Barlia, orchidea gigante

Barlia robertiana

Barlia robertiana

Ha preso il nome da due botanici, Joseph Hieronymus (Jerome) Jean Baptiste Barla (1817-1896) e Gaspard Nicolas Robert (1776-1857), una delle più grandi orchidee spontanee sui nostri prati e certamente la più precoce. Si erge ritta e imponente, ormai al termine della sua vistosa fioritura, sulle pendici di dolci declivi coperti di ulivi, nell’entroterra imperiese. Siamo vicini a un piccolo paese chiamato Lucinasco, e al suo romantico laghetto circondato da cipressi e salici piangenti, in cui si specchia la piccola chiesa di Santo Stefano, risalente al XV secolo.
Così attraente e solitario, questo fiore d’inverno, attira fin troppi sguardi, tanto da doversi considerare specie protetta in tutt’Italia per difenderla da mani rapaci. Malefica ed enigmatica, anticamente la pianta, consacrata al culto di Demetra sorella di Zeus, era considerata magica e si riteneva che potesse favorire gli amori non corrisposti.

 

Bletilla striata

Bletilla striata

Bletilla striata

Bletilla striata

Bletilla striata

 

I boccioli della Bletilla striata nella foto di sinistra non si sono ancora aperti completamente, svelando al mondo il loro cuore di orchidea, raffinata trappola per impollinatori. I fiori già più maturi si intravedono, fra le lunghe foglie lanceolate, nel tappeto a destra.

Chiamata orchidea giacinto o orchidea di terra cinese, il suo nome scientifico è in onore di Luis Blet, un farmacista e botanico spagnolo del 18° secolo.  Gli esperti dicono sia  di poche pretese e facile coltivazione. Personalmente per ora l’ho incontrata soltanto in giardini e orti preziosi, come qui nel fantastico orto botanico di Roma; oppure più recentemente nei giardini della Landriana, non molto lontanto (Ardea, Roma).

Orchide macchiata

Dactylorhiza maculata

Dactylorhiza maculata

Dactylorhiza maculata

Dactylorhiza maculata

Una delle orchidee selvatiche più comuni, almeno nei boschi delle mie parti, ma non per questo meno preziosa e straordinaria (vedi la descrizione nel vecchi blog, il giorno 9 giugno 2008). Ha molti nomi, orchide macchiata, erba d’Adamo, concordia, e anche orchidea di Fuchs, in onore del grande botanico tedesco Leonhart Fuchs, morto il 10 maggio di 450 anni fa.  La stagione fiorita delle orchidee selvatiche dura assai poco e presto restano soltanto le lunghe foglie macchiettate di nero,  e dopo ancora solo una piccola radice bulbacea conservata nella terra, per rifiorire ancora ogni primavera, dove pareva non ci fosse nulla.

Il profumo dell’orchidea
penetra come incenso
le ali di una farfalla.

(aiku di Matsuo Bashō)

Miltonia

Miltonia

Miltonia


Queste orchidee, di difficile attribuzione fra il genere miltonia e miltoniopsis, sono anche dette orchidee viola del pensiero o orchidee pansè per via della forma dei fiori che ricorda appunto una viola del pensiero o pansè. Nel caso di questo esemplare, che codvrebbe essere miltonia, la somiglianza non è così evidente, ma i fiori sono senza dubbio molto attraenti e duraturi.
La difficoltà sarà assicursi una nuova fioritura quando inesorabilmente i fiori saranno terminati e incontrare i suoi gusti in fatto di luce, ananffiature e temperature. A leggere i manuali e i consigli dei siti di giardinaggio non è così semplice. Mi pare che questa pianta necessiti di irrigazioni abbastanza frequenti e luce non diretta. Per resto, se i fiori torneranno, lo considererò un regalo personale.

Orchidea lattea

Neotinea lactea
Un’altra orchidea sarda, come quella di ieri, fotografata alla Giara di Gesturi (Oristano). Un’altra orchidea che potremmo semplicemente chiamare orchis lactea, orchidea lattea, per il color crema dei petali superiori (ma il labello è a puntini rosso viola). Ma la nomenclatura più recente assegna al suo genere il nome di neotinea, in onore del botanico siciliano Tineo (1791-1856), che pubblicò fra l’altro un celebre catalogo di piante. In realtà è così simile al genere orchis che la distinzione è davvero da specialisti. Questa orchidea è diffusa nel Centro Sud Italia e nelle isole, ma non si trova a nord della Toscana. Anche se in Sardegna è diffusa, scoprire questi fiori e contemplarli è sempre un piacere intenso, una scoperta emozionante. Le orchidee selvatiche sono soggette a protezione totale su tutto il territorio. Per molti appassionati un ritrovamento è qualcosa da tenere segreto o divulgare soltanto ad amici fidati. Ma non per egoismo o gelosia, soprattutto per poter sperare di ritrovarla ancora nella prossima primavera.

Orchide cornuta

anacamptis longicornu
Oltre le iridacee, le orchidee selvatiche fioriscono in primavera, e per lo più in primavera soltanto.
Il mondo delle orchidee è complesso e misterioso e accanto a orchidee comuni quasi dappertutto nel territorio italiano e mediterraneo, ci sono molte specie regionali e rare, che pur rassomigliandosi sono caratterizzate da raffinate diversità. I botanici poi ci mettono tutto l’impegno possibile per scombinare le carte, aggiornando i nomi e allungandoli, e ritoccando le attribuzioni. Questa orchidea sarda (sempre Giara di Gesturi, fra marzo e aprile dello scorso anno) è una sottospecie di anacamptis morio (vedi orchis morio o giglio caprino), per esteso si chiama Anacamptis morio (L.) R.M. Bateman, Pridgeon & M.W. Chase subsp. longicornu (Poir.) H. Kretzschmar, Eccarius & H. Dietr., che tutt’insieme sembra davvero il nome di un nobile di alto lignaggio, che possa fregiarsi di svariati titoli. Ma dato che il corno questo fiore ce l’ha davvero lungo, basta chiamarla anacamptis longicornu, dove anacamptis deriva dal greco ‘ripiegarsi’.

Phalaenopsis

phalaenopsis
Una phalaenopsis costa meno di 5 € all’Ikea e poco di più altrove. Così queste piante arrivano in tutte le case come piccoli oggetti di arredamento, come damigelle discrete e affascinanti. Sono piante epifite e non hanno bisogno di affondare le radici nel terreno, ma viceversa si appoggiano allo strato di sfango, foglie sminuzzate e corteccia che trovano su grandi rami degli alberi. Vengono dall’Asia e nonostante la loro travolgente bellezza, chiuse negli appartamenti, in prossimità di una finestra luminosa, strette nei loro piccoli contenitori di plastica e legate come salamini ai loro supporti, sembrano sempre un po’ spaesate e assenti, quasi artificiali. Ma la tentazione era forte e una phalaenopsis è arrivata anche in casa mia. Ne contemplo la forma, la trama come di seta, e penso quanto questi fiori debbano aver ispirato certi riti, certe manifestazioni dell’arte tutta asiatica, fatta di colori teneri e intensi, forme limpide e nette, particolari essenziali e smaglianti.

Cipripedio, la scarpetta di Venere

cypripedium calceolus
Prima che la stagione delle orchidee sia proprio finita (e ormai manca poco, luglio si avvicina), mi è venuta voglia di qualcosa di speciale, una forma ricercata e bizzarra come quella del cipripedio. Il nome cypripedium viene dal greco, ovviamente, e significa proprio scarpetta di Venere, ma talvolta questo fiore straordinario viene chiamato ‘pianella della Madonna’ come se alla divinità profana della bellezza si dovesse per forza sostituire una regina del cielo più moderna. Di scarpa comunque si tratta, perchè il labello gonfio e cavo ricorderebbe una calzatura. L’unica specie presente, seppure a rischio di sparizione, nel territorio italiano è c. calceolus, dai sepali color bruno violaceo e il labello giallo oro. Anche il nome della specie fa riferimento alla pantofola, questa volta dal latino calceolus, piccola scarpa.
cypripedium macranthos

 

 

 

 

 

Per l’eccezionalità della forma, e la nobiltà della famiglia, purtroppo è oggetto di raccolta indiscriminata che ne sta compromettendo la sopravvivienza. Ho già detto di come le orchidee siano, tutte e ovunque, a protezione totale in Italia e come sia non solo proibito, ma sciocco e inutile strapparle dal luogo dove crescono. Il cipripedio ha un sistema di impollinazione, fecondazione e sviluppo molto complicato (vedi questa pagina) e impiega quindici anni per giungere a maturazione da seme.
La specie non è segnalata in Liguria ed io non ho avuto la fortuna o la capacità di incontrarla in qualche stazione spontanea, ma l’ho fotografata nel giardino botanico di Pratorondanino, dove era ancora fiorita all’inizio di giugno, insieme ad altre del suo genere. Come questa strordinaria cypripedium macranthos, che viene dalla Russia ed ha sepali e labello nelle sfumature del rosa e del lilla.

Orchidea farfalla

Anacamptis papilionacea

Anacamptis papilionacea

Anacamptis papilionacea

Anacamptis papilionacea

Questa è la terza specie di orchidea che ho incontrato nella radura della caprette, il giorno 30 maggio 2010. In un certo senso è la più spettacolare, senza nulla togliere alle altre. Questa pianta è spesso attribuita al genere Anacamptis e quindi in molti manuali si può trovare come Anacamptis papilionacea; così io uso entrambe i nomi, prendendoli un po’ come sinonimi.

E’ più frequente nei luoghi aperti, su suoli calcarei o debolmente acidi. Ho già detto della mia ignoranza su rocce e substrati; probabilmente il bosco rado del pendio, dove crescono i lilioasfodeli, che prediligono substrati silicei, è diverso da quello della radura, più esposta ed erosa dal vento.

Anacamptis papilionacea

Anacamptis papilionacea

orchis papilionaceaIl fiore di questa pianta è di un’eleganza mozzafiato. Bisogna guardarla da ogni lato per apprezzarne tutte le sfumature. I due piccoli petali si spingono in avanti formando un casco rosso, il labello ha il margine ondulato ed è cosparso di venature a ventaglio.
Accanto alla forma lilla e violetta, ne cresceva un paio di esemplari bianchi, o meglio rosa pallido, delle stesse forme incantate.

Ancora niente di eccezionale, per gli esperti si tratta di una delle orchidee più comuni.

Serapide lingua

serapias lingua

 

Ecco un’altra orchidea che cresceva poco distante dalla precedente. Il genere Serapias è tipicamente mediterraneo ed ha una forma molto caratteristica. Il labello trilobo, ha i lobi laterali nascosti dal casco, mentre il mediano pende in avanti come una lingua. Il nome ha origine mitologiche e sembra sia stato attribuito dal medico greco Discoride, vissuto nel primo secolo, ispirandosi a Serapis, divinità egizia della fertilità (quindi un altro riferimento alle radici a forma di testicolo).
Le lingue pendenti delle Serapidi sono veri e proprie piattaforme di atterraggio per gli insetti, a cui segue il confortevole rifugio della struttura tubiforme ad esse collegate. Quanto opportunismo e quanta saggezza nel disegno della forma di questi fiori. Nella serapide lingua, il lobo pendulo del labello è da bianco a purpureo, con venature scure.

Questa orchidea, come quella di ieri e le altre che ho descritto in precedenza (vecchio blog:9 e 22 giugno 2008, 27 aprile, 10 maggio e 30 giugno 2009, questo blog: 27 maggio 2010) sono fiori piuttosto comuni, protette e coccolate, ma diffuse praticamente ovunque. Per noi profani è difficile scovarle più per problemi temporali (la fioritura è breve e dopo scompaiono o sono praticamente irriconoscibili) che spaziali. Nondimeno è certo che troppe sono le persone che non le hanno mai viste, soprattutto perchè, come accade per la maggior parte dei fiori spontanei, non le hanno mai guardate. Si tratta di fiori relativamente piccoli, non particolarmente sfacciati. Da quando ho imparato un poco a conoscerle, il gioco della stagione è diventato andare a cercare le orchidee, nei prati e nei boschi, negli angoli più improbabili ed impensati. Senza, mai e poi mai, raccoglierle.