Le prime fioriture, così precoci e inaspettate, ma puntuali, arrivano nel giardino. Ho seminato questa violaciocca soltanto l’anno scorso ed è proprio la pianta di cui parlavo il 5 giugno 2009 e da cui ho preso qualche seme. Davvero non mi aspettavo che diventasse in poco tempo una pianta vasta e rigogliosa. Le violaciocche sono piante rinomate per i loro fiori eleganti e selvatici, precoci e sgargianti. Le varietà da vivaio hanno spesso fiori doppi, ma le piante native presentato soltanto corolle a quattro petali, come si conviene a una pianta della famiglia delle crucifere (brassicacee). Per adesso la mia pianta è un ampio cespuglio con moltissime foglie, di un aggraziato verde cinerino, lineari e vellutate. Ma solo foglie. Attendo, speranzosa, una fioritura abbondante, di cui questo timido e disordinato mazzetto dovrebbe essere l’avanguardia.
Sulle foglie pascolano greggi di cimici rossonere, pyrrhocoris apterus, abbastanza innocue. Almeno spero.
Ancora sotto la neve: orniello
La neve di domenica scorsa è durata poco e il tempo oggi sembra decisamente puntare verso la primavera. Ma è ancora troppo presto, meglio non farsi illusioni. Quest’anno poi, stando al calendario lunare la primavera dovrebbe essere tardiva essendo la luna di marzo ancora dentro l’inverno e la prima luna di primavera verso la fine di aprile.
Così aspetto ancora un poco a celebrare il sole e ancora indugio a contemplare l’inverno, nel paesaggio innevato di domenica scorsa, con il primo piano un orniello, ancora adorno dei grappoli delle sue samare ormai secche, e pesante di neve sui rami spogli.
Notte d’inverno
i rami degli alberi sono nudi, la foresta trema invasa dalla rigida luna,
dove vi celate ora? Mizuho Ota
(Giappone, 1876 – 1955)
Erica
La neve è durata poco, ma è bastata a trasformare per poche ore le cose.
Una parte del divertimento è cercare di riconoscere le piante sotto la maschera bianca. L’apparenza è ingannevole, anche se nel bosco vicino a casa non mi posso aspettare grandi sorprese.
Ecco l’erica arborea, o scopa di bosco, riconoscibile quasi soltanto dal tronco, contorto e screpolato. Le piccole foglie, tenacemente verdi (vedi 9 marzo 2009), ammantate e piegate sotto il peso. A ben guardare si scorge qualche resto delle capsule dei frutti.
Fioritura precoce: forsizia
E’ una delle prime a fiorire, con un carico grondante di fiori gialli sugli steli ancora privi di foglie.
Ma questa coraggiosa forsizia quest’anno è stata un po’ frettolosa e la neve dei giorni della merla l’ha colta all’improvviso, imbiancando le corolle che dovevano portare il colore del sole in questo amaro lungo giorno d’inverno.
L’orto sotto la neve: cavolo nero
Non temono la neve i cavoli neri, brassica olearacea o come leggo in questa interessante pagina, caulus acephala. Nell’orto spoglio e bianco spiccano le loro foglie, scure e attorcigliate, rustiche e gustose.
Camelie
La patria della camelie è il Giappone, da dove un padre gesuita (tanto per cambiare) le portò in Europa verso la metà del XVIII secolo. Questo prete, originario di Brno, città della Repubblica Ceca chiamata Brunn in tedesco, si chiamava Georg Joseph Kamel, e dal suo nome Linneo, sempre a caccia di idee per battezzare le piante, chiamò il fiore camelia. Georg Joseph Kamel dopo il suo ritorno nel 1738 aveva tenuto una conferenza alla Royal Society di Londra e in quell’occasione aveva venduto due arbusti di camelia a un Lord inglese, Lord Petre. Questi li portò nel suo castello di Thornden-Hall dove il suo giardiniere, ignaro del singolare carattere delle camelie, le sistemò nella serra, al caldo, facendole morire. E causando anche la morte del Lord che, si dice, ne ebbe il cuore spezzato. Il giardiniere però era un tipo tosto, e non si scoraggiò. Nel 1740 si dedicò ad istituire un vivaio di piante tutto suo, nel quale ripetè il tentativo: questa volta la camelia attecchì e divenne la capostipite di tutte le camelie d’Inghilterra.
Questa e molte altre affascinanti storielle ho letto in un libretto intitolato “Piccola storia dei fiori” di Gabriele Tergit, Sansoni, Firenze, 1962.
Ho parlato della mie camelie il 24 novembre 2008, il 20 dicembre 2009 e il 3 gennaio 2010, e di altre camelie il 16 febbraio 2009 e il 20 e 21 gennaio 2010 .
Ma questa è la prima foto della mia c.japonica che mostro sul blog. Insieme alla c.hiemalis Kanjiro ora sotto la neve, tutte e due, insieme in fiore.
Castagni sotto la neve
Puntuale ritorna la neve di gennaio. Quest’anno proprio a tempo con i famosi “giorni della merla”, gli ultimi tre giorni di gennaio, i tre giorni più freddi dell’anno. La leggenda è nota, ma mi piace ricordarla perchè l’ho imparata dalla mia maestra di scuola elementare, che si chiamava Eleonora Guerriero. Molto tempo fa, racconta la storia, i merli erano uccelli candidi come le colombe. Ma durante un inverno particolarmente rigido, il 29 di gennaio, una mamma merla con i suoi uccellini si rifugiò per riscaldarsi dentro la cappa di un camino. Vi rimase tre giorni, fino all’ultimo giorno di gennaio, e quando uscì era nera di fuliggine. E neri i merli rimasero per tutti gli anni a venire.
Mazzetto di maggio
Assopiti, ma vigili, gli alberi da frutto si preparano per il risveglio. Anche a gennaio crescono i mazzetti di maggio.
Le gemme si riconoscono dalla forma. Nelle drupacee, come il ciliegio dolce o Prunus avium (ovvero ciliegio degli uccelli), si riconoscono tipici rami a gemma detti dardi. Il dardo può avere una gemma apicale vegetativa e numerose gemme di contorno di carattere fiorifero; in questo caso, come nella foto, prende il nome di mazzetto di maggio.
Torrente Prino
Senza colore, l’inverno, senza fiori nè foglie, sul torrente Prino
(Dolcedo, entroterra di Imperia)