Becco di gru comune

Erodium cicutariumFiorito nell’aiuola del parcheggio della fiera di Montichiari (Brescia). Erodium è un genere dell geraniaceae e come altri suoi parenti ha piccoli fiori colorati, corolle semplici di cinque petali delicati, e i frutti a forma di becco di gru.

Basta cambiare aria, varcare i confini della regione e subito si spalancano nuove esperienze e visioni. Non occorre andare lontano. Si potrebbe scrivere un trattato sulle piante che crescono nelle aiuole dei parcheggi dei centri commerciali. Ci sono piante coltivate, alberelli, cespugli e arbusti più o meno felici. E poi loro, le spontanee, le originarie, talvolta avventizie, pioniere. Il giardiniere le chiamerà pure erbacce, ma, soprattutto in quest’umida, nuova stagione, sono le più felici.

Leptospermum

leptospermum scoparium
E’ diventata un pianta molto di moda. Devo credere che lo sia diventata da poco perchè fino all’anno scorso, anzi fino a qualche mese fa, non la conoscevo. Adesso comincio a vederla dappertutto. Nei negozi di fiori, nei vivai, alle fiere, e come arredo urbano nelle aiuole dei luoghi più ridenti e raffinati. Come questa fioritura che ho fotografato in un’aiuola della cittadina di Sirmione, sul lago di Garda, luogo che gode di un piacevole clima mediterraneo, nonostante si trovi alle pendici delle prealpi padane.
Penisularum Sirmio insularumque ocelle … quam te libenter quamque te laetus inviso!
(anche se ai tempi di Catullo questo bell’arbusto fiorito a Sirmione sicuramente non c’era)
leptospermum sp
Il leptospermum, famiglia myrtacee, originario dell’Asia sud orientale, prospera nei climi miti e ormai ha conquistato anche la riviera ligure.
Ne avevo incontrato (senza riconoscerlo) un arbusto alto, in un giardino a Dolcedo (Imperia), già carico di piccole corolle rosate, in gennaio, addirittura durante i famigerati giorni della merla (foto a destra). Coraggio estremo o sconsideratezza? Magia del clima ligure o miracolo di una pianta che ha comunque deciso di fiorire?
Sulla specie non mi pronuncio. Credo che in entrambe i casi si tratti del comune (nel senso ovviamente di più venduto) leptospermum scoparium.

Foglie di geranio

geranium purpureum
Se sto trascurando un po’ il blog, é anche a causa di un tempo luvego e piatto che non regala neppure un piccolo raggio di sole. E della pioggia, insistente, testarda, implacabile sulle mie brevissime ore di svago. Niente, bisogna prendere la natura come viene. La natura avanza da sola, comunque, anche sotto la tormenta e l’alluvione. Si avvicina ancora una volta la primavera, viole e primule fioriscono nei prati e nei boschi bagnati e tutte le piante si preparano a risvegliarsi, l’incantesimo è infranto, la vita di nuovo sta per sbocciare. Senza esitazione, incurante delle vuote ed inutili lamentele umane. Per questo cerco di fotografare anche la pioggia, ogni goccia sulle nuove foglie del prato.

Ginko spoglio

ginkgo biloba
Il ginko più sorprendente l’ho conosciuto all’orto botanico di Lucca. E’ un albero molto vecchio, e anche molto imponente, assai più alto e vasto della maggior parte degli esemplari della sua specie. Ha quasi duecento anni, ma è nato due volte. Incenerito quasi totalmente da un fulmine nel 1945, è risorto più possente e ampio dalle sue stesse radici.

Qui, in un’aiuola angusta, stretta fra l’asfalto della strada e il vetro dei grattacieli, il nobile ginko attende e si prepara per la buona stagione.
( Genova, via di Francia, capolinea autobus n.30)

Altro sul ginkgo biloba il 22 novembre 2008.

Fiori del muschio

muschio con sporofiti
Non conosco il nome di questo muschio, che cresce senza vergognarsene sui muri di cemento, sulle rocce e sulle pietre sconnesse, nelle pieghe umide, come tutti i muschi. Quelle piccole capsule erette sui peduncoli sottili, che verrebbe da chiamare, molto ma molto impropriamente, i fiori del muschio, sono gli sporofiti e sono recipienti di spore. La maggior parte dei muschi li porta, quando è in stagione riproduttiva; ma è curioso come non si fanno notare, come sfuggano alla vista benchè a loro modo alquanto appariscenti. Talvolta verrebbe da pensare che siano altra cosa dal muschio, funghetti o chissà quali altri esseri indipendenti cresciuti sul muschio. E invece proprio muschio sono, indimenticabili una volta che ci si abitua ad osservarli. Quando le capsule sono mature, perdono il tappo e le spore si diffondono intorno, a fare il loro dovere.
(il muschio potrebbe essere del genere bryum, ma attendo conferma)

Bergenia

bergenia cordifolia
Il primo colore dei giardini di marzo è il rosa acceso della bergenia, pianta semplice ed esuberante, fantasticamente precoce. Le foglie sono ampie e grassocce, e i loro verde intenso contrasta con l’esplosione dei fiori. Pianta robustissima, è una vecchia conoscenza degli amatori di giardini rustici, elemento indispensabile per quei giardini tradizionali ‘fioriti e colorati per tutto l’anno’. Ora è tornata un poco di moda e la intravedo un po’ dappertutto.
Io dal mio giardino l’ho eliminata, e puntualmente in questa stagione me ne pento. Ma dura poco, meno della sua fioritura, perchè presto arrivano tanti altri fiori, e alla bergenia restano solo le sue grandi foglie acquitrinose. Non la snobbo, anzi la ammiro, ma la preferisco nei giardini degli altri.

Croco di primavera

crocus vernusCon i crochi ho sempre fatto un bel po’ di confusione. E’ già abbastanza difficile non confonderli con i colchici, ma addirittura riconoscere le diverse specie mi sembra un’impresa superiore alle mie forze. Mi pare che tutti si assomiglino alquanto, e quasi tutti rispondono al nome volgare di ‘zafferano selvatico’, un succedaneo, più o meno efficace, ma certamente molto meno pregiato dello zafferano ‘vero’ (Crocus sativus, ormai solo da coltivazione). Oggi però posso dare con sicurezza un nome a questo croco, così comune nei boschi di castagni vicino a casa mia, piccola e coraggiosa avanguardia della stagione dei fiori. Infatti ho ricevuto conferma da persona competente sulla specie di questo fiore, che è anche il croco più diffuso sulle alture genovesi. Si tratta di Crocus vernus, cioè croco invernale, o meglio primaverile e si distingue per esempio da Crocus biflorus, specie diffusa, ma non comune in Liguria, perché la fauce, cioè l’incavo più profondo del fiore è viola pallido o bianco, contro il giallo di C. biflorus. Quest’ultimo inoltre ha caratteristiche strie bruno-violacee molto marcate sull’esterno del petalo. Molto belle, ma non è il caso del ‘mio’ croco, che ha striature violette pallide ed eteree. Boh. spero di aver capito. Il resto è davvero da specialisti.

Un’altra felce

asplenium onopterisLe felci non perdono mai il loro colore, verde lucido, neppure in pieno inverno. Si nutrono soprattutto d’acqua e solo la siccità seriamente le danneggia.

Gli asplenii sono felci piuttosto comuni, fra le quali ho già mostrato il comunissimo A. trichomanes (26 ottobre 2009). Questa specie è conosciuta come asplenio maggiore e presenta morfologie differenziate. Le piante che vegetano in zone umide sono più grandi e slanciate, quelle in luoghi più asciutti si presentano più compatte e si confondono con A. adiantum – nigrum subsp. adiantum- nigrum.

Felce

polypodium vulgare
Il sistema di riproduzione delle felci è abbastanza sorprendente. Come è noto si tratta di piante molto antiche, che appartengono alla classe delle crittogame, parola che significa ‘ad accopiamento nascosto’, contrapposta a fanerogame ‘ad accoppiamento palese’. Le felci si riproducono mediante spore, piccoli granelli contenute in capsule rotondeggianti nella parte inferiore delle foglie. Ma diversamente a quanto si potrebbe pensare, la spora non genera direttamente la nuova pianta; viceversa la spora dà origine, quando trova le condizioni adatte per germinare, a una lamina verde, il protallo, sorta di fogliolina microscopica a forma di cuore, umida e molliccia, che contiene i gameti femminili e maschili. Il protallo è ancorato al terreno mediante radichette filiformi. Sulla sua superficie umida, i gameti maschili nuotano verso quelli femminili fermi al loro posto. La cellula femminile, una volta fecondata, comincia a svilupparsi traendo nutrimento dal protallo e diventando a poco a poco sempre più indipendente. Mette radici e diventa una nuova felce. Questo complicato ciclo riproduttivo contiene già gli elementi tipici della riproduzione degli organismi superiori, mostrando come le felci siano piante antiche, ma già significativamente evolute.
Bellissimi gli sporangi, le capsule che contengono le spore, come grani d’oro in linee ordinate ed eleganti sotto le foglie.