Il mirtillo è un frutto dal piacevole sapore e dalle ricche virtù. Quello che tutti conosciamo, Vaccinium myrtillus (vedi 27 agosto 2009), è una piccola bacca blu e si incontra nei boschi, anche in alto sui monti dell’Appennino fino al confine della vegetazione, dove matura da giugno a agosto a seconda dell’altitudine. Poi c’è il mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea) che predilige l’umidità del sottobosco dei boschi del Nord. Tutte e due sono piuttosto difficili da coltivare in giardino.
Così si può provare il mirtillo gigante (Vaccinium corymbosum; vedi un’immagine delle foglie qui), una pianta e resistente che viene dal Nord America. Oppure abbandonare il genere Vaccinium, famiglia della Ericacae, e avventurarsi verso terre lontane, dove crescono arbusti ed alberi dai piccoli frutti interessanti.
Facciamo così la conoscenza del mitico mirtillo siberiano (Lonicera caerulea var.kamtschatica), che come indica il nome scientifico, è della famiglia della Caprifoliaceae e come il caprifoglio porta dolci fiori aggraziati, di colore giallino con stami dorati. Non conosco bene i frutti, l’anno scorso ne ha portati a maturazione pochi soltanto. Ma è una pianta giovane e ho fiducia che quest’anno non mi deluderà.
Da ancora più lontano è arrivato il mirtillo della Patagonia, Aristotelia chilensis, dell’astrusa famiglia della Elaecarpaceae. Anche ne condivide il soprannome, difficile trovare vere somiglianze con il mirtillo nostrano. Il maqui, così viene chiamato in Cile, è un alberello che può alzarsi fino a 5 metri di altezza, ha fusti rossicci, foglie verde scuro brillante, e fiori che spuntano alle ascelle delle foglie, in piccoli mazzetti verdini. Ancora non sono sbocciati e già mi incuriosiscono, fitti e aggraziati. A presto gli aggiornamenti.