Neve

inverno

 

 

 

Tra i rami aggrovigliati della nuda
selva, dall’aria grigia scende bianca
la prima neve , e cade, e cade.
Come è ammutito il mondo! Non c’è fogliia
che frusci, non uccello sulle rame,
soltanto bianco e grigio, e pace, pace.

Anche il viandante che per variopinti
mesi passò col canto o col liuto
è ammutolito e stanco di gioire,
stanco di camminar, stanco di canti.
Rabbrividisce, e dalle fredde altezze
grige lo investe il sonno, e piano cade,
cade la neve …

Hermann Hesse — traduz. Ervino Pocar

 

 

 

Inverno a Rosastella

Eugenia

eugenia myrtifolia

 

 

C’è un albero dentro di me
trapiantato dal sole
le sue foglie oscillano come pesci di fuoco
le sue foglie cantano come usignoli
Nazim Hikmet – mosca 1956

 

 

E’ una myrtacea, ma può diventare un albero imponente. Una sua stretta parente, eugenia caryophyllata, è la pianta da cui si raccolgono i chiodi di garofano, che non sono altro che i boccioli essicati.

Novità sull’albero bottiglia

brachychiton populneus
Ho faticato un poco, ma ho scovato l’identità anche di questa pianta, fotografata (a destra) nel dicembre dell’anno scorso ai parchi di Nervi (Genova) e archiviata per mesi come sconosciuta. Avevo fotografato la stessa pianta a villa Hanbury diversi anni fa, ma allora era estate e la pianta era in fiore (foto qui sotto).brachychiton populneusD’inverno invece rimangono soltanto le foglie, luminose e allungate, la liscia e bianca corteccia e qualche sporadica noce, a forma di grosso bacello legnoso, ritrovata per terra, per aiutarmi a identificarlo. Le foglie di quest’albero sono un vero rompicapo: il nome suggerirebbe che assomigliano a quelle del pioppo, il che è talvolta vero, talvolta hanno la forma di triangolo romboide come quelle del pioppo; ma sono anche oblunghe e curiosamente appuntite, e persino lobate. Non per niente quest’albero si chiama anche (e per certe fonti è questo il suo vero nome) sterculia diversifolia, tanto per non confonderlo con un pioppo.
brachychiton populneusGli alberi del genere brachychiton, famiglia sterculiaceae, vengono da lontano, tutti quanti dall’Australia e sono volgarmente conosciuti con il nome americano di ‘alberi bottiglia’. Uno dei più appariscenti è il brachychiton discolor (16 settembre 2008), con i suoi incredibili fiori a campanula. Però non sono questi fiori, come avevo erroneamente fantasticato nel mio post precedente, che hanno meritato all’albero il soprannome di bottiglia. Questo nome singolare viene dal fatto che il tronco tende ad allargarsi alla base, a farsi panciuto come un fiasco, diventando una vera riserva d’acqua nel torrido clima australiano. Ma brachychiton non è il solo albero bottiglia, perchè altri alberi che hanno questa proprietà hanno meritato lo stesso soprannome, come chorisia speciosa (9 gennaio 2010) e adansonia digitata, un’altra bombacacea. Il che dimostra una volta di più che i nomi comuni di alberi e piante sono spesso superficiali e ingannevoli.
Le sterculiaceae sono una famiglia di piante esotiche, sconosciute nei nostri paesi; ma non poi così lontane dal nostro abituale sentire visto che uno degli esponenti più illustri della famiglia è il theobroma cacao, il cacao o cibo degli dei. Le rozze noci del brachychiton hanno invero una certa somiglianza con quelle del theobroma, specie quando sono appena schiuse, con i semi aggruppati in rigide file.

Pino di Torrey

Pinus torreyana
Un’altra conifera, molto rara, endemica proprio dell’area di San Diego, e in particolare della riserva statale Torrey Pines, a nord della città, e dell’isola Santa Rosa, nell’arcipelago delle Channel Islands, al largo della California del Sud. Specie a rischio e protetta, i pini di Torrey di Point Loma sono stati piantati intorno a 1930, e prosperano felici da allora, mentre qualche piccolo germoglio sta già crescendo ai loro piedi. Nessuno però sa con certezza se questa specie sia nativa di questa zona. Quando il clima era più freddo, cioè da 35 a 50 milioni di anni fa, questo pino era assai diffuso in tutto il territorio degli Stati Uniti sud-occidentali, rendendo la determinazione della vera zona di origine assai difficoltosa.

Cipresso di Monterey

cupressuss macrocarpa
Monterey è un nome che evoca l’atmosfera dei romanzi di Steinbeck, delle scanzonate avventure di quel manipolo di discendenti dei conquistadores spagnoli, Danny e i suoi amici, che vivono nelle baracche di Pian della Tortilla, ai margini della città di Monterey. Impossibile per me resistere al fascino di Steinbeck e della sua meravigliosa prosa. Così ho provato un’istintiva simpatia per questo cipresso, detto volgarmente di Monterey, e tecnicamente macrocarpa, cioè dai grossi frutti, incontrato ancora sul promontorio di Point Loma a San Diego.
Questa specie è endemica di un’area molto ristretta, appunto le scogliere della baia di Monterey, 200 km a sud di San Francisco, una magnifica costa baciata dal sole e dal vento del Pacifico, molto molto più a Nord di San Diego. Alberi snelli e sinuosi, di media altezza e crescita veloce, così rari in natura, sono stati importati un po’ dappertutto come essenze ornamentali, e in primo luogo certo sulle coste della California. Amano il mare e non sopravvivono a lungo lontano dalle costa. Questo ed altri esemplari presenti a Point Loma sono però ormai vecchiotti, e, prossimi alla morte, vengono lentamente rimpiazzati con alberi nativi della zona.

Betulla laciniata

Betulla laciniata

Betulla pendula ‘laciniata’
quartiere di Albaro, Genova

(Betulla svedese o varietà Dalecarlica)

 

“Un’altra estate ci lascia, sollecita
muore in un tardo temporale,
scroscia la pioggia paziente, negli umidi
boschi c’é un odore angoscioso e amaro.”

(Herman Hesse, 1947)