Ecco i fiori dell’evonimo, pianta particolare, unico esponente europeo della singolare famiglia delle Celastraceae.
Chiamato fusaggine o berretta da prete, richiamando il post del 12 agosto 2008, questa pianta ha frutti di forma curiosa e singolare che nella fantasia popolare ricordano i berretti che portavano i prevosti, quelli neri, quadrati, con un pendaglietto al centro. Così la prima volta che si incontra, nei boschetti, sui brevi dirupi sopra i fossati, nella stagione giusta, è facilmente riconoscibile, con quelle infruttescenze rosate, che verrebbe voglia di raccogliere.
Ma il frutto è velenoso, e velenose sono anche le foglie. Però è un alberello prezioso per le virtù del suo legno, che ha usi molteplici, dagli stuzzicadenti all’ebanisteria. Quando si filava la lana a mano, veniva usato per costruire i fusi, e per questa ragione un nome popolare di questa pianta è anche fusaggine. Il fuso era un aggeggio a forma di uovo allungato o bastoncino panciuto che ruotando attorcigliava la fibra trasformandola in filo per tessere. Oggetto ormai perduto all’uso e quasi anche alla memoria, se non ce lo ricordassero le leggende e i detti popolari, ove il fuso ricorre continuamente come simbolo, e le fiabe, come quella della Bella Addormentata nel bosco, in cui la protagonista si punge con la punta acuminata di un fuso per la filatura. E naturalmente i nomi delle piante.
I frutti rossi, benchè tossici, sono molto decorativi e mi parvero di buon augurio il 31 dicembre 2009.
In Europa crescono altri due specie di evonimi, ma non ho mai avuto occasione di incontrarli. L’euonymus latifolius, pianta più rara, dovrebbe distinguersi per i fiori a cinque petali, mentre questo evonimo comune ha fiori a quattro petali. Altre specie (e sono tante) vengono da paesi lontani e sono impiegate come ornamentali nei giardini.