Ecco un arancio molto particolare. E’ l’unico agrume che perde le foglie d’inverno e ciò lo rende più resistente al freddo, tanto che si può trovare anche nelle regioni settentrionali dell’Europa. In effetti tollera temperature finoa a -15°. Le foglie sono composte di tre foglioline, di cui quella apicale è più grande. I frutti sono agrumi verde gialli dalla buccia pelosa, vellutata al tatto, e dal gusto molto acido. Si tratta di un albero esclusivamente ornamentale, ma assai gradevole, anche se, come vari altri agrumi, ha rami provvisti di lunghe spine. Per tutte queste sue caratteristiche, più che arancio trifogliato, mi verrebbe da chiamarlo limone peloso, e questo credo che rimarrà il suo nome italiano, almeno per me.
L’ho incontrato in vari giardini botanici. A Lucca il 4 settembre i frutti erano ancora verdissimi; a Genova il 20 settembre ho scattato questa foto ai frutti ormai quasi tutti gialli.
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Sicomoro
Il sicomoro propriamente detto è un albero simile al fico (Ficus carica, 9 agosto 2008) che cresce in Africa e in Medio Oriente, e per questo citato spesso nel Vangelo. E’ un grande fico che cresce infiorescenze carnose dette siconi, erroneamente viste come frutti. Anche se il sicomoro non è originario della California, di un sicomoro parla J. Steinbeck, uno dei miei scrittori preferiti, nel romanzo breve Junius Maltby, per me un piccolo capolavoro. Il protagonista di questo romanzo sedeva con i figlio sul vasto tronco dell’albero, con i piedi penzoloni nello stagno, leggendo romanzi e lasciando così trascorrere con intensa svogliatezze le ore. La vegetazione della California non è molto ricca, ma il clima ha permesso l’adattamento di specie da tutto il mondo, fra le quali certo il sicomoro. Invece in Italia, il sicomoro non esiste, e per questo rimane un albero mitico, un simbolo, un nome dal suono musicale.
Fotografato a Murabilia, all’interno di una mostra di piante alimentari, dove era indicato come “fico noto fin dall’antichità per i suoi frutti di grato sapore”.
Cacao
Viene dal’America profonda, quella che esisteva molto prima che l’Europa se ne accorgesse, quest’alberello dai magici semi da cui si ricava il cacao, sostanza dal gusto e dalle proprietà ineguagliabili. Il suo nome scientifico theobroma significa cibo degli dei, mentre il nome della specie deriva dal suo nome indigeno. I popoli dell’America centrale precolombiana usavano questi semi come moneta e preparavano una bevanda chiamata chacote o chocol, da cui certo deriva la nostra parola cioccolato.
Ancora dall’esposizione di piante alimentari a Murabilia 2010, mostra mercato sulle mura di Lucca.
Bauhinia in fiore
Così esotica e ricercata, inconfondibile con le sue foglie separate in due lobi, non lo nascondo, è una delle mie piante preferite. Non è un caso che l’abbia già mostrata altre due volte, la brasiliana Bauhinia forficata (9 novembre 2009) e l’indiana Bauhinia purpurea (1 marzo 2010). Ma sempre senza fiori. E dire che quest’albero è detto anche albero orchidea per l’eleganza della fioritura. Anche quest’anno ho incontrato diverse bauhinie nel mio vagabondare per giardini (si tratta di piante tropicali, difficilmente adattabili ai nostri climi ed è certo impossibile incontrarne di spontaneizzate). Ma soltanto a villa Hanbury questa Bauhinia aculeat subsp. grandiflora, originaria del Perù conservava ancora qualche brandello di fioritura. E sotto i fiori già facevano capolino i verdissimi bacelli, lunghi e ancora sottili. Come ho già detto nei post precedenti, la bauhinia è generalmente inserita nelle fabaceae, anche se certi autori preferiscono collocarla in una famiglia speciale, le caesalpinaceae, insieme a Cercis (albero di Giuda, 6 aprile 2009). Come sempre, io mi sforzo di limitare la complessità della materia per facilitare la mia imperfetta memoria; quindi mi va bene nelle fabaceae…
Catalpa
La catalpa o albero dei sigari è inconfondibile quando carica di frutti. Si potrebbe, con maggior verosimiglianza, sopranominare l’albero dei fagiolini. Ho una grande simpatia per questo albero da bei fiori bianchi e le larghe foglie a cuore. Viene dall’America e si adatta bene anche ai climi rigidi. Qui l’ho fotografata a Lucca, lungo la salita verso le mura, presso il baluardo San Salvatore.
Il suo destino è di essere confusa spesso con la paulownia (21 agosto 2009), ma sono di due tribù differenti, benchè della stessa famiglia (Bignoniaceae).
Meli
I meli da fiore sono quelli i cui frutti non sono così interessanti, e fra questi il grazioso malus tschonoskii è indicato come quello ‘dai fiori meno appariscenti’. Ma queste meline rossicce, come le guance di una ragazzina, mi sembrano oltremodo simpatiche.
Il più caratteristico melo da fiore è malus floribunda, qui nella sua varietà a rami ricadenti, fotografata nell’orto botanico di Lucca, settembre 2009.
Eucalipto
Come molti altri alberi esotici, importati e adattati loro malgrado, l’eucalipto è un genere misconosciuto, più noto per il nome e la fama, che per l’aspetto e l’essenza. E’ un albero dai forti contrasti. L’olio contenuto in specie nelle foglie giovani è esageratamente balsamico. Gli esemplari di eucalipto si presentano robusti, massicci e discretamente adattabili a varie situazioni climatiche. Alcuni di questi alberi possono raggiungere altezze davvero ragguardevoli, contendendo alel sequoie il primato di alberi più alti del mondo. Però non sopportano gli inverni rigidi e sono irrimediabilmente compromessi se la temperatura scende per molti giorni sotto i 6°C. Forse per aurea aromatica da cui pare circondato, era opinione diffusa che leucalyptus tenesse lontane le zanzare, suggerendone l’utilizzo per bonificare le aree paludose e malariche. la ragione di questo potere però risiede soprattutto dalla capacità dell’eucalipto di assorbire grandi quantità d’acqua dal terreno, di cui riduce quindi l’umidità.
In Italia, questo immigrato gigante si presenta prevalentemente di tre o quattro specie (la più diffusa è eucalyptus globulus, 22 agosto 2008).Così si tende ad immaginare a torto che l’eucalipto abbia un solo, immutabile aspetto, quasi una sola natura. Invece in Australia, dove rappresenta l’essenza boschiva più importante, ne esistono circa 450 specie anche molto differenti fra loro e adattate ad ambienti assai diversificati. Gli eucalipti di queste fotografie sono così profondamente diversi che rendono un po’ di giustizia alla varietà del genere.
Immenso come un capannone si estendeva l’eucalyptus sideroxylon di Villa Hanbury (fotografato fine di agosto 2010), sottile e aereo è questa varietà di eucalyptus glaucescens (fotografato a Murabilia 2010, Lucca, settembre 2010), i cui tralci sono anche utilizzati dai fioristi per guarnire i mazzi di fiori.
La famiglia è quella delle myrtaceae che nelle regioni temperate come la nostra è rappresentata quasi soltanto dal mirto comune (vedi 17 settembre 2009).
Cipresso del Kashmir
Quest’albero, particolarmente elegante, con morbidi rami penduli, non è più conosciuto allo stato selvatico. Si ritiene però che sia originario dell’Himalaya, da cui il nome. Anche quell’aggettivo ‘cashmiriana’ fa anche pensare alla morbidezza delle sue forme. Le foglie, molto piccole, sono squamiformi come si conviene a un cipresso e hanno sommità libere che si allargano, rendendo il fogliame irregolare al tatto. Il colore è glauco, a tratti di un brillante verde pallido, e a sorpresa blu-grigio con sfumature che sfuggono.
Fotografato nella villa Hanbury, agosto 2010.
Noce alato del Caucaso
Il noce del Caucaso è un albero monumentale per vocazione, perchè ampio, folto e maestoso, e può raggiungere i 30 metri di altezza. E’ anche un albero ornamentale per eccellenza, coltivato nei parchi e nei giardini, specie nel Nord Europa, dove questi giganti verdi trovano un habitat a loro più congeniale, nel clima fresco ed umido, caratterizzato da piogge abbondanti e temperature più rigide.
In inglese si chima “wingnut”, noce alato. Infatti i piccoli frutti sono circondati da due ali semicircolari verdi, e portati da esili amenti penduli, lunghi fino a 50 cm, molto decorativi. Anche in polacco, si chiama allo stesso modo. In italiano trovo più frequentemente il nome di noce nero del Caucaso, che è infatti la sua regione di origine. Ma noce alato è più poetico e gli rende più giustizia.
Fotografato in un parco della cittadina di Kołobrzeg, cittadina polacca sul mar Baltico.
Aronia o sorbo nero
Questa pianta è molto conosciuta e apprezzata nell’Europa dell’Est, ma quasi ignorata alle nostre latitudini. In Polonia me ne parlavano con disinvolta familiarità, ma per me era pressocchè sconosciuta. E stranamente non ne trovo traccia in nessuno dei miei manualetti di erboristeria, pur avendo la pianta fama di toccasana come regolatore del ritmo cardiaco e della pressione sanguigna. E’ originaria dell’America nord-orientale e appartiene alla famiglia delle rosacee. Infatti è molto simile a un sorbo (vedi per esempio il sorbo montano, sorbus aria, 8 settembre 2008) tanto da meritare il nome di sorbo nero; ma ricorda anche un biancospino (crataegus monogyna, per le bacche vedi 28 agosto 2008), del quale condivide le eccellenti virtù officinali.
Questa foto è un po’ fuori stagione; le bacche, specie in Italia, oggi sarebbero forse ben più rosse. Ma non ho testimonianza diretta, non conosco aronie nel circondario. La fotografia è stata scattata in Polonia, nel giardino di Irena, alla fine di luglio, quando la maturazione ancora tardava. La propongo oggi perchè finalmente ho imparato il nome di questa pianta che non riuscivo a ricordare.
Alberello aggraziato, orgoglio dei miei amici polacchi che lo hanno piantato nel giardinetto della loro nuova casa in costruzione. Anche il giardino è in preparazione, ansioso di approfittare di quell’intensa e breve ubriacatura di estate. Le bacche di aronia sono utilizzate per preparare, mescolate alle mele, un squisita confettura.