Stevia

stevia rebaudiana
Questa modesta pianticella delle asteracee, qui ancora priva di fiorellini (peraltro abbastanza insignificanti), neppure molto attraente, sta vivendo il suo momento di gloria. In realtà di fama ne aveva già conquistata parecchia da molti anni, come salutare sostitutivo dello zucchero, privo di qualsiasi controindicazione. Usata come dolcificante nella sua zona d’origine, l’America del Sud, è sempre stata ricercatissima, ma bandita dall’Unione europea fino all’anno scorso per scrupoli nei confronti dei suoi componenti attivi, la rebaudiosite A e la stevioside, in dubbio di cancerogenicità. Ora i principi attivi sono stati assolti e la pianta ha fatto il suo ingresso trionfale nel mercato vivaistico. Credo non ci fosse venditore di piante alla fiera annuale Frutti antichi di Paderna (PC) che non proponesse la stevia. E il successo non è mancato di certo dato che è sufficiente assaggiarne una fogliolina per rendersi conto che è davvero molto molto dolce. Per il resto, che non abbia nessun effeto collaterale (diabete, apporto calorico, carie ecc) bisogna crederci, e magari io pure ci credo. Ma non l’ho comprata. Purtroppo è una pianta che non sopporta il freddo e non sopravvive all’esterno nei nostri climi. E a dirla tutta, nonostante le controindicazioni, come dolcificante naturale preferisco il miele di castagno.

Gaillardia

gaillardia aristata
Ecco un’altra stupenda margherita dai colori sgargianti e la fioritura prolungata. Viene dal Nord America e in inglese americano si chiama ‘blanket flower’, ovvero il fiore della coperta, perchè i suoi colori ricordano le tonalità dei disegni delle coperte degli indiani americani. In italiano si può chiamare gaillardia, o gallardia o addirittura gagliarda, nome che in un certo senso rende giustizia alla sua incredibile resistenza e adattamento. Il suo nome in realtà è semplicemente un omaggio a M. Gaillard de Charentonneau, che era un magistrato patrono della botanica. La pianta, molto generosa e molto ornamentale, è perenne, ma si comporta come annuale nei climi più rigidi. Predilige il sole e i terreni aridi, ma prospera anche in ambienti diversi. Scovata, e smascherata, molto lontano dal suo paese di origine, in un’aiuola di Szczecin (Stettino, Polonia), accanto al Miscanthus mostrato qualche giorno fa. Era ormai a fine fioritura, contornata da rotondi capolini appassiti.

Artemisia di campo

Artemisia campestris

Artemisia campestris

Specie di artemisia non molto comune in Italia, ma diffusa nelle zone fredde e temperato-fredde dell’Europa, Asia e Nordamerica. A differenza di quasi tutte le altre artemisie, non sono noti usi officinali di questa pianta

Fotografata sulla sabbia del mar Baltico, Polonia.

Cardo montano

cirsium alsophilum

Cirsium alsophilum

cirsium alsophilum

 

Questo cardo, genere Cirsium, cresce in montagna sopra i 500 metri e vicino all’acqua. Quando l’umidità lo soddisfa, ha foglie molto ampie, suddivise in profondi lobi e lunghe. Forma cespugli di una certa entità vicino ai ruscelli. In contrasto il capolino rosso viola non è molto grande, con le caratteristiche squame da Cirsium ricurve verso l’esterno; la fioritura si protrae fino ad agosto, ma ormai  volge al termine. Un tempo si chiamava Cirsium montanum, ma ora si preferisce la denominazione alsophilum, un aggettivo che dovrebbe significare qualche cosa come ‘amante dei boschi’.  Ama il bosco delle Lame, in val d’Aveto (Genova) e il torrente Rezzoaglio vicino alla cascata della Ravezza.

Cardo nano

cirsium acaule

Cirsium acaule


Un bocciolo rosso viola brillante al centro di spinosissime rosette, inconfondibile perchè non ha fusto, da cui il nome acuale, appunto senza fusto.
La giornata era caldissima, ma ci siamo avventurati lo stesso verso la cima del monte Antola, per il comodo sentiero che parte da Casa del Romano. Il sole era feroce, ma l’ombra fresca. Di vento neanche una bava, persino sulla vetta. La stagione dei fiori è finita da tempo, ma restano comunque un manipolo di irriducibili, succisa pratensis o morso del diavolo (21 ottobre 2009), garofanini e cardi.

Fiordaliso vedovino

centaurea scabiosa
Pianta montana, cresce intorno a i 1000 metri. E’ abbastanza alta e con capolini corposi, racchiusi nell’involucro tipico dei fiordalisi, a bratte scure e frangiate. Le foglie sono caratteristiche perchè largamente dentate e pennatifide. Mi pare che si tratti della sottospecie nominale ovvero, Centaurea scabiosa L. subsp. scabiosa, presente in tutto l’arco alpino e appenninico centro-settentrionale.

Gli usi medicinali delle centauree, il cui nome deriva da una figura mitologica della medicina, il centauro Chirone, sono stati recentemente abbandonati perchè le loro vitù officinali sembrano inferiori a quelle di altre specie. Questa specie che come dice il nome era utilizzata per curare la scabbia, viene ancora indicata per la cura delle emorragie di naso e gola.
Fotografata vicino al lago delle Lame, val d’Aveto (Genova)

Camomilla

matricaria camomilla
Ed ecco la principessa di tutte le piante medicinali, la piccola margherita dal grande cuore. Di origine asiatica, è naturalizzata dappertutto in Italia, e naturalmente ovunque coltivata, come forse in questo campo dove cresceva in mezzo al basilico. Sono deliziosi i suoi capolini gialli, a volte appuntiti come piccoli coni, e con le ligule bianche piegate all’indietro verso il basso, come una minuscola capigliatura spazzolata dal vento.

Nappola marittima

Xanthium orientale

Xanthium orientale

Si chiama anche nappola italiana ed è pianta tipica delle zone sabbiose, di scarni terreni di riporto, dove si accumula materia organica di rifiuto, pianta pioniera per eccellenza, non solo per la sua tolleranza alla salinità, ma anche per la sua rusticità e povertà. Potrebbe essere anche bella, e fiera, se non crescesse nell’immondizia o sui bordi sporchi di strade aquitrinose.
Fotografato con il telefono vicino alla polverosa spiaggia di Recco (GE), sempre in rifacimento.