Foglie…
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Ippocastano
Questo è un post vagamente “ot” per un blog che si chiama fiori e foglie. Dove sono i fiori, o per lo meno le foglie? L’albero è nudo e benchè le sue forme siano ancora nette e solide, occorre riconoscerlo dalla sue spoglie, detto alla dantesca, le foglie secche dimenticate dal vento sul selciato. L’ho riconosciuto, è un ippocastano, albero di cui ho già parlato numerose volte(1). Albero imponente e tranquillo, la leggenda vuole che i suoi frutti siano graditi ai cavalli e altre leggende ne suggeriscono l’utilizzo negli armadi per tenere lontane le tarme. Di quest’ultima proprietà, ho testimonianze contrastanti. Nell’infanzia ricordo quel soprannome, castagne matte (matto in Liguria significa fasullo, e quindi non commestibile e si dice dei tanti funghi del sottobosco che non hanno nessun utilizzo), tuttavia affascinanti, così levigate e splendenti. Sulle colline della mia infanzia, terra del castagno, quello vero, non c’erano tanti ippocastani e quest’albero mi richiama piuttosto qualche borgo del vicino Piemonte, dove si erge sempre a sentinella di castelli e chiese. Ma avrei potuto incontrarlo anche in un viale di città, come lo celebra Primo Levi.
Qui siamo a Lorsica, città metropolitana di Genova, bassa altitudine, ma dirupi estremi. Quest’albero si trova di fronte alla chiesa, eretta sul ciglio di un tornante. Le chiese di Liguria, diceva il poeta Vincenzo Cardarelli, sono “come navi che stanno per salpare”.
Lorsica è un comune sparso, una manciata di frazioni anche molto lontane fra di loro. L’emigrazione del secolo scorso e la fuga verso la città ha decimato la popolazione, oggi ridotta a meno di 500 residenti. Ma tante sono le testimonianze del lavoro e dell’indomabile volontà della gente, le nobili sete damascate, la resistenza partigiana.
(1) le foglie prima che cadano (10 dicembre 2008 );
germoglio;
fiori;
un parente
Ippocastano
Difficilmente sarei riuscita a riconoscere come ippocastano quest’albero di media taglia, spoglio, ma provvisto di vistosi germogli conici, da cui spuntano le prime foglie già formate. Ora, osservandone l’ingrandimento, mi pare di riconoscere le nervature profonde delle foglie dell’Aesculus, foglie a ventaglio composte di 5-7 foglioline a punta e margine dentellato. Fra qualche settimana le foglie saranno inconfondibili e presto l’albero si mostrerà in tutta la sua prestanza, offrendoci i suoi spettacolari fiori a pannocchia.
Fotografato in località San Matteo della Decima (comune di San Giovanni in Persiceto, Bologna).
Altre immagini dell’ippocastano, albero comunissimo nei viali urbani:
le foglie prima che cadano (10 dicembre 2008)
la fioritura (19 aprile 2009)
un altro Aesculus
Frassino della Nuova Zelanda
Adesso andiamo davvero sul difficile. Non sarei stata in grado di dare un nome a quest’albero così inusuale senza l’aiuto degli esperti del forum di Dave’s garden, un vastissimo sito dove si trovano veramente tutte le piante del mondo. Ma non era poi così difficile, la famiglia è quella delle sapindaceae, a cui appartengono innanzitutto gli ippocastani (19 aprile 2009, ma vedi anche 10 dicembre 2008, 19 maggio e 8 agosto 2010) e, secondo certe classificazioni, persino gli aceri. Ma i frassini (11 aprile 2010, vedi anche 5 maggio e 27 novembre 2008) no, quelli sono oleaceae. Tuttavia ho scelto il nome volgare di frassino della Nuova Zelanda (inglese New Zealand ash) perchè quantomeno lo colloca nella corretta posizione geografica.
Il suo nome vero però è titoki, il nome che gli hanno dato i Maori, che lo hanno conosciuto per primi. Del frassino ha le foglie composte, anche se curiosamente le foglioline non sono opposte, ma quasi alterne. I più straordinari sono i frutti, che impiegano un anno a maturare. Sono ricoperti di una capsula legnosa che si sfalda lasciando trapelare il frutto rosso e il seme nero, commestibili. Queste bacche colorate nel folto della chioma di un grande albero mi hanno sorpreso nel Balboa park di San Diego, non lontano dalla fontana circolare.
Aesculus parviflora
E’ l’unico esponente del genere Aesculus a portamento arbustivo.
Assomiglia in tutto e per tutto al suo fratello più massiccio, l’ippocastano, soltanto è un cespuglio, una siepe di candelabri bianchi.
Anche lui l’ho fotografato nel giardino botanico di Przelewice (Pomerania). La famiglia si chiamava Hippocastanaceae, ma recentemente ha cambiato nome e si chiama Sapindaceae
Fiori di ippocastano
Strano temperamento, l’ippocastano. Portamento altero, foglie generose, fiori spettacolari e dolcissimi, frutti lucidi e decorativi, ma velenosi. E’ un albero mediterraneo, ma in Italia, dove fu introdotto nel 1557 ‘non mostra tendenza a naturalizzarsi’. Rimane specie ornamentale, da giardini e palazzi, da parchi, corti e città. Non da boscaglia. Ma quando la primavera lo adorna di piramidi bianche (viste da vicino i petali sono macchiati di rosso e giallo, i lunghi stami si slanciano oltre i petali arquati e sporgenti), non sembra più lo stesso gigante, ma una ragazzina tutta decorata con trine e merletti.
Qui ero ancora a villa Lante di Bagnaia, gli ippocastani più giovani sbucavano fra lecci e platani secolari, senza passare inosservati. Il mio obbiettivo tele ha fatto una discreta prova. Così la foto si è meritata un posto nel blog anche se l’ippocastano l’avevo già fatto vedere l’anno scorso (vecchio blog 19 aprile 2009, e nei colori autunnali 10 dicembre 2008).