Aneto

anethum graveolens
Impossibile cucinare in Polonia senza usare quest’erba. In bella vista in primo piano su tutti i banchi di frutta e verdura, sembra che abbia sostituito tutte le altre erbe di stagione e vien quasi in mente che sia un’erba originaria della regione, come la betulla. Non è vero. In tutto simile al finocchio (ma l’aroma è completamente diverso!), l’aneto è una pianta originaria del Medio oriente e naturalizzata nel Mediterraneo. Potrebbe essere perenne (come il finocchio), ma è quasi sempre coltivata come annuale, e a maggior ragione in Polonia, dove non credo apprezzerebbe la rigidezza dell’inverno. In polacco si chiama koper e in tedesco dill. Amata anche dagli Scandinavi, il suo sapore sia adatta bene con le marinate di pesce e le foglioline sono ottime in insalata e nelle zuppe. Si usano naturalmente anche i semi, soprattutto per aromatizzare l’aceto e le verdure conservate come i cetrioli (anch’essi immancabili sui banchi dei verdurai polacchi in questa stagione).
anethum graveolens

Aneto (koper) e cetrioli su un banco di un fruttivendolo di Stettino (Szczecin)

Rosa rugosa

rosa rugosa
Non è spontanea in Italia, anche se ampiamente coltivata, insieme alla sua sorellina, rosa muscosa, perché molto usata per preparare marmellate e sciroppi. E’ originaria dell’Estremo Oriente, precisamente la Manciuria (Nord della Cina) e ha fatto molta fortuna in Nord Europa, dove si è forse inselvatichita, ma certo continua ad essere coccolata da tutti. E’ una rosa selvatica bellissima, con molte piccole spine sul fusto e fiori semplici o doppi dolci e profumati. Qui cresceva rigogliosa poco distante da una spiaggia del Baltico, un vasto roseto tappezzante sul bordo di una strada di fango e sabbia. Lo sciroppo di rose è un prodotto tradizionale in Liguria. Ricordo una pianta di rosa muscosa, molto simile alla rugosa, ma più contorta, con spine ancora più fine e fitte sul fusto, che cresceva tranquilla in una fascia semi abbandonata nell’orto della mia casa in campagna (Bargagli, Genova). Lo sciroppo si può fare anche con la rosa gallica, che ha un aspetto più convenzionale e una tradizione mediterranea più antica. Di quest’ultima ho una pianta in giardino, lo sciroppo è comunque squisito.

Nocciolo della Turchia

corylus colurna
Insieme ai grandi alberi tipici della zona (faggi, aceri, betulle, tigli, larici e molti altri ancora) nel Nord ho incontrato alberi più esotici che prosperano nei giardini. Come questo nocciolo della Turchia che, a giudicare dal nome, non credo sia originario della Pomerania. Il genere corylus è naturalmente quello del nostro nocciolo (corylus avellana, vedi vecchio blog ) e la famiglia tradizionale quella delle betullaceae, che comprende, oltre naturalmente alle betulle, anche i carpini. Mi pare che recentemente i noccioli abbiano conquistato una famiglia a parte, le corilacee, per riconoscerne una certa unicità di caratteristiche. Come al solito, mi importa poco essere pedantemente precisa. Mi pare più importante riconoscere quello che questi alberi hanno in comune con le flessuose betulle, l’eleganza, una delicatezza fiera e imperturbabile, un certa aria di mistero. Questo nocciolo della Turchia ha i frutti racchiusi in un guscio lobato avvolto da ampie brattee appuntite, e foglie cuoriformi, dentellate, un po’ più scure di quelle del nocciolo comune. Nei nostri parchi urbani non l’ho mai incontrato, ma forse non ho prestato abbastanza attenzione. Ma chissà perchè mi pare sempre che i parchi delle città del Nord siano più rigogliosi e vari e non mi lascio scappare l’occasione di fare qualche nuovo incontro.

Pino silvestre

Pinus sylvestrisPinus sylvestris

 

 

Eccomi di ritorno dopo un soggiorno breve, ma ricco, nel Nord, sulle rive del mar Baltico. Terra di grandi alberi e grandi foreste, mi faceva percepire la piccolezza della nostra vegetazione mediterranea. Agli alberi bisogna che dedichi un po’ più di spazio in questo blog perchè forse li ho un poco trascurati. Questo pino non ha bisogno di grandi presentazioni. E’ nota la sua bellezza, il portamento superbo, la chioma grigio verde, la corteccia rossastra. Sono note le proprietà balsamiche di gemme, linfa e foglie. I suoi boschi si estendono dalla Spagna del Nord fino alla Siberia, benchè in modo discontinuo perchè nel tempo ha lasciato il posto ad altre piante, soprattutto latifoglie come il faggio. Questo bosco di pino silvestre si trova in prossimità del mare, nei pressi di Kołobrzeg (nome impronunciabile, semplificato dai tedeschi in Kolberg), nella Pomerania occidentale. I pini crescono su un suolo di sabbia e si spingono fino alla battigia. D’altra parte il pino silvestre è una pianta pioniera, gli basta uno sperone di roccia esposto al sole, poca terra sabbiosa. Tolera climi inclementi e sopporta lunghi periodi di siccità e temperature fino a -40 sottozero. Temperatura non lontana da quella dell’ultimo, gelidissimo inverno, in Polonia.
Sto imparando, piano piano e con una certa fatica, a riconoscere le conifere più importanti. Mi sorprendo a cogliere particolari che prima mi sfuggivano. Nata in terra da latifoglie, le piante aghiformi mi sfuggono e non ne comprendo sempre l’anima, così raramente ne subisco il fascino. Ma questo bosco di pino silvestre, ordinato e luminoso, silenzioso e profumato, avvolge e soggioga come pochi altri ambienti che ho conosciuto.

Ononide spinosa

ononis spinosa
Se fosse gialla, sarebbe un’altra della numerose piante volgarmente dette ‘ginestre’. Invece ha scelto il rosa e si distingue con grazia e attenzione. Ma anche con una certa grinta, perchè le spine le ha davvero. E non solo. Volgarmente detta arrestabue, sembra che abbia radici così caparbiamente avvinghiate alla terra da rendere difficoltosa l’aratura.

Con questo post, devo congedarmi per un breve periodo dal blog

appuntamento al 20 luglio
o giù di lì
rimanete con me … torno presto

Semprevivo ragnateloso

Sempervivum arachnoideum

Sempervivum arachnoideum

Le crassulaceae sono una famiglia di succulente con molti membri originari delle nostre regioni, soprattutto nel genere Sedum (borraccina, vedi 2 dicembre 2008, ma anche 4 maggio 2010) dai graziosi fiorellini con cinque petali appuntiti, e Sempervivum (31 ottobre 2008), i cui fiori di petali ne hanno molti, da 8 a 16. Questo semprevivo ragnateloso (il nome è tutto un programma) è una delle poche piante di tutte le crassulaceae che sia provvista di peli, che coprono le rosette e aiutano a preservare l’umidità.
Nella foto a sinistra, eccolo in tutto lo splendore della sua fioritura, nel luglio 2009, mentre la foto a destra mostra le ricche rosette senza fiori nei primi giorni di giugno del 2010.

Delosperma

delosperma cooperi

 

 

Fra le succulente, o piante grasse come un tempo si chiamavano, le aizoacee sono quelle che hanno i fiori più belli. Vengono quasi tutte dal Sudafrica, ma molte si sono naturalizzate sulle coste del Mediterraneo. Come il curioso fico degli ottentotti (12 maggio 2009), che nel suo paese di origine è una pianta a frutti commestibili. I fiori delle aizoaceae assomigliano ai capolini delle asteracee, in altre parole a delle margherite. Ma non c’è alcuna somiglianza reale, perchè i capolini sono composti di molti fiori, mentre questi fiori sono singoli con molti petali.
Questo delosperma è una pianta generosa, che può anche diventare tappezzante e si copre di fiori rosa scuro con petali sottili come quello della foto. Quest’anno però ha fatto un’unico fiore e temo non ne farà altri. Il gelo lo aveva quasi ucciso e i rami secchi stavano soffocando le ricrescite. Così deve aver speso quasi tutte le sue energie per rigenerare le foglie.

Orobanche

orobanche picridis

Le orobanche, singolari piante parassite di aspetto bizzarro (vedi questo post del 29 maggio 2009 nel vecchio blog) si possono identificare anche per la pianta che parassitano e questa orobanche deve il suo nome scientifico (o.picridis) al fatto che il suo ospite preferito sono piante del genere picris, margherite gialle, famiglia delle asteraceae. Ma non solo, o.picridis parassita anche daucus carota, cioè la carota, che un’ombrellifera assai comune (12 luglio 2008) e a me è capitata come parassita di un’altra ombrellifera, una grande pianta del così detto sedano di monte (levisticum officinalis, 9 giugno 2009) che cresce rigogliosa in giardino. Le orobanche sono piante interessanti, ma io non le trovo nè attraenti nè simpatiche. Hanno queste teste marroncine da chi può fare a meno della clorofilla, visto che sfruttano quella dei vicini, il fusto, peloso all’aspetto, è viscido al tatto e le corolle sembrano tante boccucce imbronciate, di bambine viziate. Intorno al mio sedano ne crescono a frotte e sono un po’ preoccupata. La pianta è ormai alta e solida, con molti fiori; ma i rami bassi hanno foglie gialle. Mi dispiacerebbe che lo facessero soffrire.

Euforbia mandorlo

euphorbia amygdaloides
Avevo mostrato il germoglio alla fine dell’inverno (vecchio blog, 10 marzo 2010), riconoscibile per le foglie affusolate. Eccola fotografata nelle stesso bosco, quello vicino a casa mia verso Bavari (colline di Genova), ma completamente trasformata dalla fioritura. Se non fosse per la rosetta di foglie basali, sarebbe arduo supporre che si tratti della stessa pianta. Che sia euforbia, non c’è dubbio, anche senza conoscerne tutte le numerosissime specie, le euforbie sono a loro modo inconfondibili. Ma se dubbio potesse esserci il lattice bianco e orticante che sanguina dal fusto spezzato lo fugherebbe immediatamente.
Anche questa pianta prende il nome dalle foglie del mandorlo, come la campanula di ieri. Ma che differenza di forme e di tessuto! La delicatissima campanula è ricercata per allietare gli occhio nei giardini, mentre le perfide euforbie, piante sempre velenose, sono di una bellezza scostante e quasi diabolica. Alcune sono veramente attraenti, come la famosissima E. pulcherrima, poinsettia o stella di natale. Altre piuttosto interessanti per la forma e i colori inconsueti. Tutte lontane da banalità e modestia.

Campanula a foglie di pesco

Campanula persicifolia

Campanula persicifolia

 

 

Le campanule si riconoscono facilmente e sembrano a prima vista molto simili, precise e attente, molto aggraziate. Questa specie ha foglie sottili, che ricordano quelle del pesco o del mandorlo (si chiama anche campanula amygdalifolia) e campane florali piuttosto piccole e rotondeggianti, quasi sempre azzurro violaceo, o talvolta candide, come in questo grazioso esemplare, fotografato l’anno scorso (luglio 2009) nel giardino botanico di Pratorondanino.