Ancora sotto la neve: orniello

fraxinus ornus

La neve di domenica scorsa è durata poco e il tempo oggi sembra decisamente puntare verso la primavera. Ma è ancora troppo presto, meglio non farsi illusioni. Quest’anno poi, stando al calendario lunare la primavera dovrebbe essere tardiva essendo la luna di marzo ancora dentro l’inverno e la prima luna di primavera verso la fine di aprile.
Così aspetto ancora un poco a celebrare il sole e ancora indugio a contemplare l’inverno, nel paesaggio innevato di domenica scorsa, con il primo piano un orniello, ancora adorno dei grappoli delle sue samare ormai secche, e pesante di neve sui rami spogli.

Notte d’inverno

fagus sylvatica

 

 

O gnomi che avete sussurrato gridato danzato da foglia a foglia, da fiore a fiore della reggia azzurra d’estate … ,
i rami degli alberi sono nudi, la foresta trema invasa dalla rigida luna,
dove vi celate ora? Mizuho Ota
(Giappone, 1876 – 1955)

 

La faggeta spezzata dal gelo al passo del Fregarolo, valico fra val d’Aveto e val Trebbia (prov. di Genova) – gennaio 2004

Erica

Erica arborea

Erica arborea

La neve è durata poco, ma è bastata a trasformare per poche ore le cose.

Una parte del divertimento è cercare di riconoscere le piante sotto la maschera bianca. L’apparenza è ingannevole, anche se nel bosco vicino a casa non mi posso aspettare grandi sorprese.

Ecco l’erica arborea, o scopa di bosco, riconoscibile quasi soltanto dal tronco, contorto e screpolato. Le piccole foglie, tenacemente verdi (vedi 9 marzo 2010), ammantate e piegate sotto il peso. A ben guardare si scorge qualche resto delle capsule dei frutti.

Fioritura precoce: forsizia

forsythia sp
E’ una delle prime a fiorire, con un carico grondante di fiori gialli sugli steli ancora privi di foglie.

Ma questa coraggiosa forsizia quest’anno è stata un po’ frettolosa e la neve dei giorni della merla l’ha colta all’improvviso, imbiancando le corolle che dovevano portare il colore del sole in questo amaro lungo giorno d’inverno.

Camelie

camellia japonica
La patria della camelie è il Giappone, da dove un padre gesuita (tanto per cambiare) le portò in Europa verso la metà del XVIII secolo. Questo prete, originario di Brno, città della Repubblica Ceca chiamata Brunn in tedesco, si chiamava Georg Joseph Kamel, e dal suo nome Linneo, sempre a caccia di idee per battezzare le piante, chiamò il fiore camelia. Georg Joseph Kamel dopo il suo ritorno nel 1738 aveva tenuto una conferenza alla Royal Society di Londra e in quell’occasione aveva venduto due arbusti di camelia a un Lord inglese, Lord Petre. Questi li portò nel suo castello di Thornden-Hall dove il suo giardiniere, ignaro del singolare carattere delle camelie, le sistemò nella serra, al caldo, facendole morire. E causando anche la morte del Lord che, si dice, ne ebbe il cuore spezzato. Il giardiniere però era un tipo tosto, e non si scoraggiò. Nel 1740 si dedicò ad istituire un vivaio di piante tutto suo, nel quale ripetè il tentativo: questa volta la camelia attecchì e divenne la capostipite di tutte le camelie d’Inghilterra.

camelia hiemalis

Questa e molte altre affascinanti storielle ho letto in un libretto intitolato “Piccola storia dei fiori” di Gabriele Tergit, Sansoni, Firenze, 1962.

Ho parlato della mie camelie il 24 novembre 2008, il 20 dicembre 2009 e il 3 gennaio 2010, e di altre camelie il 16 febbraio 2009 e il 20 e 21 gennaio 2010 .

Ma questa è la prima foto della mia c.japonica che mostro sul blog. Insieme alla c.hiemalis Kanjiro ora sotto la neve, tutte e due, insieme in fiore.

Castagni sotto la neve

castanea sativa
Puntuale ritorna la neve di gennaio. Quest’anno proprio a tempo con i famosi “giorni della merla”, gli ultimi tre giorni di gennaio, i tre giorni più freddi dell’anno. La leggenda è nota, ma mi piace ricordarla perchè l’ho imparata dalla mia maestra di scuola elementare, che si chiamava Eleonora Guerriero. Molto tempo fa, racconta la storia, i merli erano uccelli candidi come le colombe. Ma durante un inverno particolarmente rigido, il 29 di gennaio, una mamma merla con i suoi uccellini si rifugiò per riscaldarsi dentro la cappa di un camino. Vi rimase tre giorni, fino all’ultimo giorno di gennaio, e quando uscì era nera di fuliggine. E neri i merli rimasero per tutti gli anni a venire.

Mazzetto di maggio

prunus avium
Assopiti, ma vigili, gli alberi da frutto si preparano per il risveglio. Anche a gennaio crescono i mazzetti di maggio.

Le gemme si riconoscono dalla forma. Nelle drupacee, come il ciliegio dolce o Prunus avium (ovvero ciliegio degli uccelli), si riconoscono tipici rami a gemma detti dardi. Il dardo può avere una gemma apicale vegetativa e numerose gemme di contorno di carattere fiorifero; in questo caso, come nella foto, prende il nome di mazzetto di maggio.

Cycas

Cycas

Cycas revoluta

Una cycas non è una pianta qualsiasi. E’ una delle piante più antiche esistenti sul pianeta,  l’unica esponente della famiglia delle Cycadaceae, appartenente all’ordine delle Cicadali, un fossile vivente, che sarebbe apparsa sulla terra prima dei dinosauri. Sempreverde, a crescita lenta, assomiglia molto a una palma e con questa viene talvolta confusa. Ma con le palme non ha proprio niente a che fare. Le palme sono angiosperme (piante che si riproducono grazie a fiori con ovario), Cycas è una gimnosperma (come conifere e ginkgofite), cioè i suoi fiori non presentano l’ovario e la pianta non produce frutti propriamente detti, ma gli ovuli maturano in semi carnosi, di colore rosso-arancio. E’ una pianta dioica, i fiori sono unisessuali e sbocciano su individui diversi. Gli esemplari femminili non hanno dei veri propri ‘coni’, ma al centro della rosa fogliare cresce un groppo semisferico di foglie ammassate che contiene i semi. Le piante maschio hanno coni che assomigliano un po’ di più alle classiche pigne, ma io non li ho mai visti dal vero perchè quasi tutte le cycas che si incontrano in italia nei giardini sono femmine. Infatti, oltre che attraverso l’impollinazione, la pianta si riproduce anche per polloni.

Qui ne ho scovata una in un cortile nel centro storico di Albenga, dove in questo grigio pomeriggio invernale convivono sempreverdi e spoglianti. Ma avevo gia mostrato una Cycas, fotografata nel parco di Nervi (Genova),  il 30 dicembre 2009, lucida e verde nonostante il freddo (qui sotto la stessa immagine mostrata allora, si può aprire più in grande).

Cycas

Cycas revoluta

Come dicevo allora, Cycas è una pianta ornamentale coltivata per il suo aspetto, che si è propagata anche spontaneamente sulle riviere per il clima particolarmente adatto. Fredda e compassata, con quell’aria inappuntabile, quasi finta, ha foglie bipennatosette, lucide coriacee e puntute, che le conferiscono un portamento elegante, piuttosto sofisticato. Per questo è frequente nei giardini di lusso e gli esemplari di una certa dimensione vengono venduti a prezzi tutt’altro che popolari.

Cycas ha anche una pessima reputazione di pianta assassina perchè ogni sua parte è velenosa e particolarmente tossici sono i semi, grosse noci colorate che possono trarre in inganno gli animali domestici. L’allarme è già scattato da qualche anno da parte dei veterinari, nei confronti dei proprietari di animali, soprattutto cani, ignari di avere in giardino un potenziale killer.  Questo allarmismo però non è molto giustificato perchè la pianta non è veramente appetibile, con le sue foglie pungenti e i semi legnosi. Tuttavia l’informazione è utile perchè l’avvelenamento ha effetti anche letali e qualcuno purtroppo ne ha fatto le spese.

E’ sorprendente scoprire poi che questa velenosissima pianta è usata anche per scopi alimentari. La Cycas è un ‘Sago palm’ o palma da sago,  e dal midollo del tronco si estrae un amido, il sago, che viene impiegato come fecola. Prima di usarlo in cucina però, l’estratto del midollo di cycas viene trattato e lavato accuratamente per liberarlo delle tossine.