Lattuga

lactuca virosa
Parliamo ancora di lattughe, piante che sono entrate nella vita dell’uomo da tempi veramente immemorabili. Questa possente pianta di lattuga velenosa cresceva alta sul muro sotto casa mia, lontano da mani incaute, altezzosa e solitaria. Ho aspettato che fiorisse e poi l’ho tagliata alla base per estirparla, ma anche per osservarla meglio. Le lattughe selvatiche sono piante molto comuni. Nel mio giardino ce n’è almeno tre specie, la lattuga saligna (10 settembre 2009), con i piccoli fiori bianco panna, la lattuga selvatica o serriola, che non è ancora fiorita, e lei, la temuta lattuga velenosa. Dico temuta perchè il mio ‘guru’ Primo Boni(1) è molto accurato nel mettere in guardia i raccoglitori inaccorti che possono confonderla con la lattuga serriola. Lactuca virosa.
In realtà, il lattice della lattuga velenosa contiene le stesse sostanze antispasmodiche e calmanti delle altre lattughe, ma in concentrazione molto più alta e perciò, come accade per qualsiasi medicina assunta a dosi elevate, può causare effetti collaterali, anche gravi. Il lattice di questa lattuga provoca disturbi intestinali con tachicardia e vertigine, e in quantità rilevanti può essere fatale. Per riconoscerla, ecco alcune istruzioni. La differenza più evidente da adulta, rispetto alla specie commestibile, è la posizione delle foglie sullo stelo, poste tutte diritte, a lamina orizzontale, di forma bislungo ovata, con solo due o tre roncinature grossolanamente abbozzate, assai spinulose sulla costa mediana e sui denti marginali, se recise emettono un lattice bianco-giallastro. I fiori, invece, sono abbastanza simili, piccole margheritine giallo pallido raccolte in gruppi, un po’ disordinate .
Le foglie della lattuga commestibile, lactuca serriola (foto sotto, aspettando i fiori…), invece, sono sempre contorte e quindi con la pagina superiore verticale e con più roncinatura alquanto accentuate. A causa della sua curiosa tendenza a girare le foglie, disponendole perpendicolari al suolo, seguendo il corso del sole nel cielo, questa pianta viene chiamata erba bussola.
lactuca serriola
(1)Nutrirsi al naturale con le erbe selvatiche – Ed. Paoline, 1977

Lattuga rupestre

Lactuca perennis
Questa lattuga vive sulle rupi e nei luoghi sassosi fino a 1700 metri ed ha fiori blu violaceo. Ha foglie inferiori profondamente incise, in lobi leggermente ovali oppure stretti ed acuti, privi di peli.
Come altre specie di questo genere, è pianta commestibile e anche prelibata secondo certa tradizione. Le diverse razze coltivate di lattuga, come la ‘romana’, la ‘cappuccina’ ed altre sono tutte tratte dalle specie selvatiche originali, una selezione frutto di secolare pazienza e competenza. Non è dato però sapere nè l’epoca nè il luogo in cui per la prima volta vennero individuate le caratteristiche preziose ed utili, ma aberranti rispetto alla struttura morfologica tipica delle lattughe, che la fecero diventare uno dei vegetali più ricercati e consumati.
Oltre all’uso alimentare, il lattice delle lattughe contiene molte sostanze attive che hanno effetto calmante nell’eccitazione e nella tosse spasmodica, tanto da proporne l’uso come sostituto dell’oppio, senza i pesanti effetti collaterali.

Digitale gialla

digitalis lutea
Questa specie di digitale è la più comune allo stato selvatico in Liguria, tanto da essere l’unica ad aver meritato nomi dialettali in svariate località, da Genova fino all’entroterra savonese. Anche se meno nota come pianta medicinale della sua sorella d.purpurea, contiene gli stessi principi attivi, glicosidi di digitossenina, di grande efficacia, se usati con oculatezza, come caridiotonici. Così le digitali sono entrate nella fantasia popolare come piante che nel linguaggio dei fiori rappresentano la consolazione, perchè calmano i dolori delle malattie di cuore; ma è stato anche loro attribuito il siginificato di operosità e di lavoro eseguito alla perfezione perchè la loro forma ricorda le dita di una mano, con ago e ditale, intente a cucire.
Questa meraviglia giallo crema cresceva al limite della strada provinciale che collega Praglia alle Capanne di Marcarolo (prov. di Genova).

Talittro a foglie di aquilegia

thalictrum aquilegifolium
Come molte ranunculacee, questa pianta è velenosa e come molte piante velenose le venivano attribuite virtù più magiche che medicamentose, di cui tuttavia trovo poca traccia nei libri a mia disposizione.

Di lei so solo che ha una fioritura attraente ed è quindi pianta da giardino. E ovviamente, come suggerisce il nome, ha foglie molto simili aquelle dell’aquilegia, con cui può essere confusa prima della fioritura.

Fotografata in un rado boschetto, presso i Piani di Praglia, giugno 2011

Stregona dei boschi

stachys sylvatica
Un’altra stachys, erba stregona, che non ha le meravigliose virtù officinali della betonica (4 agosto 2008), nè l’aura di mistero e magia della stregona bianca. Anche questa stregona contiene olii essenziali e qualche virtù officinale e perchè no anche magica, un poco del potere di guarire dai mali e anche dalla paura, ce l’ha anche lei. Veniva usata per tamponare le ferite e ha anche proprietà disinfettanti.

Ha fiori scarlatti, con le labbra appena picchiettate di bianco. Cresce nei boschi umidi e nei lughi ombrosi; le sue foglie e gli steli emanano un odore forte, penetrante e selvatico; infatti si dice che i suoi fusti sotterranei odorino di selvaggina.
L’ho trovata nel parco Burcina di Biella, vicino al pometo; e poi ancora nel Parco naturale delle Capanne di Marcarolo, qui fotografata nei pressi del sacrario della Benedicta, ove si ricorda una delle più sanguinose stragi di patrioti partigiani della guerra di resistenza del 1944.

Meliloto giallo

meliloto officinalis
Appartiene a quel vasto gruppo di piante della famiglia delle fabaceae, erbe buone, foraggere e mellifere, ottime anche per arricchire i terreni impoveriti dallao sfruttamento culturale perchè nelle loro radici prosperano microorganismi fissatori di azoto; per la stessa ragione sono ingredienti del concime vegetale da compostaggio.

Il meliloto giallo, officinale, era utilizzato per molti malanni, dai disturbi della digestione a quelli ginecologici. Il suo nome volgare è erba vetturina, in inglese sweet clover, trifoglio dolce, ed è anche un’erbetta aromatica, zuccherina, gradita ai bambini che ne succhiavano i fiori. I fiori proprio si consumavano negli stufati, ai quali conferisce un aroma assai apprezzato.

Tutte quest virtù in una pianticella graziosa, benchè non elegante, che cresce senza superbia, come la sua sorellina bianca (20 luglio 2009) fra le macerie, nei campi incolti e sui bordi delle strade, semplice, gioviale, generosa.

Criptomeria

criptomeria japonica

Si chiama anche cedro del Giappone perchè quella è la sua origine. Appartiene alle taxodiacee, la famiglia dei cipressi calvi delle paludi (vedi 10 settembre 2008 e 14 gennaio 2009 ), ma a differenza di questi è sempreverde.

Albero sacro piantato spesso vicino ai templi e molto diffuso nei giardini giapponesi e cinesi, qui si trova nel parco Burcinaa di Biella.