Aceri

Gli aceri ornamentali sono una categoria di alberi molto originali. Da qualche tempo frequento un gruppo di facebook che si chiama Maples, cioè aceri, e ho modo di ammirare immagini di un’incredibile varietà di esemplari, con foglie ricamate e colorate e disamare splendenti.

Aceri Acer palmatum

Acer palmatum

Aceri Acer palmatum Thun.

Acer palmatum Thun.

Una gran parte di questi aceri appartengono alla specie Acer palmatum (vedi 9 dicembre 2008), uno degli aceri giapponesi più conosciuti; ma ibridi e cultivar sono veramente un bosco tutto loro.
Due ne mostro oggi per ricordare la bellezza degli aceri, quasi in ogni stagione. Le foglie non ancora compleatmente aperte, negli ultimi giorni di marzo, la cultivar della foto a sinistra campeggiava in grandi vasi sulla piazza del duomo di Asti.

Bello da togliere il fiato, foglie grigioverdi finemente laciniate, rossicce disamare splendenti, l’acero della foto di destra era in mostra ad Euroflora, ai parchi di Nervi, maggio 2018.

Ho amato moltissimo quest’esposizione, anche se ha avuto indubbiamente un impatto pesante sui giardini e non è stata molto apprezzata da alcuni visitatori.  Invece a me è piaciuto il tentativo di riportare una mostra floreale nell’unico posto in cui è giusto che stia, all’aperto, in un parco e non nel chiuso dei padiglioni di una fiera. Non ho avuto il tempo, l’anno scorso, di postare molte immagini su questo blog, ma non è detto che non lo farò in futuro e in ogni caso spero che l’esperienza sarà ripetuta.

Clivia miniata

Clivia miniata

Clivia miniata

Clivia miniata
frutti

Questa stupenda fioritura di Clivia miniata l’ho incontrata nel gradevole parco di villa Vicini a Zoagli.  Si tratta di un edificio dei primi anni del ‘900 donata al comune dall’ultimo erede della famiglia e circondata da un piccolo parco lussureggiante che sovrasta la ferrovia e più oltre la spiaggia.

In maggio la clivia è fiorita, ma ha già maturato grappoli di rossi frutti. Non è una pianta difficile o ricercata. Di provenienza sudafricana, si è ambientata bene nei giardini italiani.  Parente dell’amarillide, non ha bulbo, ma radici carnose. Spesso ho raccolto i semi, ma sempre dimentico di metterli a dimora.

Cibotium regale, felce messicana

Felce messicana

Cibotium regale
Felce messicana

 

Le felci, queste sconosciute, mitiche piante preistoriche, dal complicato e criptico sistema riproduttivo. Lussureggianti ed eteree, eleganti e scapigliate, raffinate protagoniste di giardini esclusivi ed erbacce disprezzate che colonizzano gli incolti.

Il Cibotium è una felce delle foreste pluviali, C.regale originario degli altipiani del Messico e presente in tutte l’America centrale. Ha un nobile portamento e ampie fronde ricadenti con sfumature verde bluastre. Come tutte le felci, la sua  storia è remota e affascinante, e i reperti fossili indicano che il genere era presente nella flore boreotropicale in Europa, Nord America e Asia occidentale. Qui l’ho incontrata all’Euroflora di Nervi, 2018.

Una sua stretta parente, Cibotium barometz, diffusa in Cina e Malesia, ha qualità farmaceutiche e viene utilizzata nella medicina cinese e malese.

Margherita delle Canarie

Margherita delle Canarie

Argyranthemum frutescens

La margherita delle Canarie,  Argyranthemum frutescens,  si è ormai naturalizzata in Italia, secondo questo sito in Liguria e tutto il sud , isole comprese, mentre secondo Actaplantarum è alloctona casuale in Toscana, Sardegna e Abruzzo.
E’ una specie ornamentale importante, diffusa un po’  in tutto il mondo, e conosciuta in glese come “Paris daisy”, che vuol dire margherita di Parigi, oppure come Marguerite, forse il nome comune che le viene dato alle Canarie.  La più comune ha i classici fiori bianchi, ma esistono altre varietà a fiori rosa o gialli.

Se si è diffusa in Liguria, allo stato selvatico intendo, lo deve certamente alla coltivazione intensiva nei vivai della riviera di Ponente, dove ne vengono cresciuti decine di milioni di esemplari all’anno per esportazione.

Chrysocephalum, pianta da tetti

Chrysocephalum apiculatum

Chrysocephalum apiculatum

Semprevivo oppure oro del deserto sono alcuni dei nomi con cui, prevalentemente in inglese, è conosciuta quest’asteracea australiana che ha conquistato anche i vivai del nostro continente. Pianta di vivace e caldo colore e agevolmente resistente alla penuria di acqua, è protagonista dei giardini pensili urbani.  Non è facile adattare piante e fiori alle condizioni proibitive del cemento e delle assolate intemperie delle nuove estati da cambiamenti climatici.  Soprattutto è difficile perchè vogliamo che queste piante siano sempre attraenti, un po’ come bambole di porcellana sballottate nel traffico cittadino.
Il Chrysocephalum, il cui nome non brilla in  fantasia dato che significa semplicemente ‘testa dorata’, pare abbia prestazioni eccellenti come pianta da tetti metropolitani più o meno ripidi(1).
Incontrata di nuovo all’Euroflora 2019 di Nervi (Genova), è solare e la ammiro. Senza amarla troppo, perchè il mio cuore va alle piante selvagge e vagabonde,  senza padroni e senza gloria. La ammiro e  non la invidio, come una cortigiana profumatamente ricompensata per rimanere sempre lucida e perfetta e sempre estranea a se stessa.

(1)Razzaghmanesh et al. Developing resilient green roofs in a dry climate in Science of The Total Environment (2014) 490:579-589 https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2014.05.040

Justicia adhatoda, un’altra straordinaria acantacea

Justicia adhatoda

Justicia adhatoda

 

Sempre all’esposizione di Euroflora del maggio 2018, incontro un’altra straordinaria Justicia,  Acanthacea di un genere che ho già avuto occcasione di mostrare qui e anche qui.

E’ un bell’albero sempreverde di medie dimensioni, con grandi fiori bianchi.  Può essere coltivata come ornamentale, ma principalmente è nota come pianta medicinale. Originaria dell’Asia, dove cresce in abbondanza in Nepal, India e certe regioni del Pakistan, oltre che nel Sud Est asiatico.  In sanscrito si chiama vasaka.  E’ impiegata nella medicina Ayurvedica, come calmante della tosse, protettore cardiovascolare,  antinfiammatorio e anche come abortivo.  Inoltre contiene alcaloidi affini a quelli del te, la vasicina simile alla teofillina, e altri  principi attivi con proprietà antibatteriche e antitumorali.  Proprietà riconosciute anche da diversi studi scientifici, insomma una pianta da tenere in considerazione.

 

 

 

Lobelia

Lobelia

Lobelia erinus

Lobelia

Lobelia erinus  “Palazzo di cristallo”

Lobelia erinus, una pianta della famiglia delle Campanulaceae originaria dell’Africa subequatoriale, dai fiori minuti, ma appariscenti e molto colorati, blu, viola o rosa intenso.  Il nome è un omaggio al botanico belga Matthias de Lobel.  E’ una pianta perenne, ma alcune varietà vengono coltivate come annuali, ad esempio la famosa “Crystal palace”, o palazzo di cristallo.  Ho già mostrato questa pianta qualche anno fa (25 giugno 2011), ma quell’esemplare non aveva avuto discendenza.

L’ho seminata nuovamente l’anno scorso e questa volta è riuscita  soprendentemente a sopravvivere in un vaso all’aperto, grazie alla mitezza dell’inverno appena trascorso, e quest’anno mi ha regalato una fioritura blu molto più copiosa della prima.

La pianta della foto a sinistra, invece, faceva bella mostra di sè durante Euroflora 2018, ai parchi di Nervi.

Ginestra tubercolosa

Ginestra tubercolosa

Genista pilosa
Ginestra tubercolosa

Che pasticcio, le ginestre!  Ci sono decine di generi diversi, e non oso neppure immaginare quante specie, che sfoggiano le meravigliose farfalle gialle della primavera. Ginestra, sparzio, ginestrino, loto, anche i nomi comuni si sprecano. In questo caso siamo fortunati, si tratta di una Genista,  il nome latino da cui deriva il nostro ginestra. Ma quale? teniamoci forte, in italia esistono più di quaranta specie di Genista, anche se alcune sono molto più comuni di altre e alcune decisamente endemiche regionali.

Perchè questa si chiami G.pilosa può forse essere collegato con la pelosità di foglie e steli, caratteristica peraltro non troppo pronunciata.  Ma da che derivi il suo nome comune, ginestra tubercolosa, è davvero difficile capirlo, perchè tubercoli non ne riesco a vedere.  Belle le sue farfalle gialle, che si aprono con grazia particolare, come pendagli dorati.

Ecco le altre ‘ginestre’ che ho descritto in passato in questo blog:

Ginestra maggiore,  Spartium Junceum – 27 maggio 2008  e  Via delle Ginestre
Ginestra minore, Genista tinctoria 1 giugno 2008
Ginestra spinosa, Genista germanica –  25 maggio 2010
Ginestrino, Lotus corniculatus26 luglio 2011
Ginestrino delle scogliere,  Lotus cytisoides15 aprile 2010

ma anche …

Ginestrella, Osyris alba22 agosto 2018
Ginestrino purpureo,  Tetragonolobus purpureo7 aprile 2010

.. e chissà quante altre ancora

Staphylea pinnata

Staphylea pinnata

Staphylea pinnata

Una pianta abbastanza misteriosa, che credevo esotica e scopro indigena. Come le piante degli ultimi giorni l’avevo incontrata diversi anni fa, verso la fine di aprile, già un po’ sfiorita, lungo il sentiero che costeggia il lago di Albano, scrigno di naturale bellezza e natura rigogliosa, al limitare del bosco di latifoglie. Ha nomi comuni bizzarri, come falso pistacchio e lacrime di Giobbe, quest’arbusto, quasi alberello che si veste di groppi di fiori bianchi. Dal greco  σταφυλη, grappolo, deriva proprio il suo nome, pinnata a causa delle foglie.

Staphylea pinnata

Staphylea pinnata

Unica rappresentante europea del suo genere, famiglia delle Staphyleaceae, vanta parenti in Asia e America, rinomate come essenze officinali. Anche S.pinnata ha le stesse proprietà antiossidanti, e potenzialmente antitumorali, a causa dei polifenoli di cui è ricca.  Ma è pianta rara e più frequentemente impiegata come essenza forestale e ornamentale.

 

Cicerchia veneta

Cicerchia veneta

Lathyrus venetus
Cicerchia veneta

Fotografata ormai quasi sfiorita a fine aprile sul lago di Castel Gandolfo, meglio conosciuto come lago di Albano, la cicerchia veneta, Lathyrus venetus, deve essere stata così chiamata perchè presente soprattutto nella regione del Veneto. Tuttavia mentre è diffusa in tutte le regioni italiane, con la sola esclusione di val d’Aosta e Sardegna,  in Veneto è classificata come ‘non più ritrovata’, cioè si è estinta proprio nella regione di origine.  Singolare destino per una pianta di rustica bellezza, che cresce nei boschi ricchi di sostanza organica, e che seppure non ha usi noti, sfoggia un nome di antica origine che designava una pianta non identificata da cui si estraeva una sostanza definita genericamanete come ‘eccitante’.

La cicerchia o latiro (vedi anche 28 maggio 2008) designa effettivamente una sorta di pisello edibile che però contiene una sostanza neurotossica. Siccome molte specie di questo genere crescono nei campi di vari continenti anche in condizioni di relativa siccità, capitava, e potrebbe ancora capitare, che in carestia le cicerchie fossero consumate in abbondanza, come quasi esclusiva risorsa alimentare(1).  L’assunzione in grande quantità favorisce il manifestarsi in una piccola percentuale di consumatori di una grave patologia neurologica, che porta alla paralisi. La neurotossina responsabile è l’acido ossalildiamminopropionico (ODAP), che assomiglia al neurotrasmettitore eccitatorio glutammato, e per questo inganna i recettori specifici, paralizzando i motoneuroni. Questa patologia, il latirismo appunto, è, come tutte quelle che riguardano soprattuto i poveri, poco studiata. In fondo è facilmente evitabile, basta non avere fame quando non c’è niente da mangiare tranne che le cicerchie.

(1)Singh &  Rao  Lessons from neurolathyrism: a disease of the past & the future of Lathyrus sativus (Khesari dal) Indian J Med Res. 2013;138:32–37.