Cycas

Cycas

Cycas revoluta

Una cycas non è una pianta qualsiasi. E’ una delle piante più antiche esistenti sul pianeta,  l’unica esponente della famiglia delle Cycadaceae, appartenente all’ordine delle Cicadali, un fossile vivente, che sarebbe apparsa sulla terra prima dei dinosauri. Sempreverde, a crescita lenta, assomiglia molto a una palma e con questa viene talvolta confusa. Ma con le palme non ha proprio niente a che fare. Le palme sono angiosperme (piante che si riproducono grazie a fiori con ovario), Cycas è una gimnosperma (come conifere e ginkgofite), cioè i suoi fiori non presentano l’ovario e la pianta non produce frutti propriamente detti, ma gli ovuli maturano in semi carnosi, di colore rosso-arancio. E’ una pianta dioica, i fiori sono unisessuali e sbocciano su individui diversi. Gli esemplari femminili non hanno dei veri propri ‘coni’, ma al centro della rosa fogliare cresce un groppo semisferico di foglie ammassate che contiene i semi. Le piante maschio hanno coni che assomigliano un po’ di più alle classiche pigne, ma io non li ho mai visti dal vero perchè quasi tutte le cycas che si incontrano in italia nei giardini sono femmine. Infatti, oltre che attraverso l’impollinazione, la pianta si riproduce anche per polloni.

Qui ne ho scovata una in un cortile nel centro storico di Albenga, dove in questo grigio pomeriggio invernale convivono sempreverdi e spoglianti. Ma avevo gia mostrato una Cycas, fotografata nel parco di Nervi (Genova),  il 30 dicembre 2009, lucida e verde nonostante il freddo (qui sotto la stessa immagine mostrata allora, si può aprire più in grande).

Cycas

Cycas revoluta

Come dicevo allora, Cycas è una pianta ornamentale coltivata per il suo aspetto, che si è propagata anche spontaneamente sulle riviere per il clima particolarmente adatto. Fredda e compassata, con quell’aria inappuntabile, quasi finta, ha foglie bipennatosette, lucide coriacee e puntute, che le conferiscono un portamento elegante, piuttosto sofisticato. Per questo è frequente nei giardini di lusso e gli esemplari di una certa dimensione vengono venduti a prezzi tutt’altro che popolari.

Cycas ha anche una pessima reputazione di pianta assassina perchè ogni sua parte è velenosa e particolarmente tossici sono i semi, grosse noci colorate che possono trarre in inganno gli animali domestici. L’allarme è già scattato da qualche anno da parte dei veterinari, nei confronti dei proprietari di animali, soprattutto cani, ignari di avere in giardino un potenziale killer.  Questo allarmismo però non è molto giustificato perchè la pianta non è veramente appetibile, con le sue foglie pungenti e i semi legnosi. Tuttavia l’informazione è utile perchè l’avvelenamento ha effetti anche letali e qualcuno purtroppo ne ha fatto le spese.

E’ sorprendente scoprire poi che questa velenosissima pianta è usata anche per scopi alimentari. La Cycas è un ‘Sago palm’ o palma da sago,  e dal midollo del tronco si estrae un amido, il sago, che viene impiegato come fecola. Prima di usarlo in cucina però, l’estratto del midollo di cycas viene trattato e lavato accuratamente per liberarlo delle tossine.

Ciclamino nano

cyclamen neapolitanum
Fiore incompreso, il ciclamino. Questa specie dovrebbe essere spontanea nel nostro paese. Ha fiori piccolissimi e una grossa radice a tubero. Non è parente di giglie e narcisi, ma delle primule. Come le primule sorprende con la sua fioritura fuori stagione. Qui spruzzata di neve trasparente, come è la neve spesso dalle nostre parti (nel mio giardino in un giorno di gennaio).

Stapelia

Stapelia
Stapelia
Anche la piccola stapelia che cresce nel vaso della mia verandina sembra si trovi a suo agio. Forse spera di diventare bella come la sua sorella maggiore di villa Hanbury (a destra).

Si tratta di una pianta singolare, ricercata per i fiori che godono tuttavia di pessima reputazione in ragione del loro odore. Incerta sulla sua specie, non la attribuisco. Potrebbe essere S.variegata oppure S.hirsuta, ma nessuna della due attribuzioni mi ha convinto. Dovrò tornare a villa Hanbury per verificare?

Aloe variegata

aloe variegata

 

Il gelo dell’inverno scorso ha ucciso tutte le aloe che crescevano nel mio giardino e che sconsideratamente avevo lasciato alle intemperie di un clima a loro inadatto. Per ultima se n’è andata, fradicia di acqua ghiacciata, anche l’aloe variegata, che sempre mi allietava con i suoi straordinari fiorellini (vedi 30 maggio 2009).

La nuova arrivata, sistemata in un vaso nella verandina, si è adattata velocemente e ha già due piccole figliocce, oltre a uno stelo da fiore che fa ben sperare.

Foto in chiaroscuro in questa stagione che non mi allieta. Mi ispirano le piante grasse, solide e geometriche, ricche di sostanza e modeste nei colori. Dovrei approfittare di questo tempo per approfondire la loro conoscenza.

Cylindropuntia spinosior

cylindropuntia spinosior
Una nuova ospite della mia verandina è un cactus di un genere affine all’opuntia, il notissimo fico d’India (28 agosto 2008). Al fico d’india assomigliano i larghi fiori e soprattutto i carnosi frutti gialli che forse mi sarà difficile vedere sulla mia pianticella. La maggior parte delle opuntie non fiorisce mai in ambiente chiuso, ma vengono coltivate in casa per le loro forme bizzarre ed interessanti e la geometria delle loro spine.

Quest’opuntia cilindrica e ramificata di spine ne ha davvero moltissime, tanto che non gode proprio di ottima fama perché gli incontri ravvicinati non sono raccomandabili. Però il fascino delle cactacee sta anche nelle loro spine che sono spesso più fitte, ma non più pungenti di quelle delle rose. La cylindropuntia spinosior può crescere fino a qualche metro di altezza e assumere un aspetto imponente, che diventa magnifico quando sbocciano i fiori.

Sedum burrito

sedum burrito
Stanno arrivando i momenti più difficili per questo blog. In mancanza di viaggi tropicali o trasferte a vivai climatizzati, fra qualche giorno dovrò arrendermi al silenzio visivo, al grigio medio implacabile dell’inverno. E anche se le camelie e il broccolo ramoso calabrese in giardino perseverano nella loro fioritura (non nascondo un piccolo compiacimento per l’accostamento azzardato), sono le eccezioni e non la regole; il prato è verde marcio e zuppo, gli alberi spogli o scuri. Ma se riuscirò in qualche modo a salvare il salvabile, e mostrare ancora qualche vegetale, magari assopito, oppure qualche altro che si ostina a stare sveglio, ancora una volta dovrò ringraziare le esotiche, soprattutto quelle rustiche, che allietano questa stagione così triste e spenta.
Questo sedum burrito non scompare come il popolare sedum spectabilis , ma mantiene foglie e portamento per tutto l’anno, se il gelo non lo uccide. Lo tengo, insieme ad altre succulente, al riparo nella ‘bussola’, una verandina davanti alla porta di ingresso. Ha foglie cicciottelle, come piccoli palloncini, raccolte a spirale fitta sui lunghi rami. Il portamento è ricadente ed adatto a guarnire panieri appesi. Durante il rinvaso, o semplicemente il trasporto, le foglioline cascano giù a frotte, ma si può sistemarle tutte quante sulla superficie della terra, perchè spesso radicano, dando origine a nuovi germogli e grassi rami penduli.
Non so perchè questa deliziosa pianticella si chiami burrito, parola certamente messicana, come il suo paese d’ origine. Insomma, non credo priprio che c’entri il burrito nel senso della tortilla arrotolata e ripiena; più probabilmente il burro, che in spagnolo significa asino. Infatti leggo su Wikipedia che il sedum morganianum, che al sedum burrito assomiglia parecchio, in inglese è soprannominato ‘burro’s tail’ o ‘donkey tail’, in sostanza coda d’asino. Ma quanta fantasia vedere una coda d’asino in questi rami grondanti di foglioline fitte come semi sulle pannocchie.

Poinsettia

euphorbia pulcherrima
Il rosso è tutta la ricchezza di questa pianta straordinaria, euforbia bellissima, poinsettia o stella di Natale, una pianta ormai troppo comune, quasi banalizzata dal commercio che ne viene fatto.
Le sue origini, la sua crescita, il miracolo delle sue foglie rosse, i trucchi e i segreti per farla sopravvivere e magari colorarsi di nuovo, tutto di lei si è detto e ridetto e nulla sembra ci sia ancora da aggiungere.
I suoi fiori si nascondono come gemme affogate nel rosso porpora, e si schiudono come scrigni. Una manciata di perle.

Questa stella di Natale mi è stata regalata dalle mie colleghe Marina e Simona. Per ora gode ottima salute e cercherò di prendermi cura di lei per quanto possibile. Anche se il mio ufficio non sarà mai, nè lontanamente assomiglierà al suo Messico lontano.

Gli alberi quando si spogliano: tamerice

Tamerice

Tamarix africana

Quest’albero si trova lungo la strada di casa, o meglio lungo via alla Chiesa di San Giorgio di Bavari, che si inerpica oltre il quartiere di Borgoratti, dopo l’ansa delle Nasche sul rio Sturla, su per la collina verso Bavari appunto.
L’ho visto quando era fiorito, ammantato di piccoli fiori bianco rosati raccolti in spighe compatte, perciò so che questo albero frondoso e nudo è una tamerice (Tamarix sp).
Sono belli gli alberi spogli, i rami come ossa, svestiti degli orpelli ingombranti delle foglie, limpidi e netti contro l’aria dell’inverno.
Il portamento arboreo e non arbustivo mi ha fatto supporre che sia T.ramosissima, più correttamente chiamata Tamarix africana; ma Tamarix gallica, la più comune, è molto simile.

Tamarix gallica

Tamarix gallica

Le foglie delle tamerici, alberi di lagune salmastre e foci sabbiose, sono piccole e squamose e formano chiome grigiastre e diafane. E’ maggio, quando le filiformi foglie si ricoprono di un ricamo rosato, fiori che sono solo punteggiature rade, piccole spighe sospese nella trama. Incontrati ad agosto, quasi figli tardivi di madri anziane. Spiccano questi fiori sulla scogliera riarsa dal sale e dal sole, poco lontano dai fiori secchi di cineraria e dalle ombrelle giallo verdi degli indomiti finocchi marini. Spiccano sulla scogliera contaminata, perché in mezzo alle fronde sottili a tratti si intravedono strappi di carta, e plastica e sbaffi di catrame. Mi chiedo se siano proprio le stesse tamerici, cantate come umili da Virgilio (arbusta iuvant humilesque myricae ovvero “sono grati gli arbusti e le umili tamerici”) e riprese da Giovanni Pascoli per titolo di una sua raccolta, appunto, Myricae.”
(ripreso da 4 agosto 2009)