Bauhinia variegata

Bauhinia variegata

Bauhinia variegata

 

Dovevo andare in Brasile, il loro ambiente ideale, per riuscire finalmente a vedere e godere dei fiori della bauhinia, un’albero meraviglioso, detto anche albero delle orchidee brasiliane , o più volgarmente Pata-de-vaca, zampa di mucca, per la forma curiosa, bilobata delle sue foglie.  Originaria dell’Asia, si è diffuso talmente in America latina da diventare un protagonista della flora ornamentale brasiliana.

Citando il botanico Enrico Banfi : “Ci si aspetta sempre, chissà perché, che al nostro arrivo in qualsiasi terra tropicale ci si parino innanzi splendidi alberi, arbusti, erbe, patrimonio esclusivo o quanto meno indigeno di quell’area geografica, mentre nel 90% dei casi si tratta di entità alloctone che ormai globalizzano le flore dei climi caldi, (…) una vegetazione antropogenica formata da piante pantropicalizzate.”

Bauhinia forficata

Bauhinia forficata

Mi piace scoprire l’origine delle piante, adoro le piante tropicali e non mi preoccupa che abbiano colonizzato tutto il mondo. In un mio precedente post, in data 9 novembre 2009, che riprendo un pochino oggi, ne avevo mostrato una specie (qui sotto) fotografato all’orto botanico di Lucca e l’avevo addirittura chiamato “albero brasiliano”, perchè quella era certo la provenienza che risultava dalla sua scheda.  Ne avevo incontrata  un’altra, più a suo agio, nel giardino del Forte Rosso di Agra, non lontano dal Taj Mahal, come descritto nel post del 1 marzo 2010. E finalmente ne avevo fotografato i fiori, bianchi nella specie B.aculeata (originaria, ma chissà, del Perù), nel giardino di villa Hanbury a Ventimiglia nel settembre 2010.

Sembra che Linneo (sempre lui) abbia chiamato questa pianta Bauhinia in onore dei due fratelli John e Caspar Bauhin, botanici svizzeri del XVI secolo, associando alla celebre coppia la doppia foglia di quest’albero. La famiglia è quella delle Fabaceae, in quella che oggi è considerata la sottofamiglia delle Caesalpinaceae, così chiamata da un altro grande scienziato e botanico dello stesso secolo, Andrea Cesalpino.

Guarapuruvu, l’albero più bello del Brasile

Guarapuruvu - Schizolobium parahyba

Guarapuruvu
Schizolobium parahyba

Questo esemplare, relativamente minuto, svettava al tramonto nel cielo di Inhotim (Minas Gerais, Brasile), fantastico museo all’aria aperta di arte e botanica del Nuovo Mondo.

Nativo dell’area neotropicale, il guarapuruvu è una creatura tipica della mata atlantica. E’ l’albero simbolo di Florianopolis, capitale dello stato di Santa Catarina, ma si trova anche molto più a Nord, nello stato di Bahia.  Inizialmente descritto come Cassia parahyba, è un albero alto e flessuoso, certamente molto ornamentale, dall’accrescimento rapido e morbide fronde a ventaglio. Foglie composte di piccole foglioline che rivelano l’appartenenza alla famiglia delle Fabaceae.
I brasiliani orgogliosi me lo presentano come l’albero più bello del Brasile, precisandomi che questo è un individuo piccolino perchè l’albero cresce cresce e raggiunge anche i trenta metri di altezza.

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Lupino ornamentale

Lupinus polyphyllus

Lupinus polyphyllus


 
Negli ultimi anni ho avuto diversi lupini da fiore in giardino, affini a quel Lupinus polyphyllus che avevo mostrato dopo la fioritura in un giardino botanico polacco (agosto 2010). Quello della foto a destra è nato da una bustina di semi comprata nel 2010 in California, seminato l’anno dopo, è fiorito nell’anno successivo, ma per sole due stagioni. Questo specie di lupino, originario proprio del Nord America, non è una specie pura, ma un ibrido ottenuto dal vivaista inglese George Russel e dovrebbe essere perenne. Ho però ricavato molti semi e l’anno scorso ho provato a seminarlo di nuovo. E’ stato allora che ho imparato a mie spese come il lupino sia, insieme ad altre fabaceae, in primo luogo i piselli, pianta molto gradita a lumache e chiocciole, che si sono moltiplicate in maniera impressionante negli ultimi anni nel mio giardino. Nonostante le attenzioni, e con mio grande dispiacere, nessuna piantina dell’anno scorso è sopravvissuta  all’attacco.
Quest’anno ci ho riprovato e ho per ora ottenuto quattro piantine, figlie del californiano a fiori blu, che sono ancora in vasetto, mentre ho acquistato una pianta nuova, che è cresciuta felicemente per il primo mese, regandomi una splendida fioritura rosa acceso. Per poco tuttavia perchè di nuovo i voracissimi molluschi sono tornate alla carica e hanno divorato le basi dei fiori, spezzandoli entrambi in una notte. Tragedia!! Temevo di non salvare il lupino e ho dovuto, mio malgrado usare l’odiatissimo veleno per lumache a palline blu. Lotta impari per le povere chicciole, che tuttavia avevano meritato una lezione. Il lupino rosso, ferito e mutilato, è riuscito con grande coraggio a fiorire nuovamente, un’infiorescenza più piccola e pallida, che ha prodotto almeno due baccelli e forse, quindi, altri semi. Se la mia lotta contro le lumache sarà vittoriosa, potrei avere lupini ornamentali di due colori diversi in qualche anno a venire.

 

Lupinus  polyphyllus

Lupinus polyphyllus

Lupinus  polyphyllus

Lupinus polyphyllus

Citiso e vulneraria

Cytisus hirsutus

Cytisus hirsutus

Anthyllis vulneraria

Anthyllis vulneraria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Due piante incontrate oggi nel bosco, in una giornata incerta e nebbiosa, la prima, il citiso, sui 500 metri di altitudine (località Prato Sopralacroce, Borzonasca), la seconda, la vulneraria, quasi a 1000 metri (passo del Bocco).  Due fabacee molto simili all’apparenza. Fra le similitudini, oltre ovviamente alla famiglia, e quindi la forma del fiore, il colore e anche una certa pelosità del calice, da cui prende il nome Anthyllis (dal greco iulus, peluria) e l’aggettivo specifico di Cytisus hirsutus.
Di Cytisus ne esistono veramente molte specie, ne conto quasi quaranta in IPFI di actaplantarum, tutte piccole ginestre, con foglie a tripletta, come i trifogli (genere Trifolium) e le erbe mediche  (genere Medicago).  Fra essi si può annoverare anche il maggiociondolo, che tuttavia viene attribuito più precisamente al genere Laburnum (vedi anche 29 maggio 2009).
Anthyllis vulneraria è invece ricca di sottospecie, i libri la definiscono specie polimorfa, con fiori di diversi colori dal rosso al bianco, fino al giallo. L’aggettivo specifico, vulneraria, con cui è conosciuta nel linguaggio comune, si riferisce all’uso tradizionale e quasi leggendario di questa pianta per la cura delle ferite. La disposizione dei fiori e il numero e la forma delle foglie la differenziano in modo inequivocabile da Cytisus.

Lupinella

Onobrychis viciifolia

Onobrychis viciifolia

 

Foraggera, mellifera, questa graziosa piantina rosata e screziata di rosso, è un nobile esempio della generosità vegetale. Il suo nome scientifico, di antiche origini, suggerisce che fosse cibo gradito degli asini che ne brucavano avidamente. Anche le api la bottinano, confezionando un miele delicato e chiarissimo.
Ho assegnato questo esemplare alla specie più diffusa, Onobrychis viciifolia o lupinella a foglie di veccia, che veniva coltivata abbondantemente come foraggio e, sfuggita alla coltivazione, ha colonizzato colline e pendii di mezza Italia. Ma potrebbe essere anche Onobrychis supina, lupinella sdraiata, molto simile in colori e forma, anch’essa comunque a quanto pare non disdegnata dall’ape.
Fotografata vicino alla velenosissima coriaria (vedi ieri), sulle montagne fra Imperia e Savona nei pressi del passo del Ginestro.

Trifoglio rosseggiante

Trifolium rubens

Trifolium rubens

Nel folto del prato, in mezzo a una rigogliosa fioritura di trifoglino irsuto (lLotus hirsutus) scopro un trifoglio che non conoscevo, il trifoglio rosseggiante. L’infiorescenza è piramidale e poi quasi cilindrica alla maturazione. Il colpo d’occhio è una certa somiglianza, visiva, e certo solo per profani, con lo scovolino per bottiglie (bottle brush) del Kallistemon (29 settembre 2008). Rosseggia davvero, e non passa inosservato, nè all’occhio umano, nè a quello, certo a lui più gradito, dei visitatori e impollinatori.

La mimosa dei Sinti

Acacia dealbata

Val Polcevera, via al Santuario Nostra Signora della Guardia
Acacia dealbata

 

 

 

 

Fotografata con il permesso di una gentile signora sinti, che, sorpresa e turbata, come prevedibile, dalla mia macchina fotografica, è parsa immediatamente rassicurata dal mio interesse esclusivamente per la mimosa.
Questo articolo è stato pubblicato anche sul blog ancora sperimentale (e sempre in costruzione) “La città segreta – scorci di vita e natura fra asfalto e cemento” vedi al link.

Ononide bacaja

ononis natrix
Una fabacea dai fiori gialli che non è una ginestra, e neppure un lotus … il nome ononide, scientifico ononis, ha a che fare con gli asini, erba degli asini o erba che puzza d’asino. Chissà. Certo non c’è molto da dire sull’utilità di questa pianta, anche se alcune specie possono essere foraggere (non per niente siamo nella nobile famiglia di trifogli e erbe mediche). Affascinante in questa stagione il giallo intenso delle corolle e le striature rosso carminio che ne attraversano i petali. Singolare davvero questa abbondante fioritura tardiva (la pianta normalmente fiorisce nei mesi di giugno e luglio), scoperta sul bordo della strada che porta a Brugnello, spettacolare borgo a picco sul Trebbia nel comune di Corte Brignatella (PC).

Erythrina laurifolia

erythrina laurifolia
Piccolo albero sudamericano (ma può crescere addirittura fino a 10 metri in condizioni propizie), è fra le specie del suo genere più resistenti alle intemperie e agli estremi della temperatura. Gli americani del Nord lo chiamano ‘albero del corallo’ e i suoi magnifici fiori porporini sono il simbolo della nazione in Argentina e Uruguay.
Queste piante che vengono da così lontano sono abbastanza comuni come ornamentali sui lungomari della riviera ligure. Avevo incontrato una sua parente, E. falcata, ai parchi di Nervi (Genova) nel dicembre 2010, ma la stagione era troppo avanzata per trovarla fiorita.

 

Questa l’ho fotografato sul lungomare di Piani di Celle Ligure (Savona).