in Italia. Il polipodio é una felce, quindi una pianta molto differente dalla liquirizia, ma il suo rizoma contiene la sostanza glicirrizina, che é poi il principio attivo dell’estratto di liquirizia e quella che le conferisce il sapore caratteristico, dolce e aromatico. I rizomi, essicati, di polipodio a volte si trovano anche in vendita. Ma vuoi mettere l’emozione di tirar fuori la radice dal terreno e succhiarne l’umore, un po’ acre, stritolando fra i denti la scorza così terrestre, umida, coriacea, dolce. Quanti ricordi.”
E poi il secondo, dedicato al capelvenere, una delle felci più delicate e attraenti.
“Cresce copiosa sui muri umidi, coprendo con le sue morbide chiome, lunghe fino ad oltre mezzo metro, grondanti pareti di roccia. Le sue foglioline verde tenero sono molto decorative ed usate anche dai fiorai. Conosco un posto, non lontano da casa mia, dove è particolarmente abbondante e lussureggiante e lì l’ho fotografata domenica scorsa, durante un breve intervallo fra violenti scrosci di pioggia. Era coperte di gocce, ma asciutta. Perchè il capelvenere ama l’acqua, ma non si inzuppa, mai. Felce della famiglia delle Pteridaceae , deve il suo nome agli steli, neri e sottili come capelli (ma Venere non era bionda?), ma anche al fatto che dalle sue foglie si ricavava un infuso utile al benessere delle chiome. Ha altre proprietà e veniva usata per curare affezioni delle vie respiratorie. Contiene anche una misteriosa sostanza che aiuterebbe a guarire dal vizio del fumo e dell’alcool. Di più non so. Ho smesso di fumare diversi anni fa, e senza capelvenere. Penso però che le felci, come gli equiseti, siano tutte piante un po’ magiche, antiche e primitive possiedono virtù che si perdono nella notte dei tempi, di cui si è persa memoria e parole.”