Hyacinthus orientalis in giardino
Il magnifico, e perfido, giacinto è una pianta celebre e celebrata. La sua fioritura, breve ed intensa, si esaurisce però fra la fine di marzo e la prima settimana di aprile. E poi non resta nulla. Come per molte altre bulbose, compresi gli affascinanti tulipani, bisogna farsene una ragione. Torneranno all’inizio della prossima primavera, meraviglie attese eppure sempre inaspettate.
Anche nel mio giardino da qualche tempo ho i miei giacinti, che si sono moltiplicati generosamente negli anni. E anche diversi suoi parenti, pseudogiacinti li chiamerei, detti anche scille o campanelle. Sono fiori appartenenti al genere Hyacinthoides, così chiamato da Linneo proprio per accomunarlo e distinguerlo dal giacinto della mitologia. Nella sua successiva storia botanica, questa pianta ha avuto altri nomi, è stata inserita nel genere Scilla e poi Endymion, prima di ritornare defintivamente nel genere originale, dove è rimasta. Si tratta di neofite naturalizzate, coltivate nei giardini e poi sfuggite alla coltivazione. Gli inglesi le chiamano ‘bluebell’, campanella azzurra, ma campanule in realtà non sono, bensì ex Liliaceae ora Asparagaceae.
Nel mio giardino cresce e fiorisce ogni aprile Hyacinthoides hispanica, campanula spagnola, che qualche tempo fa avevo incontrato nel magico giardino di villa d’Este a Tivoli e presentato come Scilla campanulata. Viene dalla Polonia, da dove ho portato in regalo una manciata di bulbi. Non è soltanto blu, ma anche rosa, quest’ultima più piccola ed esile, ma ugualmente graziosa. La fioritura di queste piante si protrae per tutto aprile e lasciando i bulbi a dimora per tutto l’anno senza disturbarli, sarà, nella primavera successiva, sempre più abbondante.
Hyacinthoides hispanica blu
Hyacinthoides hispanica rosa
Quest’anno il mese di aprile è stato limpido e colorato, ma l’emergenza sanitaria ci ha rinchiuso entro i confini di casa. O poco più. Nel giardino accanto, un tempo paradiso naturale amorevolmente accudito dai proprietari, ora abbandonato a se stesso da qualche anno, ho scoperto, durante l’ora d’aria, fioriture strabilianti. Nascosto sotto un cespuglio di Deutzia crenata scopro il parente semi selvatico delle bluebell da giardino, Hyacinthoides non-scripta, non descritta, forse non menzionata nei trattati. E’ di dimensioni ridotte, azzurro pallido, rosa lilla e bianca. Pochi giorni dopo eccola anche il mio giardino, dove la incontro nel terrapieno di fronte a casa, in mezzo ai tubi d’acciaio che gli operai hanno abbandonato disordinatamente durante i lavori di ristrutturazione. E poi tardiva, nell’aioula fronte strada, campanelle bianche, smarrite ma spavalde, microscopiche e fiere.
Ho sempre pensato che il giacinto fosse una pianta molto velenosa, ed effettivamente varie fonti lo confermano. Tutta la pianta, e soprattutto il bulbo, contiene alcaloidi che possono provocare seri disturbi, mentre il contatto con le foglie può causare dermatiti e reazioni allergiche, tanto che è consigliato maneggiarlo con i guanti. Hyacinthoides poi contiene vari agenti velenosi che provocano effetti simili a quelli causati dalla Digitalis. Ma le piante tossiche sono medicine e nella farmacopea britannica il giacintoide veniva usata, a dosi controllate, come espettorante, nelle affezioni delle vie respiratorie e per il riassorbimento di essudati. Il giacinto è pianta storica, anzi mitologica, e il suo nome è di origine cretese, adottato dai Greci quando nel II millennio aC invasero l’Egeo, e con le omonime Brimeuria e Bellevaria rivestì importanza alimentare fra i popoli primitivi. Così leggo nell’importante compendi di Sandri Pignatti a propositi delle tre specie note come giacinti.
Hyacinthoides non-scripta
nel giardino vicino
Hyacinthoides non-scripta
Hyacinthoides non-scripta
in fondo al giardino