Filipendula

Filipendula vulgaris

Filipendula vulgaris


 
Ho incontrato la filipendula e non l’ho neppure riconosciuta. E’ successo lo scorso giugno, sulla strada per Pratorondanino. Mi sono dovuta fermare vicino a un prato, un prato come solo possono essere i prati a giugno, inondato di colori. Ma se potevo riconoscere il blu dei geranei, e il giallo di qualche ginestrino o lotus dei campi, quell’esplosione di fiori bianchi che riempiva tutta quanta la scena, a quelli non sapevo dare un nome. Per vie traverse ci sono arrivata, dopo due mesi, ed era la filipendula vulgaris, stretta parente di quella filipendula ulmaria dalle straordinarie virtù medicinali.

Filipendula rubra

Filipendula rubra

La f. ulmaria, olmaria comune, si chiama anche spirea ulmaria, come già dicevo il 20 maggio 2010 e da quel nome, spirea, deriva la parola aspirina che i farmaceutici della Bayer inventarono per quel preparato di aceto acetilsalicilico che era destinato ad avere tanta fortuna per il benessere dell’uomo (effetti collaterali nonostante). Quindi non dal salice, ma dalla filipendula soprattutto deriva l’aspirina.

In Europa le specie di filipendula sono essenzialmente due, ulmaria, la pregiata medicina e vulgaris, parente più povera, chiamata olmaria peperina o erba peperina, salutare e commestibile, ma senza grandi pretese. Tutte e due hanno fiori incantevoli, che si aprono candidi da boccioli rosati, e a lungo fioriscono da maggio a luglio; e foglie composte, più frastagliate la vulgaris, più compatte e lanceolate la ulmaria (il suo nome suggerisce che le foglie assomiglino a quelle dell’olmo).

Originarie del Nord America sono invece le specie di filipendula più propriamente da giardino, come questa avvenente filipendula rubra, che ho fotografato in un vivaio in Pomerania (Polonia).

Rosa rugosa

rosa rugosa
Non è spontanea in Italia, anche se ampiamente coltivata, insieme alla sua sorellina, rosa muscosa, perché molto usata per preparare marmellate e sciroppi. E’ originaria dell’Estremo Oriente, precisamente la Manciuria (Nord della Cina) e ha fatto molta fortuna in Nord Europa, dove si è forse inselvatichita, ma certo continua ad essere coccolata da tutti. E’ una rosa selvatica bellissima, con molte piccole spine sul fusto e fiori semplici o doppi dolci e profumati. Qui cresceva rigogliosa poco distante da una spiaggia del Baltico, un vasto roseto tappezzante sul bordo di una strada di fango e sabbia. Lo sciroppo di rose è un prodotto tradizionale in Liguria. Ricordo una pianta di rosa muscosa, molto simile alla rugosa, ma più contorta, con spine ancora più fine e fitte sul fusto, che cresceva tranquilla in una fascia semi abbandonata nell’orto della mia casa in campagna (Bargagli, Genova). Lo sciroppo si può fare anche con la rosa gallica, che ha un aspetto più convenzionale e una tradizione mediterranea più antica. Di quest’ultima ho una pianta in giardino, lo sciroppo è comunque squisito.

Biancospino

crataegus monogyna
Non avevo ancora mostrato i fiori del biancospino (le bacche e le foglie si trovano nel vecchio blog, il 28 agosto 2008), il bianco manto dei boschi di primavera. Corro subito ai ripari, con questa pianta fotografata a Pratorondanino il 2 giugno scorso, contro un cielo di puro azzurro che in questi ultimi giorni si fa alquanto desiderare. Molto ci sarebbe da dire su questo splendido arbusto che cela fra le spine qualità magiche e una storia millenaria. Ma la maggior parte delle storie sul biancospino si trovano già su qualche altra pagina perchè la pianta è grandemente e giustamente famosa. E’ ancora più sorprendente per me scoprire quanta gente ne conosca in verità soltanto il nome.
I fiori del biancospino contengono principi attivi che tranquillizzano il cuore, quietano il nervosismo e l’ansia e aiutano a superare l’insonnia. Così nei manuali di fitoterapia, mentre nei testi di etnobotanica per questa pianta sono menzionati gli usi più svariati, da quelli medicinali contro i malanni più diversi, come ipertensione e raffreddore, a quelli piuttosto magici, come una cura della congiuntivite che consiste nel ‘segnare’ gli occhi del malato con le spine del biancospino in numero di dodici, come gli apostoli (da Camagni et al. Etnobotanica in Val di Vara, ed. Provincia della Spezia, 2009). Fra tutti, quello che garantisce una riuscita sicura è l’uso ornamentale di fiori e bacche, la cui sola vista è certo una piacevole medicina per lo spirito.

Spirea

Spirea spp
Invidio i miei vicini, per questa bella pianta che cresce nei loro giardini. Ce l’hanno tutti, pianta generosa e riccamente fiorita per tutta la primavera. Ne vorrei un cespuglio anch’io e prima o poi proverò a strapparne una radichetta o a farne una talea. Sono certa non sia complicato, perchè la pianta è semplice e sincera e non si fa troppo desiderare. Non sono certa della specie, perchè di spiree ne esistono diverse. La spirea selvatica delle nostre parti, il cui nome vero sarebbe Filipendula ulmaria, è pianta officinale di importanza storica. Dalle sue sommità fiorite venne isolato, alla fine del 1800, quell’acido acetilsalicilico dalle notevoli proprietà antipiretiche, antinfiammatorie e analgesiche, che dalla spirea prese il nome di aspirina. La spirea ulmaria (che confesso di non conoscere affatto) è molto meglio dell’aspirina, perché contiene anche sostanze protettive per la mucosa gastrica che eliminano i noiosi effetti collaterali dell’aspirina ai danni dello stomaco.
La specia di questa fotografia non è l’olmaria, ma soltanto una pianta ornamentale, forse S. japonica, più esotica ed attraente, ma molto molto meno magica.

Cotogno

cydonia vulgaris

 

Il cotogno è uno strano albero da frutto. E’ una specie di specie di incrocio fra un melo e un pero, ma non assomiglia a nessuno dei due. Anzi, fra i due assomiglierebbe più a un pero (cui spesso fa da portainnesto), però i suoi frutti si chiamano comunemente  ‘mele cotogne’. I fiori sono assai decorativi, con cinque larghi petali, rosa e bianchi. Non li ho visti quest’anno, e mi devo accontentare dei piccoli frutti in gestazione. I frutti maturi, profumatissimi, non sono veramente commestibili da crudi, ma sono la materia prima di una delle più buone marmellate che la cucina abbia inventato.

Fotografato a Palombara Sabina (Roma) –

Da oggi il blog inizia la migrazione verso questa nuova postazione. Per ora è ancora in costruzione, ma spero di arricchirlo ogni giorno. Grazie mille a quanti mi seguiranno anche in questa nuova avventura.