Le begonie non sono una sola pianta, ma una famiglia molto vasta di piante tropicali, che amano un’umidità leggera e ombrosa, e sfoggiano fiori e foglie carnosetti e colorati. Non saprei dire se ami molto le begonie. Le riconosco impacciate e non pienamente a loro agio nei nostri climi, incomprese certo, piccoli soprammobili da balcone che possono sopravvivere molti anni o disfarsi in una breve stagione senza aver espresso quasi nulla. Davvero, non posso dire di amare le begonie, ma mi attirano i loro particolari. Queste foglie soffuse di miriadi di bollicine, che formano arabeschi limpidi e raffinati. La Begonia masoniana appartiene alla categoria delle begonie con radice rizomatosa, cioè dotato di fusto strisciante sotterraneo da cui si dipartono da una parte il fusto e dall’altra le radici. Queste begonie hanno fiori piccoli, non particolarmente appariscenti, ma sono ricercate per le loro foglie di forme e colori molto decorativi.
Questa è stata fotografata nelle serre dell’orto botanico di Genova, molte crescono quasi felici nelle fontane di nobili giardini, come questa, nel ninfeo di palazzo Nicolosio Lomellino in via Garibaldi.
Ancora una salvia
Non lontano da casa mia, a Genova, in corso Dogali, c’è l’orto botanico, una specie di piccola succursale dei giardini di villa Hanbury, anch’essi di proprietà dell’Università di Genova. Così non occorre andare tanto lontano per trovare specie esotiche e ricercate. Per trovare altre salvie, oltre a quelle di ieri, come questa salvia scarlatta che viene dal Messico. In inglese si chiama salvia autunnale, ma fiorisce anche d’estate e ne esistono cultivar molto diverse per forma e colore. Il nome greggii le viene da J. Gregg, un coltivatore e collezionista che la fece conoscere al botanico che per primo la descrisse.
Salvie
Ho visitato diversi giardini botanici recentemente e sempre incontravo un numero esagerato di specie diverse di salvia, genere che comprende molte e svariate piante aromatiche e ornamentali. Anche a Murabilia, mostra mercato sulle mura di Lucca, c’erano in mostra decine di salvie tutte diverse, a perdita d’occhio.
La più celebre è la Salvia officinalis, odorosa e ridondante nel mio giardino. Ovunque la metto, cresce a dismisura; e forse perchè è così comune, ovvia, banale, non l’ho neppure mai menzionata su questo blog. Colmerò presto la lacuna, ma quando mi sorpenderà con le sue scoppiettanti fioriture. Ci sono poi le specie selvatiche, e le più diffuse da noi sono Salvia pratensis, dalla fioritura primaverile viola intenso, e Salvia glutinosa (28 luglio 2009), ancora in fiore in questo periodo. Ha grandi fiori gialli, finemente disegnati e quasi maestosi; ma meglio guardare e non toccare, perchè appicica da morire.
Fra le varietà da giardino un po’ più ricercate, ho tentato di coltivare Salvia elegans (31 agosto 2008), superba con i suoi fiori rossi, chiamata volgarmente salvia ananas per l’aroma esotico che sprigionano le foglie, indicato per insaporire una macedonia. Ma l’ultimo inverno le è stato fatale e non è più rinata.
Ho visitato molti giardini, dicevo, in Polonia e in Italia, con la mia amica Irena, venuta a ricambiare la mia visita del luglio scorso. Irena vorrebbe far collezione di salvie e ne cercava avidamente i semi (che tuttavia sempre ci sfuggivano, troppo presto o troppo tardi per la raccolta), e mi ha comunicato un po’ della sua passione per queste piante così semplici e raffinate, uniche e tanto diverse. Ecco la purpurea Salvia miniata, qui fotografata nei giardini di villa Hanbury a fine agosto; ma che ho ritrovato nel orto botanico di Genova, visitato qualche giorno fa, insieme a questa strordinaria Salvia guaranitica, dai fiori tubulari blu viola profondo. Viene dal Sud America e gli inglesi la chiamano ‘salvia al profumo di anice’, ‘salvia zaffiro’ o ‘salvia dei colibrì.
Solidago maggiore
Oggi è il primo giorno d’autunno, o magari val bene chiamarlo l’ultimo dell’estate; e il blog riprende, spero con l’abituale assiduità. Anzi, vorrei persino recuperare il tempo perduto e riempire tutti questi giorni di settembre che ho lasciato vuoti, perchè tante sono le piante meravigliose che ho osservato in questo scampolo di bella stagione. Estate che si allontana, ora nel bagliore e nella rabbia di temporali selvaggi, ora con la grazia di una brezza del mattinoappena appena più fresca. Intermittente il sole, ma sempre caldissimo. Ancora brillano ai margini delle strade le fioriture gialle delle inule (inula viscosa, 28 settembre 2008) e delle solidago, la varietà europea, solidago virgaurea (28 agosto 2009) e le varietà esotiche, importate per lo più dal Nord America come piante ornamentali, molto diffuse nei giardini per la loro fioritura prolungata e generosa. Le specie sono solidago candiensis e solidago gigantea, quest’ultima chiamata solidago maggiore perchè si slancia fino a 2 metri in altezza. A questa specie ho assegnato la pianta della foto, anche se non ne ho la completa certezza. Le due specie si distinguono per la pelosità del fusto (la gigantea è glabra, come mi pare quella della foto) e per altri caratteri diacritici che mi appassionano, ma preferisco qui lasciare agli specialisti (per gli interessati suggerisco di leggere la discussione nel forum di actaplantarum).
Pianta fotografata durante un breve passeggiata nei pressi di casa, nel giardino di qualche vicino, Genova Fontanegli.
Plumeria
La plumeria, che ci chiama anche pomelia o frangipane, è una stupenda pianta tropicale dalla raffinata fioritura. Arrivata in Europa già nel 1700, si è acclimata assai bene in Sicilia, dove è molto diffusa come pianta ornamentale. Proprio in Sicilia l’ho vista per la prima volta sulle colline dietro Messina, nel giardino di una signora, parente di un’amica, che ci aveva invitato a cena. Ne sono rimasta subito affascinata e ne ho anche pubblicato una foto su una mia pagina web. Ricordo che a seguito di ciò, ricevetti un messaggio da un visitatore che mi chiedeva informazioni sulla plumeria. In particolare, mi disse di essere contrariato dal fatto che la pianta si rifiutasse di fiorire. Sul suo balcone, ad Assisi. Non credo ci fosse nulla da stupirsi che una pianta tropicale non si trovasse particolarmente a suo agio in un clima che non è precisamente quello … della Sicilia. E l’episodio mi fa pensare a quanto incomprese sono talvolta le piante, a quanto la gente si aspetti da loro che sempre si adattino all’esigenze umane, si mostrino condiscendenti ai nostri voleri e desideri. Certo, gli uomini molto hanno fatto per addomesticare le piante e molto hanno carpito dei loro segreti. Talvolta però è giusto rispettare tempi e modi di un essere vivente, che è nato ai tropici e che di certe esisgenze climatiche davvero non può fare a meno.
Questa plumeria è una cultivar proveniente dalle isole Canarie, fotografata in occasione di una mostra tematica all’orto botanico di Lucca. Si tratta di una varietà a tre colori dal profumo di rosa. I petali sono bianchi con striatura rosa e il centro giallo. Esiste anche una specie naturale a tre colori, plumeria rubra f. tricolor.
Sicomoro
Il sicomoro propriamente detto è un albero simile al fico (Ficus carica, 9 agosto 2008) che cresce in Africa e in Medio Oriente, e per questo citato spesso nel Vangelo. E’ un grande fico che cresce infiorescenze carnose dette siconi, erroneamente viste come frutti. Anche se il sicomoro non è originario della California, di un sicomoro parla J. Steinbeck, uno dei miei scrittori preferiti, nel romanzo breve Junius Maltby, per me un piccolo capolavoro. Il protagonista di questo romanzo sedeva con i figlio sul vasto tronco dell’albero, con i piedi penzoloni nello stagno, leggendo romanzi e lasciando così trascorrere con intensa svogliatezze le ore. La vegetazione della California non è molto ricca, ma il clima ha permesso l’adattamento di specie da tutto il mondo, fra le quali certo il sicomoro. Invece in Italia, il sicomoro non esiste, e per questo rimane un albero mitico, un simbolo, un nome dal suono musicale.
Fotografato a Murabilia, all’interno di una mostra di piante alimentari, dove era indicato come “fico noto fin dall’antichità per i suoi frutti di grato sapore”.
Astromeria
Questa pianta, il cui nome vero è alstroemeria, anche se volgarmente viene detta astromeria, è un amarillide dalla fioritura abbondante e duratura. Conosciuta anche come giglio degli Incas o giglio Peruviano, ha colori ed esuberanza molto sudamericana. E’ ricercata come fiore reciso perchè sopravvive a lungo. Non l’avevo mai vista coltivata in un giardino. Qua e là si dice attecchisca con difficoltà e con lentezza, ma anche che, se riparata dal freddo più intenso, si adatta bene al nostro clima. Qui l’ho scovata in un’aiuola di una villetta nel paese di Zuccarello, vicino a Finale Ligure (Savona). Mi hanno piacevolmente colpito i suoi colori raffinati, le sue forme aggraziate e il portamento leggero, pulito e solido
Verbena bonariensis
Incontrata nell’orto botanico di Lucca, questa delicata verbena, cara ai cultori di giardini di rustica raffinatezza.
L’origine è tropicale, anche se il nome significa verbena di Buenos Aires, città che non è proprio sul tropico. Forse vuol dire semplicemente che viene da lontano, o meglio che è stata conosciuta e commercializzata in Argentina prima che in Europa. Personalmente preferisco la verbena selvatica (Verbena officinalis, 11 agosto 2009) che si incontra sui bordi delle strade qui da noi. Non perchè sia più bella, anzi per nulla, ma semplicemente la sento più vicina e intrigante. Di questa verbena avrei un po’ di soggezione a coltivarla, sempre timorosa che non si trovi a suo agio. Preferisco, per ora, contemplarla nei giardini degli altri.
Ortica giapponese
Abbandono le piante alimentari, per presentare questa stranissima erba che assomiglia come una goccia d’acqua alla nostra ortica (4 dicembre 2008). Così quando l’ho incontrata a Murabilia, mostra mercato sulle mura di Lucca, mi sono chiesta a chi potesse venire in mente di comprare una pianta di ortica per metterla nel suo giardino. Intendiamoci, io non disprezzo la nobile ortica, ottima sia in minestra che in frittata, anche se poco piacevole da accarezzare. Semplicemente non mi pare specie da vivaio, comune com’è negli incolti, fra i ruderi e nelle corti, dove l’abbandono ha lasciato terreni ricchi di sostanza organica. Di questa boehmeria invece non so quasi nulla, scarna l’informazione persino sul web. Mi pare però che sia specie giapponese e per questo l’ho battezzata seduta stante “ortica giapponese”. Non cercatela sotto questo nome, è una creazioen originale ed estemporanea. Non dovrebbe essere orticante, anzi dai fusti di una pianta del suo genere si ricaverebbe la fibra tessile del ramie.
Cacao
Viene dal’America profonda, quella che esisteva molto prima che l’Europa se ne accorgesse, quest’alberello dai magici semi da cui si ricava il cacao, sostanza dal gusto e dalle proprietà ineguagliabili. Il suo nome scientifico theobroma significa cibo degli dei, mentre il nome della specie deriva dal suo nome indigeno. I popoli dell’America centrale precolombiana usavano questi semi come moneta e preparavano una bevanda chiamata chacote o chocol, da cui certo deriva la nostra parola cioccolato.
Ancora dall’esposizione di piante alimentari a Murabilia 2010, mostra mercato sulle mura di Lucca.