Meliloto bianco e giallo

Meliloto giallo

Meliloto giallo
Trigonella officinalis

Meliloto bianco

Trigonella alba

Vecchie conoscenze sul bordo della strada di casa, il meliloto giallo, pianta officinale e il meliloto bianco, parente povero, ma non privo di interessanti proprietà.  Sono piante della primavera matura, che già scivola nell’estate, piante comuni, colorate e vitali. Formano cespi densi nonostante l’esilità dei fiori, ricchi e ramificati.

C’è un po’ di confusione sul nome di questa pianta. Il nome comune è meliloto, di questo non c’è dubbio, oppure vetturina, ma meno diffuso. Ma il nome comune, si sa, conta poco.  Molte basi dati, fra cui EMA, European Medicines Agency, l’organismo più autorevole per le piante medicinali europee, lo chiamano Melilotus, ma è sempre più frequente che gli sia preferito il sinonimo Trigonella, che ne fa un parente stretto del fieno greco (Trigonella foenum-graecum). In entrambe i casi si tratta di nomi che richiamano il trifoglio. Trigonella viene da τρίγωνος cioè triangolare, e si riferisce alle foglie trifogliate. Melilotus significa qualche cosa come ‘loto al miele’, ovvero una specie di trifoglio dolce. Quindi aggiorniamo il nostro vocabolario, senza dimenticare i sinonimi.

Qualsiasi sia il suo nome, quest’erba è un’ottimo foraggio e una pianta medicinale. Le specifiche indicazioni farmacologiche riguardano la funzionalità della circolazione venosa, la cura di ferite difficili e il drenaggio dei liquidi corporei.  Queste virtù terapeutiche sono riconosciute non solo dalla saggezza popolare, ma anche dalla scienza medica contemporanea. I  principi attivi sono la cumarina e i flavonoidi, ma anche svariati altri,  ed esistono farmaci specifici  derivati dal meliloto per la cura delle ulcere diabetiche. Come tutte le piante utili, ha altre applicazioni, per esempio per le affezioni cutanee, dove funziona da calmante nelle irritazioni, allergie e dermatiti. Oltre che un farmaco, ha applicazioni cosmetiche, può promuovere promuovere la rigenerazione dei tessuti, rallentare l’invecchiamento della pelle e ridurre il deposito di grasso che sta alla base della cellulite.

Ho già incontrato il meliloto bianco il 20 luglio 2009 e il meliloto giallo l’8 giugno 2011.

Una nuova violacciocca

Violacciocca

Matthiola longipetala

 

E’ fiorita finalmente anche questa piccola violacciocca venuta da lontano.  La violacciocca dai lunghi petali, Matthiola bicornis, o meglio Matthiola longipetala, non è certamente una specie rara, anche se non spontanea in Italia se non come alloctona casuale in Emilia Romagna. Ma la mia però viene da lontano perchè una bustina dei suoi semi mi è stata regalata da un’amica russa.  Seminata ad aprile, era sputata subito, ma messa a dimora nell’aiuola ha avuto un po’ di esitazioni. Ora i suoi teneri fusti sono pieni di fiori, che sembrano quelli della rucola, ma rosati.  Dicono che soffre il caldo, ma io spero che resista abbastanza da restituirmi qualche semino per l’anno a venire.

Parente stretta di quella Matthiola incana che ha rallegrato il mio giardino per anni (vedi 5 giugno 2009, ma anche qui e qui), il suo nome deriva quello di un famoso studioso del Cinquecento, Pietro Andrea Mattioli, medico e umanista e ovviamente botanico.

Taxodium, il cipresso calvo

Taxodium distichum

Taxodium distichum
parco di villa Schella

Taxodium disticum

Taxodium distichum


 
Nello splendido parco di villa Schella presso Ovada (Alessandria), gli alberi sono a loro agio come nei boschi e trovano spazio e aria per crescere in bellezza.

I tassodi(1), imponenti e nobilissimi, si spogliano d’inverno rimanendo simili ad altissimi pali nudi (vedi 14 gennaio 2009) e questo a differenza della maggior parte delle Cupressaceae, che sono sempreverdi.  Per questo il Taxodium distichum viene chiamato cipresso calvo. Le sue sottili foglie aghiformi sono piatte, un po’ come quelle del tasso, con cui potrebbe anche essere confuso. Ma il tasso è sempreverde, di portamento più rotondeggiante (anche se può sfiorare i 20 metri) e ha frutti carnosi di colore rosso brillante, detti arilli (vedi 14 dicembre 2009). Gli aghi del tassodo cambiano colore con le stagioni, dal verde pallido della primavera a quello scuro dell’estate, fino all’arancio bruono dell’autunno, poco prima di cadere.
Stesso comportamento del cipresso acquatico cinese, Glyptostrobus pensilis, che avevo mostrato in un blog precedente il 22 gennaio 2009.

Originario della paludi del Nord america, anche Taxodium distichum è specie acquatica e un altro dei suoi nomi comuni è cipresso di palude. Può crescere emergendo direttamente dall’acqua e in questo caso si serve di radici aeree, dette pneumatofori (letteralmente ‘portatori di polmoni’), che lo circondano come in un’aiuola (vedi 10 settembre 2008).  Queste radici crescono verso l’alto e possono raggiungere i 3 metri di altezza. Per la sua preferenza degli ambienti paludosi, quest’albero è protagonista di quei paesaggi cupi e oscuri che tanto stimolano la fantasia, atmosfere irreali e ricche di mistero, dove nella penombra frondosa scivolano sull’acqua gli alligatori e il silenzio è rotto soltanto da stridi di uccelli.

Quando il cipresso calvo cresce sulla terraferma non sviluppa pneumatofori perchè non ne ha bisogno. Ma ugualmente si eleva alte e solido verso il cielo, immensi fusti di straordinaria verticalità.

(1)Singolare tassodio, almeno secondo questo dizionario. Vedi anche una piccola discussione sul nome italiano di quest’albero nel post del vecchio blog, 10 settembre 2008.

Aceri

Gli aceri ornamentali sono una categoria di alberi molto originali. Da qualche tempo frequento un gruppo di facebook che si chiama Maples, cioè aceri, e ho modo di ammirare immagini di un’incredibile varietà di esemplari, con foglie ricamate e colorate e disamare splendenti.

Aceri Acer palmatum

Acer palmatum

Aceri Acer palmatum Thun.

Acer palmatum Thun.

Una gran parte di questi aceri appartengono alla specie Acer palmatum (vedi 9 dicembre 2008), uno degli aceri giapponesi più conosciuti; ma ibridi e cultivar sono veramente un bosco tutto loro.
Due ne mostro oggi per ricordare la bellezza degli aceri, quasi in ogni stagione. Le foglie non ancora compleatmente aperte, negli ultimi giorni di marzo, la cultivar della foto a sinistra campeggiava in grandi vasi sulla piazza del duomo di Asti.

Bello da togliere il fiato, foglie grigioverdi finemente laciniate, rossicce disamare splendenti, l’acero della foto di destra era in mostra ad Euroflora, ai parchi di Nervi, maggio 2018.

Ho amato moltissimo quest’esposizione, anche se ha avuto indubbiamente un impatto pesante sui giardini e non è stata molto apprezzata da alcuni visitatori.  Invece a me è piaciuto il tentativo di riportare una mostra floreale nell’unico posto in cui è giusto che stia, all’aperto, in un parco e non nel chiuso dei padiglioni di una fiera. Non ho avuto il tempo, l’anno scorso, di postare molte immagini su questo blog, ma non è detto che non lo farò in futuro e in ogni caso spero che l’esperienza sarà ripetuta.

Clivia miniata

Clivia miniata

Clivia miniata

Clivia miniata
frutti

Questa stupenda fioritura di Clivia miniata l’ho incontrata nel gradevole parco di villa Vicini a Zoagli.  Si tratta di un edificio dei primi anni del ‘900 donata al comune dall’ultimo erede della famiglia e circondata da un piccolo parco lussureggiante che sovrasta la ferrovia e più oltre la spiaggia.

In maggio la clivia è fiorita, ma ha già maturato grappoli di rossi frutti. Non è una pianta difficile o ricercata. Di provenienza sudafricana, si è ambientata bene nei giardini italiani.  Parente dell’amarillide, non ha bulbo, ma radici carnose. Spesso ho raccolto i semi, ma sempre dimentico di metterli a dimora.

Cibotium regale, felce messicana

Felce messicana

Cibotium regale
Felce messicana

 

Le felci, queste sconosciute, mitiche piante preistoriche, dal complicato e criptico sistema riproduttivo. Lussureggianti ed eteree, eleganti e scapigliate, raffinate protagoniste di giardini esclusivi ed erbacce disprezzate che colonizzano gli incolti.

Il Cibotium è una felce delle foreste pluviali, C.regale originario degli altipiani del Messico e presente in tutte l’America centrale. Ha un nobile portamento e ampie fronde ricadenti con sfumature verde bluastre. Come tutte le felci, la sua  storia è remota e affascinante, e i reperti fossili indicano che il genere era presente nella flore boreotropicale in Europa, Nord America e Asia occidentale. Qui l’ho incontrata all’Euroflora di Nervi, 2018.

Una sua stretta parente, Cibotium barometz, diffusa in Cina e Malesia, ha qualità farmaceutiche e viene utilizzata nella medicina cinese e malese.

Margherita delle Canarie

Margherita delle Canarie

Argyranthemum frutescens

La margherita delle Canarie,  Argyranthemum frutescens,  si è ormai naturalizzata in Italia, secondo questo sito in Liguria e tutto il sud , isole comprese, mentre secondo Actaplantarum è alloctona casuale in Toscana, Sardegna e Abruzzo.
E’ una specie ornamentale importante, diffusa un po’  in tutto il mondo, e conosciuta in glese come “Paris daisy”, che vuol dire margherita di Parigi, oppure come Marguerite, forse il nome comune che le viene dato alle Canarie.  La più comune ha i classici fiori bianchi, ma esistono altre varietà a fiori rosa o gialli.

Se si è diffusa in Liguria, allo stato selvatico intendo, lo deve certamente alla coltivazione intensiva nei vivai della riviera di Ponente, dove ne vengono cresciuti decine di milioni di esemplari all’anno per esportazione.

Chrysocephalum, pianta da tetti

Chrysocephalum apiculatum

Chrysocephalum apiculatum

Semprevivo oppure oro del deserto sono alcuni dei nomi con cui, prevalentemente in inglese, è conosciuta quest’asteracea australiana che ha conquistato anche i vivai del nostro continente. Pianta di vivace e caldo colore e agevolmente resistente alla penuria di acqua, è protagonista dei giardini pensili urbani.  Non è facile adattare piante e fiori alle condizioni proibitive del cemento e delle assolate intemperie delle nuove estati da cambiamenti climatici.  Soprattutto è difficile perchè vogliamo che queste piante siano sempre attraenti, un po’ come bambole di porcellana sballottate nel traffico cittadino.
Il Chrysocephalum, il cui nome non brilla in  fantasia dato che significa semplicemente ‘testa dorata’, pare abbia prestazioni eccellenti come pianta da tetti metropolitani più o meno ripidi(1).
Incontrata di nuovo all’Euroflora 2019 di Nervi (Genova), è solare e la ammiro. Senza amarla troppo, perchè il mio cuore va alle piante selvagge e vagabonde,  senza padroni e senza gloria. La ammiro e  non la invidio, come una cortigiana profumatamente ricompensata per rimanere sempre lucida e perfetta e sempre estranea a se stessa.

(1)Razzaghmanesh et al. Developing resilient green roofs in a dry climate in Science of The Total Environment (2014) 490:579-589 https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2014.05.040

Justicia adhatoda, un’altra straordinaria acantacea

Justicia adhatoda

Justicia adhatoda

 

Sempre all’esposizione di Euroflora del maggio 2018, incontro un’altra straordinaria Justicia,  Acanthacea di un genere che ho già avuto occcasione di mostrare qui e anche qui.

E’ un bell’albero sempreverde di medie dimensioni, con grandi fiori bianchi.  Può essere coltivata come ornamentale, ma principalmente è nota come pianta medicinale. Originaria dell’Asia, dove cresce in abbondanza in Nepal, India e certe regioni del Pakistan, oltre che nel Sud Est asiatico.  In sanscrito si chiama vasaka.  E’ impiegata nella medicina Ayurvedica, come calmante della tosse, protettore cardiovascolare,  antinfiammatorio e anche come abortivo.  Inoltre contiene alcaloidi affini a quelli del te, la vasicina simile alla teofillina, e altri  principi attivi con proprietà antibatteriche e antitumorali.  Proprietà riconosciute anche da diversi studi scientifici, insomma una pianta da tenere in considerazione.

 

 

 

Lobelia

Lobelia

Lobelia erinus

Lobelia

Lobelia erinus  “Palazzo di cristallo”

Lobelia erinus, una pianta della famiglia delle Campanulaceae originaria dell’Africa subequatoriale, dai fiori minuti, ma appariscenti e molto colorati, blu, viola o rosa intenso.  Il nome è un omaggio al botanico belga Matthias de Lobel.  E’ una pianta perenne, ma alcune varietà vengono coltivate come annuali, ad esempio la famosa “Crystal palace”, o palazzo di cristallo.  Ho già mostrato questa pianta qualche anno fa (25 giugno 2011), ma quell’esemplare non aveva avuto discendenza.

L’ho seminata nuovamente l’anno scorso e questa volta è riuscita  soprendentemente a sopravvivere in un vaso all’aperto, grazie alla mitezza dell’inverno appena trascorso, e quest’anno mi ha regalato una fioritura blu molto più copiosa della prima.

La pianta della foto a sinistra, invece, faceva bella mostra di sè durante Euroflora 2018, ai parchi di Nervi.