Polmonaria

Polmonaria - Pulmonaria officinalis

Pulmonaria officinalis

Quest’erbetta, così simile alla borragine, ne condivide molte caratteristiche, la famiglia (boraginaceae), le foglie pelose e ispide, ma commestibili, e i fiori dolcissimi. Fiori differenti però, stellati e azzurri quelli della borragine (vedi nel vecchio blog 12 ottobre 2008), a calice, rosso viola fino al lilla azzurrato quelli della polmonaria. Inconfondibili sono le sue foglie ovali lanceolate, cosparse di macchie biancastre che per la credenza popolare rappresentano proprio i polmoni malati che l’erba aiuta a risanare. Da cui il nome e la fama.

Fiore della primavera, sboccia, si dice, quando comincia a cantare il cuculo la cui voce in ogni campagna e montagna annuncia che l’inverno è davvero finito. Non so quanto valga i questa pazza stagione, che alterna giorni caldissimi, quasi estivi, a raffiche di inverno disperato e nevicate fino dentro ad aprile. Ma le piante, quelle libere e spontanee dei boschi, non sembrano curarsene più di tanto, e fioriscono splendide e indomabili.

post ripreso dal 22 marzo 2010, con una foto un tantino migliore.

Fiori da vigna

A capo dei filari nelle antiche vigne di Camillo Benso, a Grinzane Cavour, sbocciano le rose. Non sono messe a caso, e non per la loro bellezza. Si dice che le rose servano da indicatori del morbo bianco, lo oidio, e la loro contaminazione precede di un poco quella delle viti, fornendo un vantaggio al viticoltore accorto per prendere per tempo le misure adeguate a salvare la sua preziosa piantagione.

Vitis vinifera – Grinzane Cavour (CN)

Le viti vengono accuratamente potate con il metodo Guyot che lascia sulla pianta un tralcio corto con due gemme – lo sperone – che darà origine al capo a frutto dell’anno successivo, e un tralcio più lungo, di un anno – il capo a frutto – che porta un certo numero di gemme ibernanti.

Trifolium incarnatum
Fumaria officinalis

Fra i filari cresce erba rigogliosa e vari fiori colorati,  trifogli dai lunghi capolini cilindrici rosso vivo (Trifolium incarnatum),  contorte fumarie dai microscopici fiori di intenso color rosa (Fumaria officinalis) e strani fiori viola. Strani perché non li ho mai visti e scopro che sono effettivamente una specie neofita di origine americana, e anche se probabilmente sono qui già da un certo tempo, sono ancora classificati come alloctona casuale. E’ la facelia a foglie di tanaceto (Phacelia tanacetifolia) con i suoi bei gruppi di fiori brillanti disposti in una singolare infiorescenza a spirale detta scorpioide. Proprio dalla forma dell’infiorescenza, a fascio o mazzo, deriva il suo nome, mentre le foglie, profondamente incise e seghettate ricordano veramente quelle del Tanacetum vulgare (vedi 24 luglio 2008), da cui l’epiteto specifico.

Phacelia tanacetifolia
Infiorescenza scorpioide

Benefica intrusa, la facelia è ricca di polline e nettare che attira le api e altri insetti ed è perciò un’eccellente mellifera. Ricca di sostanze azotate, è ottima anche per il sovescio, una pratica che serve per rinvigorire i terreni impoveriti, specie in presenza di monocolture, come è appunto quella della vite.

Phacelia tanacetifolia

Inoltre la facelia è una pianta egoista e dove cresce rilascia nel terreno sostanze chimiche che impediscono la crescita di altre specie vegetali. Diventa così una specie di diserbante naturale, con tutti i vantaggi e gli svantaggi che ne conseguono.
A causa delle sue proprietà questa pianta viene frequentemente coltivata e non è facile prevedere se questa scelta si rivelerà vincente anche nel lungo periodo, tuttavia per adesso sembra gradita e felice.

Orgoglio di Madeira

Echium candidans

Echium candidans

 

E’ il parente ricco di Echium vulgare,  e di tutte le altre erbe viperine che crescono negli incolti e ai bordi delle strade e fioriscono, meravigliosamente, a primavera. Questa specie teme il freddo e prospera particolarmente appunto nell’isola di Madeira, una bellissima isola atlantica poco a nord delle Canarie.

Madeira è un’isola a me molto cara perchè l’ho conosciuta attraverso un libro che amo molto, Jane Eyre di Charlotte Bronte, e sempre è rimasta una protagonista dei miei sogni. La sua flora strabiliante, poi, mi è arrivata in casa in modo quasi inaspettato, attraverso le cartoline di un amico sconosciuto, incontrato per un fortuito intreccio postale, tradizionale, un conoscente lontano che non potrei raggiungere con il web e mi manda sempre magiche cartoline piene dei colori dell’isola dell’eterna primavera.

Ma la pianta  della fotografia dove si trova? Ma nel magnifico orto botanico di Roma, naturalmente, qualche primavera fa.

 

Cartolina da MadeiraCartolina da Madeirafrancobollo di MadeiraCartolina da Madeira

Eliotropio selvatico

Heliotropium europaeum

A differenza del suo esotico parente Heliotropium amplexicaule, a cui peraltro assomiglia molto, questa piccola borraginacea è comune, come dice il nome, nei nostri climi casalinghi e temperati. E diffuso ovunque, dal mare alla collina, nelle radure aride e negli incolti avari. Come il suo parente esotico, è pianta velenosa, ancorchè officinale e, secondo la leggenda, di grandi misteriose virtù. Il suoi fiorellini sono graziosi, ma candidi, e forse per questo meno attraenti di quelli dell’esotico. Qui scovato sul litorale di Celle Ligure, una scarpata asciutta e polverosa, ma ricca di fioriture tardive.

Heliotropium europaeum

Heliotropium amplexicaule

heliotropium amplexicaule
Durante la visita a villa Hanbury nell’agosto 2010, avevo raccolto da terra alcuni semi di questa graziosa pianta tappezzante. Li ho seminati in primavera e sono germogliati quasi subito; però quando stavo per sistemarli a dimora in vasi più ampi, leggo che la pianta, sotto i timidi e graziosi fiorellini, nasconde un temperamento infestante ed è per giunta tossica per il bestiame erbivoro. Originaria del Sud America, è avventiziata in molti luoghi della nostra penisola (ma non in Liguria) e nota con il nome comune di eliotropio purpureo. Ammiro la graziosa fioritura, ma non vorrei mai sentirmi responsabile della diffusione di una pianta potenzialmente nociva. Ho finito per rinunciare a coltivarla e me la godo solo in fotografia.

Erba perla azzurra

buglossoides purpurocaerulea
Questo fiore azzurro, spalancato e brillante nel sottobosco di Noceto (Isola del Cantone, Ge), mi pareva somigliare moltissimo alle pianticelle perenni, famiglia boraginacee, che ho comprato da poco per far crescere nei vasi gemelli in cima alle scalette di casa. Infatti sono piante della stessa famiglia, boraginacee, e questa Buglossoides purpurocaerulea si può anche chiamare Lithospermum purpurocaerulea, mentre Lithodora è il nome delle pianticelle che ho comprato. Queste piante, come la saponaria di ieri, prediligono i terreni calcarei e, mentre i fiori sono davvero molto somiglianti, le foglie dell’erba perla azzurra dei boschi sono più grandi, lunghe e larghe e lucide, mentre la Lithodora dei vasi ha foglie sottili e appressate. Vagando fra le varie immagini del web, trovo addirittura cheLithodora e Lithospermum sono quasi sinonimi. La vera caratteristica che le rende uniche è racchiusa in quel nome che comincia con ‘litho’, dal greco pietra. I semi di queste piante sono infatti racchiusi in frutti, detti nucule, coriacei e compatti, di aspetto e consistenza simile a pietroline. Se non li sorprendo nel bosco, spero almeno di scovarli nella Lithodora dei miei vasi. I fiori del Lithospermum di Noceto hanno sfumature rosa e violette prima di schiudersi, e a questo si deve l’aggettivo specifico di purpurocaerulea.

I fiori che resistono: borragine

Borrago officinalis

Borrago officinalis

Le petit cheval dans le mauvais temps
Qu’il avait donc du courage
C’était un petit cheval blanc
Tous derrière et lui devant

Il n’y avait jamais de beau temps
Dans ce pauvre paysage
Il n’y avait jamais de printemps
Ni derrière ni devant

Mais toujours il était content
Menant les gars du village
A travers la pluie noire des champs
Tous derrière et lui devant

Sa voiture allait poursuivant
Sa belle petite queue sauvage
C’est alors qu’il était content
Tous derrière et lui devant

… (poesia di Paul Fort, musicata da Georges Brassens)

vedi anche 12 ottobre 2008

Erba viperina

Echium vulgare
Rincorro questa pianta da un po’ di settimane. In realtà l’avevo vista e fotografata anche l’anno scorso, nello stesso punto, sul ciglio della strada, ma le fotografie scattate allora non mi piacevano granchè. Così mentre passavo sul mio cavallo di lamiera, puzzolente e scoppiettante, sempre mi riproponevo di trovare un altro attimo per fermare un’altra immagine. Prima che finisse la fioritura. E finalmente qualche giorno fa quasi fuori tempo …
Quest’erba si trova un po’ dappertutto, ma in particolare la sua fioritura è abbondante in un punto della strada che forma una stretta gola a valle di una delle fortificazioni che sovrastano la città di Genova, il forte dei Ratti. Un tratto di strada, che si insinua in una stretta curva su un piccolo ponticello, particolarmente selvaggio, e romito, tanto che nel nostro immaginario si è guadagnato il soprannome di curva dei briganti. Nel fossato cresce il carpino nero (vedi nel vecchio blog, 11 giugno 2008), il biancospino e il caprifoglio, e fiori sempre diversi, in questa stagione cardogna (1 luglio 2009), campanule (8 luglio 2009), centauree (22 giugno 2009) e naturalmente erba viperina.
Ci sono varie specie di erba viperina, questa si chiama erba viperina comune, Echium vulgare, ed è, credo, di gran lunga la più diffusa. Tutte le viperine condividono la stessa leggenda, di essere cioè potenti a sconfiggere il veleno della vipera, da cui deriva il loro nome (da echis, greco per vipera). Si narra infatti che una poltiglia masticata delle loro foglie abbia miracolosamente salvato dalla ferita del serpente due eroi mitologici. Ma è soltanto leggenda. Creata dalla fervida fantasia popolare, di quando il popolo osservava le piante con attenzione e interesse, e vedeva nei fiori dell’erba in questione, lievi e sgargianti, la forma di una testa di vipera. Come altre boraginaceae, le foglie sono commestibili, e tutta la pianta ha proprietà officinali e medicamentose. I fiori ‘viperini’ sono rosa azzurro, in ciuffi alti e arcuati, e foglie e steli ruvidamente pelosi, quasi ispidi.

Consolida femmina

symphytum tuberosum
Da bambina, nelle mie interminabili scorribande nei boschi, non temevo il veleno dei fiori. I boschi era liberi e freschi come giardini, l’erba morbida, rado il tappeto di foglie. Nei campi l’erba era bassa perchè tagliata regolarmente per foraggio, nei boschi il suolo era pulito perchè in autunno le castagne venivano raccolte ad una ad una. Non avevo paura di erbe velenose, e le assaggiavo quasi tutte. Forse per istinto, ma più probabilemte perchè ho avuto saggi maestri, non ho mai corso pericoli. Ricordo così bene questo fiore che ancora mi sembra di sentirne il sapore sulla lingua. Ma non lo vedevo da tanto tempo, quasi pensavo di essermi sbagliata. Invece è vero. Da sempre, i bambini succhiano i fiori della consolida femmina, c’è una goccia di nettare dolcissimo proprio sotto il tubo della corolla.
Le consolide, famiglia boraginaceae, sono piante officinali, symphytum officinalis consolida maggiore ha fiori di regola violetti e nobili proprietà medicamentose. “Da oltre 4.000 anni porta il nome di “prodigiosa erba” atta a rinsaldare le ossa spezzate… Se hai bisogno di aiuto la consolida non ti deluderà, ma la devi usare con pazienza et molta costanza. Pierandrea Mattioli – naturalista e medico (1500-1577) ” – (da actaplantarum). Ma anche la consolida femmina, un po’ più piccola, con fiori gialli e radice a tubero, da cui il nome symphytum tuberosum, contiene utili principi attivi come cicattrizzante, emolliente e per accelerare la guarigione delle fratture ossee. Questi principi attivi stanno soprattutto nelle radici, la goccia dolce invece sta nei fiori.
Quasi sfiorita ormai a giugno, cresce all’ombra del bosco, di quercia, di castagno, di carpino.