Felce

polypodium vulgare
Il sistema di riproduzione delle felci è abbastanza sorprendente. Come è noto si tratta di piante molto antiche, che appartengono alla classe delle crittogame, parola che significa ‘ad accopiamento nascosto’, contrapposta a fanerogame ‘ad accoppiamento palese’. Le felci si riproducono mediante spore, piccoli granelli contenute in capsule rotondeggianti nella parte inferiore delle foglie. Ma diversamente a quanto si potrebbe pensare, la spora non genera direttamente la nuova pianta; viceversa la spora dà origine, quando trova le condizioni adatte per germinare, a una lamina verde, il protallo, sorta di fogliolina microscopica a forma di cuore, umida e molliccia, che contiene i gameti femminili e maschili. Il protallo è ancorato al terreno mediante radichette filiformi. Sulla sua superficie umida, i gameti maschili nuotano verso quelli femminili fermi al loro posto. La cellula femminile, una volta fecondata, comincia a svilupparsi traendo nutrimento dal protallo e diventando a poco a poco sempre più indipendente. Mette radici e diventa una nuova felce. Questo complicato ciclo riproduttivo contiene già gli elementi tipici della riproduzione degli organismi superiori, mostrando come le felci siano piante antiche, ma già significativamente evolute.
Bellissimi gli sporangi, le capsule che contengono le spore, come grani d’oro in linee ordinate ed eleganti sotto le foglie.

Erba trinità

hepatica nobilis
Altre foglie bagnate, verdi e rossicce quelle dell’erba trinità (vedi 15 marzo 2009). Da queste foglie, affondate nell’umido sottobosco, si riconosce sia il nome comune, erba trinità in ragione dei tre lobi che la compongono, sia quello scientifico hepatica, perchè quel colore rossiccio e la forma globosa avrebbero l’aspetto (ah la fantasia dei tassonomi classici) di un fegato animale.

Peonia

paeonia
Pioggia, eccola puntuale, e neve sulle colline di fronte e forse in arrivo anche nel giardino. Contemplo la natura che mi posso permettere oltre una cortina di umidità solida e di gocce.

Più spettinato che mai il cespuglietto di foglie nuove della peonia erbacea (scompare completamente d’inverno, a differenza delle varietà arbustive che conservano i fusti nudi). Sono tutte rosse e proprio in mezzo a un mazzetto mi pare di intravedere un bocciolo. Piccolo piccolo si fa avanti quel miracolo che è il fiore della peonia.
Averlo scoperto mi pare di buon auspicio, l’anno scorso non ce ne ha dato nessuno. Voglio essere indulgente con lei, certo era ancora giovane, e riconoscente perchè oggi ci regala almeno la speranza.

Alisso

alyssum saxatile
E’ fiorito anche l’alisso, qualche timido capolino giallo sui cuscinetti di foglie grigio verdi che già tappezzano l’aiuola. Non hanno paura di nulla e splendono nell’aria un poco più calda di una giornata di timido sole.
La terra è ancora bagnata, a tratti fradicia, ma le cipolline ‘vive’ sono finalmente sistemate al loro posto.
E’ una corsa contro il tempo, perchè domani si prevede altra pioggia.

Di alisso si parla anche il 28 ottobre 2008 .

Aquilegia

aquilegia vulgaris
Rieccomi. La stagione sta lentamente e faticosamente trascinandosi verso la fine dell’inverno; ma si sa quanto il vecchio sia famoso per i suoi colpi di coda.
Leggo in un post nel mitico actaplantarum ‘non c’è, per ora, molto da vedere e da fotografare”.
Che tristezza! Pioggia, nebbia, e vento fanno ancora da padroni e lasciano davvero poco spazio per i pur necessari lavori agricoli. Non sono ancora riuscita a piantare i bulbilli e neppure a mettere a dimora le cipolline già germogliate (Luca le chiama ‘vive’, come se le altre fossero morte …). Ma la buona stagione avanza, in sordina, senza clamori e stendardi. Si fa annunciare ovunque dai suoi timidi, ma inequivocabili, segnali. Violette e primule fiorite e germogli coraggiosi dappertutto. L’aquilegia seminata due anni fa e scomparsa completamente fra novembre e gennaio, è ormai un gruppo di rotondi cespuglietti, umidi e stropicciati, ma impavidi e saldi. Il nome di questo fiore significa ‘che porta acqua’ perchè le sue corolle hanno una elaborata forma a tazza o bicchiere. Ma per ora sono le foglie che accolgono le gocce e si comportano davvero come ‘aquilegie’.

Per l’aquilegia di bosco, vedi 2 giugno 2008.

Fitolacca dioica (frutti)

Fitolacca dioica

Phytolacca dioica

Alberi decorativo per vocazione (vedi post del 31 luglio 2010), le fitolacche di corso Italia hanno perduto quasi tutte le foglie. Sono invece cariche di curiose pannocchie giallastre, i frutti, che le fanno apparire come vasti alberi della cuccagna. La forma dei frutti ricorda la stretta parentela con quella Phytolacca americana, detta anche uva turca, erba da strada ed infestante esotica dei nostri giardini.

Fitolacca dioica

Phytolacca dioica

Fitolacca dioica

Phytolacca dioica

 

 

Gemme del pesco

prunus persica
Tonde, già rosate, le gemme a fiore del piccolo pesco irrompono sul ramo sottile. Dovrebbe essere un brindillo, rametto di un anno che, nelle drupacee come il pesco, porta una gemma vegetativa da legno in punta e numerose gemme a fiore lungo il dorso. Nelle pomacee, invece, come meli e peri, il brindillo porta una gemma da fiore apicale e gemme da foglia nella lunghezza. In questo piccolo ramo è visibile anche la piccola gemma appuntita di una foglia, ultima a sinistra, mentre quella apicale, sempre da foglia, è fuori della foto. Coraggio piccolo pesco, so che la strada sarà lunga, prima di arrivare alle dolcissime drupe, succose e vellutate.