Anche l’encelia californica cresce spontanea a Point Loma (San Diego). In inglese ha diversi nomi: coast sunflower, o girasole della costa, California brittlebush, spazzoletta della California e bush sunflower, girasole della macchia. In italiano non ha nome comune, perchè in Italia non esiste. Se il suolo è umido, la pianta conserva le foglie, verdi e affusolate, per tutto l’anno. Ma se l’acqua manca, la sua strategia per combattere la siccità consiste nel perdere tutte le foglie, pronte a ricrescere alle prime piogge. Tollera i luoghi semidesertici, ma non sopravvive al gelo.
Il fiore è una bella margherita, con petali esterni (ligule) giallo oro, che contrastano con il bottone centrale bruno scuro. Per il suo aspetto attraente è anche un fiore ricercato dai giardinieri.
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Pratolina
Ancora alla ricerca di fiori che resistono. La piccola pratolina non tradisce mai.
vedi anche 15 febbraio 2009
Il blog ritorna dopo il 20 novembre. A presto
Gli irriducibili: grespino spinoso
E’ fra gli infestanti più comuni. E’ una creatura selvatica e spavalda, antipatico forse, irto di spine molli, ma pungenti. Resiste, anzi prospera, fiorisce sempre, baldanzoso sul suo stelo robusto ed eretto, fino a un metro e più di altezza.
Un suo stretto parente, simile nell’aspetto e nel carattere, è il grespino comune, sonchus oleraceus, 19 febbraio 2009
I fiori che resistono: Cespica karvinskiana
Il nome è complicato, ma si tratta di quelle comunissime margheritine bianche e rosa che formano densi cespi ricadenti sui muri. E’ una specie esotica, perchè originaria del Nord America, molto simile alla Cespica annua (23 ottobre 2009), che però è solo bianca e cresce nei prati umidi. Frequentemente coltivata, e inselvatichita perchè sfuggita alla coltivazione, è graziosa e discreta e fiorisce, quando può, fino all’inverno
Astro settembrino
Sono ritornata per la strada del Monte Fasce, che non percorrevo da alcuni anni. Proprio sopra Apparizione, prima ancora di arrivare a quel monte Borriga, conosciuto come Liberale, dove si trova una celebre omonima trattoria, nonchè un monastero, la strada si inerpica stretta e tortuosa su per crinali spogli d’alberi, ma ricchi di vegetazione erbacea. Sul pendio ripido e brullo sbocciano, come stelle rosate, i cespugli densi di astri settembrini. Non li avevo mai visti. Da dove vengono? Ci sono sempre stati?
— Il vero viaggio non è quello di andare verso nuovi paesaggi, ma di avere occhi diversi —
Riprendo una citazione molto in voga sul web (da ‘La prigioniera’ di Marcel Proust) e immagino di averli riconosciuti oggi per la prima volta, dopo decenni che percorrevo questa strada in tutte le stagioni.
Probabilmente si tratta di Aster sedifolius, o meglio Galatella sedifolia, una varietà coltivata anche per ornamentale. La sua generosa fioritura tardiva, le poche pretese, la resistenza alle avversità ne fanno una pianta gradita e piacevole, con grandi possibilità di sopravvivenza.
Così ne guardavo, di sfuggita dall’auto (stavolta è difficile scendere da cavallo, fermarsi in questa strada ripida e stretta, trafficatissima di domenica), i cespi sparsi ovunque per il prato, un colore delicato in contrasto con questa natura già brulla, disposta ormai a regalare soltanto il rosso di foglie e bacche. E mi parevano quasi spaesati, come capitati per caso. Ma forse, magari, è soltanto un’impressione.
Solidago maggiore
Oggi è il primo giorno d’autunno, o magari val bene chiamarlo l’ultimo dell’estate; e il blog riprende, spero con l’abituale assiduità. Anzi, vorrei persino recuperare il tempo perduto e riempire tutti questi giorni di settembre che ho lasciato vuoti, perchè tante sono le piante meravigliose che ho osservato in questo scampolo di bella stagione. Estate che si allontana, ora nel bagliore e nella rabbia di temporali selvaggi, ora con la grazia di una brezza del mattinoappena appena più fresca. Intermittente il sole, ma sempre caldissimo. Ancora brillano ai margini delle strade le fioriture gialle delle inule (inula viscosa, 28 settembre 2008) e delle solidago, la varietà europea, solidago virgaurea (28 agosto 2009) e le varietà esotiche, importate per lo più dal Nord America come piante ornamentali, molto diffuse nei giardini per la loro fioritura prolungata e generosa. Le specie sono solidago candiensis e solidago gigantea, quest’ultima chiamata solidago maggiore perchè si slancia fino a 2 metri in altezza. A questa specie ho assegnato la pianta della foto, anche se non ne ho la completa certezza. Le due specie si distinguono per la pelosità del fusto (la gigantea è glabra, come mi pare quella della foto) e per altri caratteri diacritici che mi appassionano, ma preferisco qui lasciare agli specialisti (per gli interessati suggerisco di leggere la discussione nel forum di actaplantarum).
Pianta fotografata durante un breve passeggiata nei pressi di casa, nel giardino di qualche vicino, Genova Fontanegli.
Cardo pallottola
Ho incontrato questa pianta per la prima volta in Sicilia, nella riserva naturale di Marinello, ai piedi del promontorio di Tindari. Si tratta di un ambiente naturale di lagune, che si sono formate presso il mare a causa principalmente di opere umane, ma che tuttavia costudiscono una flora ricca e caratterstica. Il cardo pallottola è un’asteracea come tutti le altre stelle spinose che chiamiamo cardi, soltanto questa non una stella, ma una pallina sormontata di spine.
La specie più comune si chiama e.sphaerocephalus (qui sotto) e l’ho fotografato nel giardino botanico di Villa Hanbury. Il suo nome significa proprio con la testa a sfera e ha infiorescenze azzurrine. E. spinosissimus (foto a destra, fotografato a Marinello nell’agosto 2002) ha invece infiorescenze pallide, biancastre, più grandi, e foglie più fitte di spine.
Fiordaliso bratteato
Centaurea è il nome scientifico di tutti i fiordalisi e centaurea bratteata è un possibile nome italiano di questo bel fiore. L’amico Ale di actaplantarum dice che una volta era indicata come Centaurea bracteata e oggi va sotto il nome di Centaurea jacea L. subsp. gaudinii (Boiss. & Reut.) Gremli. Sicuramente alquanto troppo complicato per me. Tengo per buona Centaurea jacea, senza sbagliare troppo. La sua caratteristica principale che la distingue dalle altre centeuree sono le brattee, poco visibili peraltro in questa fotografia, che ricoprono l’involucro florale. Brattee con appendici chiare, convesse, biancastre più scure al centro, che le fa apparire quasi argentate. Fiore comune in questa stagione in cui le fioriture si fanno sempre più scarse nella mia campagna di Liguria, modesto ed elegante come tutti i fiordalisi.
Fotografato sulla strada di Canate.
Farfaraccio
Le piante del genere Petasites si chiamano farfaraccio o cavolaccio. Le foglie sono sempre molto grandi, esagerate. Con le foglie di Petasites hybridus, pianta comune nei lugohi ombrosi e umidi, i bambini si fanno copricapi, molto freschi. Alcune specie sono commestibili, soprattutto i gambi. I fiori spuntano all’inizio della primavera prima della foglie e, come la famiglia dovrebbe far sospettare, sono composti, (vedere P.albus, 14 aprile 2009, e P.fragrans, 7 marzo 2010), un agglomerato di piccoli fiocchi rosa o bianchi, posti alla sommità di un robusto gambo.
Sono certa che queste foglie appartengano a un Petasites perchè me lo ha detto Beata, un’amica botanica che mi ha accompagnato nella visita al giardino di Przelewice (Pomerania). Mi ha detto anche la specie, ma non me la ricordo. Molto appariscente, questa distesa di grandi foglie, pur nella penombra dei grandi alberi secolari, pioppi, frassino olmi e faggi, una distesa a perdita d’occhio di foglie che sfiorano le cosce delle persone non troppo alte come me. Sotto questo bosco di ombrelli tutto si immagina, tutto potrebbe esserci (anche se che in quell’ombra spessa di vegetali non ce ne sarà traccia).
Asterisco spinoso
Dopo aver girovagato per il mondo, dal cipripedio russo all’acero americano, torno sulla strada di casa con quest’asteracea dalla forma singolare. Il fiore assomiglia all’incensaria (Pulicaria disenterica, vecchio blog 21 settembre 2009), ma è circondato da una corona di brattee appuntite, di cui le più lunghe hanno apici acuti e talvolta spinosi. Così, dietro al capolino del fiore, c’è una vera e proprio stella di foglie, da cui il nome comune. L’origine del nome scientifico, Pallenis, ma si può chiamare anche Asteriscus spinosum, è abbastanza arcana, greca evidentemente, forse dalla città di Pallene, forse dalla ninfa che aveva lo stesso nome.